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Il Cpr di via Corelli a Milano è peggio del carcere

Al Cpr di Via Corelli a Milano, sono in aumento i migranti con patologie psichiche. Lo denuncia l’associazione Naga. C’è bisogno di medici volontari che effettuino visite specialistiche. Il senatore Gregorio De Falco che ha visitato il Cpr hadenunciato: “È peggio di un carcere: in un carcere ci sono delle regole”

l centro di permanenza e rimpatrio ( Cpr) di Via Corelli a Milano, sono in aumento i migranti con patologie psichiche. Lo denuncia l’associazione Naga, alla quale le cooperative che gestiscono il Cpr hanno chiesto un aiuto. C’è bisogno di medici volontari che effettuino visite specialistiche.

«Tale richiesta sarebbe un’ulteriore conferma dell’assenza di un protocollo d’intesa tra Prefettura e strutture pubbliche sanitarie sul territorio, previsto all’art. 3 del Regolamento CIE 2014. Questa assenza risulta a nostro avviso di estrema gravità, considerando soprattutto l’apertura del Cpr a settembre 2020 e il conseguente vuoto di tutela della salute di chi si ritrova rinchiuso all’interno», scrive il Naga sulla sua pagina Facebook.

Tale mancanza di protocollo è stata denunciata anche dal senatore Gregorio De Falco che ha fatto visita al Cpr di Milano il 5 e 6 giugno scorso. Il senatore ha denunciato di aver trovato all’ interno del centro una situazione di abbandono, mala gestione e assenza di tutele nei confronti delle persone, stranieri e migranti, che vi sono ospitate. «È peggio di un carcere: in un carcere ci sono delle regole. (…) Non c’è tutela per le persone. Come facciamo a dirci un paese civile? Noi critichiamo l’Egitto quando reitera i maniera in definita la carcerazione di Patrick Zaki. Bene, noi facciamo la stessa cosa in tutti i Cpr!», così ai microfoni di Radio Popolare ha raccontato il senatore De Falco.

Per capire meglio, è interessante leggere la sua diffida al gestore del Cpr e prefettura. Sabato 5 giugno, intorno alle 13 subito dopo aver fatto accesso nella struttura del CPR di via Corelli a Milano, il senatore si è trovato nella sala di controllo nella quale sono posti gli schermi che mostrano quanto ripreso dalle numerose telecamere distribuite nel Centro stesso.

Su uno degli schermi ha visto il sig. B. che in un cortile stava compiendo atti di autolesionismo praticandosi numerosi tagli su braccia e tronco, mentre un gruppo di agenti in tenuta antisommossa, introdottisi nel corridoio che conduceva al cortile, si dirigevano nella sua direzione, salvo tornare sui propri passi al cenno di altro componente, verosimilmente superiore gerarchico.

Il sig. B veniva quindi condotto nella sala d’ingresso, dove il senatore De Falco lo ha potuto incontrare dinanzi all’accesso dell’infermeria.

«Egli era a torso nudo e sul suo corpo erano visibili lunghi e numerosi tagli sanguinanti che coprivano l’intero addome ed entrambe le braccia. Presentava segni di sutura alle labbra. Parlava in modo confuso e piuttosto incoerente, ripetendo in modo ossessivo ‘ Voglio uscire da qui, se non esco mi ammazzo, mi impicco’», scrive il senatore nella diffida. Sottolinea, inoltre, che gli atti di autolesionismo di quel giorno non erano i primi da quando era trattenuto, avendone egli già messi in atto molti altri, come ebbe ad ammettere.

Non è l’unico caso, ma la gestione di questi casi avverrebbe soltanto tramite la somministrazione di sedativi. Il senatore De Falco, sempre nella lettera di diffida, sottolinea che il signor B gli ha anche elencato i farmaci che ufficialmente servirebbero per dormire ma che, come osservava lo stesso interessato, erano eccessivi. «Egli stesso – si legge nella diffida – denunciava di esserne ormai dipendente. Il sig. B. evidenziava un modo di parlare sconnesso e grosse difficoltà di concentrazione, non riuscendo nemmeno a ricordare la propria data di nascita e continuando a chiedere di essere rilasciato, minacciando insistentemente il suicidio».

Ma ritorniamo alla denuncia dell’associazione Naga. «Nel maggio scorso – si legge nella nota su Facebook -, il direttore del Cpr, Federico Bodo, ha scritto una mail al Garante Nazionale dei diritti delle persone private e delle libertà personali e al Garante Diritti Milano del Comune di Milano in cui denuncia che sono soprattutto le condizioni psicologiche e psichiatriche dei rinchiusi a destare preoccupazione». Il direttore stesso conferma «la mancanza di un protocollo di intesa tra l’Ats Città Metropolitana di Milano e la Prefettura di Milano». Una mancanza che «fa sì che gli ospiti del Cpr possano accedere a visite specialistiche e presa in carico da parte del Sistema Sanitario Nazionale con i tempi previsti per i cittadini italiani, e quindi con lunghe liste di attesa».

Damiano Aliprandi

da il dubbio