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Nuova Caledonia: 171 anni bastano

Nonostante il timore di nuove sollevazioni, il 24 settembre i lealisti francesi hanno celebrato la Fête de la citoyenneté. Mentre gli indigeni indipendentisti manifestavano per il “giorno del dolore Kanak” e per il 40° del Flnks

di Gianni Sartori

Anche se non si sono registrati incidenti di rilievo (nonostante le previsioni allarmanti dei “lealisti” filofrancesi su Radio Rythme Bleu), il 171° anniversario dell’inizio della colonizzazione in Nuova Caledonia si è svolto in un clima da “zona di guerra”, sotto alta sorveglianza.

Oltre a un gran numero di “arresti preventivi” (come sottolineava compiaciuto l’alto-commissario Louis Le Franc), era stato rinforzato ulteriormente il copri-fuoco e proibiti raduni e manifestazioni a carattere rivendicativo.

Con un massiccio, smisurato dispiegamento di oltre seimila gendarmi, poliziotti, soldati.

Mentre per i “lealisti” la data rappresenta la Fête de la citoyenneté, un simbolo dell’attaccamento alla madre patria francese, per i kanak è “il giorno del dolore”. Ma anche la data della nascita 40 anni fa del FLNKS (Front de libération nationale kanak et socialiste).

Per cui, nonostante il divieto, hanno sfidato le ordinanze manifestando – se pur in piccoli gruppi – e brandendo le bandiere kanak.

In particolare davanti a Saint-Louis, considerato il “feudo” degli indipendentisti e dove due manifestanti sono stati uccisi una settimana fa (portando a 13 il numero delle vittime dall’inizio dei disordini in maggio).

In linea di massima la polizia non è intervenuta se non per sequestrare – preventivamente – alcuni carri pieni di pietre.

Tutta un’altra musica a l’Anse-Vata, quartiere bianco e benestante nella zona sud di Noumea dove i CRC (Comités de résistance citoyenne , anti-indipendentisti) hanno sfilato con i loro pick-up sventolando tricolori francesi e suonando ossessivamente i clacson (quasi si trattasse del 14 luglio).

È comunque fuor di dubbio che l’annessione di questa terra sia avvenuta a spese degli abitanti autoctoni.

Come ha ricordato lo storico e giurista caledoniano Luc Steinmetz “la Francia ha imposto la sua presa di possesso con un atto unilaterale. Quei capi kanak che all’epoca avevano firmato, senza sapere né leggere né scrivere, un documento non avevano compreso cosa stava succedendo”. In altri termini, erano stati semplicemente ingannati.

Per l’insegnante Ephraïm Chamoinri, originario delle isole Bélep (nel nord dell’arcipelago) “la disoccupazione colpisce in maggioranza i kanak mentre l’abbandono scolare ugualmente riguarda in maggioranza i kanak, così come il carcere. Significa che le cose o sono state fatte male o non sono state fatte. E questo noi lo viviamo come una forma di razzismo”. Inoltre, va detto, i kanak sono stati regolarmente criminalizzati.

Ma quest’anno, se non proprio un’inversione di tendenza, potrebbe aver segnato una data importante nella storia delle lotte degli indigeni (almeno a livello formale o di intenzioni).

In occasione dell’Assemblea del popolo kanak, il Consiglio nazionale dei capi (Inaat ne Kanaky) ha proclamato la sovranità delle autorità tradizionali sui loro territori.

Il Consiglio rappresenta l’autorità tradizionale di otto aree consuetudinarie della Kanaky (la Nuova Caledonia in lingua canaca) e si tiene per tre giorni a La Roche, sull’isola di Maré. Vi partecipano anche capi tradizionali maori, figiani e indigeni di Vanuatu.

Mancavano invece i rappresentanti della Francia, nonostante – pare – fossero stati invitati.

 

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