Le lacrime che dai nostri occhi/ Vedrete sgorgare/ Non crediatele mai/ Segni di disperazione/ Promessa sono solamente/ Promessa di lotta (Promessa di Alekos, febbraio 1972). In una lettera dal carcere nell’ottobre del 1970 descrive così alcune delle torture, fisiche e psichiche (di quelle sessuali non volle mai parlare) a cui fu sottoposto: «frustato con fili di ferro e filo spinato su tutto il corpo; colpi sulle piante dei piedi con tubi; colpi con spranghe di ferro sul petto; bruciature di sigarette sulle mani e sugli organi genitali; introduzione nell’uretra di un ago sottile arroventato con un accendino; occlusione delle vie respiratorie fino all’asfissia; pugni; depilazioni; colpi della testa sul miro e sul pavimento; privazione del sonno; manette in permanenza; privazione di ogni possibilità di difesa con il rifiuto di consegnarmi le pratiche giudiziarie prima del processo».
È proprio nella “tomba”, una cella di due metri per tre, che scrive i suoi poemi migliori, spesso sulle pareti o su pezzi microscopici di coperta, a volte con il suo stesso sangue:
Un fiammifero per penna / sangue gocciolato in terra per inchiostro / l’involto di una garza dimenticata per foglio / Ma cosa scrivo? / Forse ho solo il tempo per il mio indirizzo / Strano, l’inchiostro s’è coagulato / Vi scrivo da un carcere / in Grecia (Il mio indirizzo, giugno 1971).
Milleottocentotrentadue giorni e milleottocentotrentadue notti. Alekos, tra tentativi di evasione, ripetuti scioperi della fame (che gli permettevano di ottenere carta e penna) e il rifiuto della grazia, resterà in carcere fino all’agosto del 1973; uscirà per l’amnistia e verrà in esilio in Italia con la compagna Oriana Fallaci. Ritornerà in Grecia solo l’anno successivo, dopo la caduta del regime dittatoriale. Alekos si candiderà alle elezioni e verrà eletto deputato. Ma non smetterà mai di combattere il potere e denunciare le collusioni tra il vecchio regime e il nuovo governo, in particolare quelle del ministro della Difesa Evangelos Averoff, capo dell’esercito ancora corrotto e con un potere maggiore del Presidente della Repubblica. Alekos era in possesso dei documenti che avrebbero provato i legami di Averoff con la dittatura ma, due giorni prima della presentazione in Parlamento di quelle carte, fu ucciso, il 1 maggio del 1976, in un incidente automobilistico. E mentre le perizie parleranno di un incidente costruito “ad arte”, l’inchiesta ufficiale affermerà che si era trattato soltanto di un errore dello stesso Panagulis, la cui vettura era finita nello scivolo di un’autorimessa.
«Zi! Zi! Zi!» (vive! vive! vive!). Questo il grido con cui un milione e mezzo di persone salutò al suo funerale, il 5 maggio del 1976, l’eroe-poeta della resistenza greca.
Se per vivere, o Libertà/ chiedi come cibo la nostra carne/ e per bere/ vuoi il nostro sangue e le nostre lacrime/ te li daremo /Devi vivere (Devi vivere, dicembre 1971)
da InfoAut