Perquisizioni in seguito al suo arresto
Lettera di Vince dal carcere di Rennes
30 agosto 2019
Ciao, questa è una lettera aperta…
Mi chiamo Vincenzo Vecchi, dal 2012 sono ricercato in Italia a causa di una condanna del tribunale di Genova e di Milano, l’una del 2006 e l’altra del 2001, sotto due mandati di arresto europeo.
Mi hanno arrestato i poliziotti della squadra speciale ed è stato il loro capitano che mi ha detto di essere piuttosto soddisfatto di questa operazione tra gli organi di polizia di due paesi europei. Struttura di cui, ha detto il capitano, la collaborazione è evidentemente sempre più rodata. “E’ l’Interpol che finanzia…” mi ha detto lui in tono confidenziale… capitano io non credo che ci sia nulla di nuovo in questo…conosco bene com’è la collaborazione nelle “operazioni di polizia” ed è proprio per questo che non voglio essere consegnato [ndr all’Italia].
“La Francia è meglio dell’Italia?” … giusto per fare un po’ di chiarezza, a me non interessa esprimere una preferenza tra le prigioni di un paese e di un altro, d’altronde ho già espresso il mio punto di vista sulle prigioni (e sui paesi che ne sono lo specchio, come diceva giustamente qualcuno) più o meno democratiche, a grandi linee è questa la ragione per cui ho già fatto della prigione.
Cooperano tra di loro su degli argomenti come la “regolamentazione”, l’accoglienza, la circolazione degli individui sul suolo europeo (argomento che mi tocca in prima persona), sono in grado di partorire degli accordi mostruosi come “Frontex”… danno delle direttive che come risultato fanno aggiungere ogni giorno alle cifre già macabre altri barconi affondati con il loro “carico di poveri”. Se si vuole restare con i piedi per terra, non sono l’esito di questa cooperazione, le operazioni alle frontiere della Libia o della Tunisia dove, manu militari, si respingono quei poveri a casa loro (concentrandoli di passaggio in campi)? Io questa la chiamo guerra.
Ecco dunque perché non voglio essere consegnato, è per questo che non voglio ritrovarmi a essere il risultato di una buona (co)operazione di polizia portata avanti da due stati alleati in tempi di guerra… anche se ho ancora possibilità, dato che ho ancora i piedi asciutti… avrei voluto dire tutto ciò al capitano, avrei voluto dirgli che io sono contro questa guerra… ma era troppo impegnato a farsi selfie su selfie con i colleghi della squadra speciale… e la porta della prigione si è aperta davanti a noi…
(tradotta dal francese)
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Sulle perquisizioni a seguito dell’arresto di Vincenzo
riceviamo e pubblichiamo
COMUNICATO PERQUISIZIONE 9 AGOSTO 2019
L’8 agosto 2019 Vincenzo viene arrestato in un piccolo paese vicino a Rochefort en Terre mentre stava lavorando.
Il 9 agosto la casa dove vivo con mia figlia a Milano viene sottoposta a perquisizione da parte della “Divisione Investigazioni Generali Operazioni Speciali – Sezione antiterrorismo interno” della Questura di Milano. L’operazione parte intorno alle 13.00 quando i poliziotti intercettano la cat-sitter che stava scendendo al pianterreno con l’ascensore. La obbligano a risalire e le chiedono di aprire la porta, avendo lei le chiavi. La signora si rifiuta dicendo che lei ha un accordo con me e che non sa neppure chi siano loro che nel frattempo avevano indossato i cappucci sul volto. Lei ha fatto notare che in Brasile, suo paese di origine, di solito chi si presenta così vestito è un “brigante”. Loro sono così costretti ad aprire autonomamente la mia abitazione.
La perquisizione dura 4/5 ore durante le quali sono state effettuate riprese video delle operazioni e la signora è rimasta in qualità di testimone essendo io “irreperibile” perché in ferie e non avendo nominato un avvocato. Per tutto il pomeriggio la signora viene privata del suo telefono cellulare che viene trattenuto dai poliziotti. Lei non ha mai potuto rispondere al telefono, né avvertire qualcuno della sua condizione di segregata in casa mia.
Verso le 20.00 l’operazione si è conclusa e la signora è stata condotta in questura per firmare il verbale di sequestro delle molteplici cose che mi sono state portate via: telefoni cellulari, schede telefoniche, cd, tablet, volantini, giornali, scritti vari, lettere e anche una bella e delicata stella marina. Preciso che su detto verbale di sequestro è scritto che la perquisizione è stata eseguita “al fine di evitare che cose o tracce pertinenti al reato per cui si procede potessero essere distrutte o alterate…”.
Ma di quale reato si tratti non è dato sapere fino al giorno 31 agosto quando, dopo esser stata contattata telefonicamente dalla Questura di Milano, ho ritirato la notifica a me indirizzata. E lì ho appreso che la perquisizione è stata effettuata senza un mandato perché solo a posteriori, precisamente in data 12 agosto, il Sostituto Procuratore Dott. Enrico Pavone, la convalida con una nota scritta in calce al verbale dove dice che “il sequestro effettuato dalla Digos, concerne schede telefoniche, documenti ed altri beni, che dovranno essere analizzati al fine di verificare i rapporti tra Vincenzo Vecchi e XXX, ora indagata per il reato ex art. 378 c.p.”. Finalmente si parla di un reato!! Si tratta del reato di favoreggiamento.
Comincia a farsi un pò di chiarezza. In questura ho comunque chiesto al mio interlocutore perché non mi avessero ancora consegnato una copia del mandato di perquisizione visto che avevo sempre pensato, ingenuamente, che le perquisizioni fossero fatte a seguito di un mandato. A quel punto l’ispettore mi ha risposto dicendomi che era loro prassi comunicare verbalmente il motivo della perquisizione. E che infatti loro lo avevano comunicato alla signora che curava il gatto. Gli ho risposto che non era assolutamente vero e che questa procedura mi suonava quantomeno stravagante! Detto ciò comunque il mio avvocato qualche giorno dopo si è recata in tribunale per ritirare il mandato e in quell’occasione abbiamo avuto l’ultima conferma dell’inesistenza del mandato in oggetto.
All’oggi abbiamo fatto un’istanza di dissequestro che è stata rigettata senza motivazioni e a breve la impugneremo davanti al Gip.
Alla luce di quanto accaduto si impone una riflessione anche di carattere politico. Io sono la ex convivente di Vincenzo, nonché la madre di sua figlia. Fino a quando lui è stato in Italia noi vivevamo insieme. Questo significa che, nonostante io sia un familiare stretto di Vincenzo, mi si accusa comunque di favoreggiamento, cosa alquanto inedita in Italia dove il favoreggiamento non si applica ai parenti. Questo ci fa comprendere che il clima politico che stiamo vivendo è interessato al fatto che la solidarietà, anche quella della famiglia, sia condannata quando viene rivolta verso chi ha criticato questo stato di cose, il sistema capitalista tanto per intenderci. La repressione e la criminalizzazione delle lotte passa oggi anche attraverso l’attacco alla solidarietà nel tentativo di abbattere i sostegni e le complicità a chi effettivamente dice o fa qualcosa di antisistemico perché forme concrete ritenute dallo Stato molto pericolose.
A ciò si aggiunga la componente fascista e razzista di alcuni solerti questurini che quando la signora è stata condotta in questura per la firma del verbale le hanno ritirato il passaporto senza tenere in alcuna considerazione il fatto che a breve lei si sposerà e di fatto consegnandola nelle mani dell’Ufficio Immigrazione. E nonostante la convocazione del futuro marito, la signora è stata costretta a tornare una volta a settimana per la firma e le è stato comminato un decreto di espulsione. Ora ha deciso di non tornare più in questura in quanto lì è stata minacciata di essere rimpatriata a brevissimo oltre ad avere dovuto subire commenti maleducati, razzisti e sessisti. Anche questa vicenda, di aver infierito così pesantemente su una persona sostanzialmente estranea alle vicende di Vincenzo Vecchi e del g8 di Genova, non può non farci riflettere sulla provocazione in atto che guarda caso riguarda una donna immigrata. Quindi da un lato un tentativo di colpire i solidali in qualsiasi modo, ma dall’altro l’accanimento verso i migranti che ormai è un leit motiv degli ultimi tempi nei paesi occidentali e che viene perpetrato nei campi di detenzione, in mare, e che purtroppo sempre più coinvolge ampi strati della società civile come dimostrano i frequenti episodi di cronaca.
da Rete Evasioni