Il delitto Matteotti suscita numerose reazioni sia nella sinistra socialista e comunista sia nell’apparato dello stato fascista.
È il 10 giugno del 1924, sono da poco passate le quattro del pomeriggio, e Giacomo Matteotti si sta recando a Montecitorio, passando dal Lungo Tevere Romano.
Una macchina con a bordo: Amerigo Dumini, Albino Volpi, Giuseppe Viola, Augusto Malacria e Amleto Poveromo, tutti membri della polizia politica fascista, si avvicina al deputato socialista.
I cinque fascisti, aggrediscono Matteotti e dopo una lunga colluttazione, durante la quale Giacomo cerca di farsi cadere di tasca la tessera di deputato, lo caricano in macchina rapendolo.
Dopo poco tempo trascorso in macchina e dopo essere stato pestato a sangue, Matteotti viene accoltellato sotto l’ascella e al torace da Giuseppe Viola.
Il corpo viene portato sulla via Flaminia e seppellito lontano dal centro della capitale. Verrà ritrovato solo il 16 agosto dello stesso anno.
Dal regime vengono inscenate delle indagini che portano all’arresto e alla condanna ad alciuni anni di carcere per alcuni degli assassini di Matteotti. Questo visne fatto per cercare di discolpare Mussolini e Vittorio Emanuele III come mandanti anche se nelle settimane posteriori all’omicidio se ne assumeranno le responsabilità politiche.
Le motivazioni di questo omicidio politico del regime fascista sono molteplici ed in parte presentano alcuni lati oscuri.
La cronaca storica tradizionale ci racconta come motivazione principale il fatto che Matteotti viene ucciso dopo il suo celebre discorso alla Camera dove denuncia i brogli e le violenze delle elezioni del regime.
Ma se si va ad approfondire la questione ci si accorge che le motivazioni sono più complesse e diversificate.
Matteotti stava per presentare alla Camera un dossier riguardante le tangenti e le mazzette che la Sinclair Oil americana pagava al Duce e al Re per poter trivellare il suolo siciliano e per i suoi interessi sul suolo libico.
Il dossier avrebbe rivelato le collaborazioni economiche americane e multinazionali al regime, ed è un’ulteriore prova di quanto il fascismo del ventennio sia stato espressione degli interessi e dei meccanismi economici e di sfruttamento del capitale.
L’omicidio di Matteotti non è il primo nè l’ultimo compiuto dall’apparato fascista ma rappresenta una pratica politica del fascismo vecchio e nuovo.
Due righe devono essere spese però anche riguardo al personaggio politico di Matteotti, segretario del partito Socialista, che insieme al resto della dirigenza del partito di quegli anni fu complice dell’ascesa al potere del Fascismo mussoliniano. Infatti i socialisti, se non quando era troppo tardi, mai cercarono di ostacolare il fascismo in maniera decisa, ma si limitarono ad una blanda opposizione parlamentare e riformista.
È indicativa di ciò una famosa citazione di Matteotti di quegli anni riguardo al modo di opporsi al regime: ” Il nemico è attualmente uno solo, il fascismo. Complice involontario del fascismo è il comunismo. La violenza e la dittatura predicata dall’uno, diviene il pretesto e la giustificazione della violenza e della dittatura in atto dell’altro.” (da InfoAut)