Il Parlamento continua a sfornare leggi e nuovi reati, costruiti appositamente per placare la sete – indotta – di sangue e colpevolezza di parte dell’opinione pubblica.
Ultima mossa, al riguardo, è il via libera dal Senato all’introduzione del cosiddetto reato di omicidio stradale. La pena massima può arrivare addirittura a 18 anni di carcere, oltre un generale inasprimento di carattere penale nei confronti delle violazioni al Codice della strada.
Il governo ha posto la fiducia sul testo. A salvare la maggioranza dalla mancanza di numero legale sono stati ancora una volta i verdiniani, che non hanno votato la fiducia ma hanno garantito la loro presenza in Senato.
Alcuni mesi fa, a giugno, durante un precedente passaggio parlamentare, il senatore Pd Luigi Manconi, presidente della Commissione Diritti Umani e dell’associazione A Buon Diritto, aveva inquadrato la norma come “populismo penale”.
Una contrarietà ripresa oggi, giovedì 3 marzo, anche dal Consiglio nazionale forense. “Non è che aumentando le pene si diminuisce il numero dei morti”. Così il presidente , Andrea Mascherin, che non nasconde le sue riserve sul modo di legiferare che avviene “troppo spesso sulla spinta della emotività”. Peraltro, fa notare il presidente del CNF, per quanto riguarda la punizione dell’omicidio stradale, le norme “c’erano già” e comunque quello che conta è la prevenzione, cioè in questo caso l’educazione stradale”.
Il commento del senatore Luciano Uras, esponente di Sel, che ieri, mercoledì 2 marzo, è rimasta fuori dall’aula. Per Uras la mossa del governo va parte di quella “patologia della fiducia” utilizzata anche per “leggi nelle quali si regolano questioni che attengono la vita dei cittadini, i drammi personali e familiari di tanti italiani”. Ascolta o scarica qui.