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Parigi: polizia armata sfila in corteo non autorizzato

Sono ormai 4 giorni che, di sera, la polizia manifesta illegalmente nelle strade di Parigi.
Mercoledì sera (19 ottobre 2016), l’appuntamento era per le nove e mezza in Place de la République. Qualche gruppo di compagn* ha deciso di andare a esprimere la loro opposizione a questo raduno.
Siamo pochi, troppo pochi (circa una cinquantina) di fronte alla massa di poliziotti che aumenta da 200 a quasi mille persone. Racconto di una strana serata sospesa tra stato d’emergenza e odor di ammutinamento.

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La situazione è molto strana in Place de la République stasera; da una parte stava finendo un raduno di colombiani, dall’altra una festa di ebrei ortodossi accanto allo skatepark, nello stesso punto in cui si tenevano le assemblee generali di  Nuit Debout la primavera scorsa.

Tutte le macchine della polizia che vediamo arrivare non sono qui per controllare, ma per partecipare. I gendarmes mobiles (la celere) cominciano a equipaggiarsi in tenuta antisommossa e provano più volte a accerchiare i contro-manifestanti, arrivati a gruppetti dopo aver saputo del raduno poliziesco al centro della piazza.

E’ uno strano balletto quello che osserviamo stasera in questa piazza: silenzioso, ci fa sprofondare in un torpore profondo. I poliziotti presenti hanno tutta l’aria d’essere perlopiù bacqueux (cioè parte della BAC, la polizia in civile), passamontagna, paracollo, bracciali arancioni e armi ben in vista. Questo presidio mette i brividi addosso: nessuno dei poliziotti è stato mai sanzionato in questi giorni, nonostante sia un raduno non autorizzato di una categoria professionale che non dovrebbe potersi radunare in servizio. Stasera si mescolano quelli che sono in servizio con quelli che non lo sono.

Alla domanda “ma cosa reclamate?” un gruppo di poliziotti mi ha risposto malignamente “le 35 ore, siamo interinali da mcdonald’s e ce ne fanno fare 38” .

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Dopo un po’ riusciamo a darci una svegliata di fronte a questo spettacolo rigurgitante e cominciamo a intonare cori come “Siamo tutti antifascisti!” e il famoso “Tout le monde déteste la police!” (“Tutti quanti odiano la polizia!”). Questo risveglio liberatorio ha provocato una reazione immediata dei gendarmes che dopo aver corso verso di noi, cercano di accerchiarci. I compagni e le compagne si disperdono. Alcuni manifestanti (sbirri) ne approfittano per divertirsi un po’, ci corrono dietro e uno mi ha quasi preso per la spalla.

Di fronte al bar-ristorante La Taverne un tizio che riconosco subito come un poliziotto in civile ci chiede cosa sta succedendo. Mentre realizzo che nel gruppo con cui sono venuto c’è solo un compagno rimasto, un ragazzo risponde che si trattava di una manifestazione di sbirri e nel frattempo era stato chiamato un contro-corteo. Il ragazzo non si rende conto che lo sbirraccio apre il giubbotto e tira fuori la pistola dicendoci di smammare. Reagisco, strattono il compagno di lato mentre quell’altro continua a intimarci di andare via, con la pistola mezza fuori dalla fondina e cominciando a camminare verso il centro della piazza.

Cominciamo a essere nervosi e preoccupati, chiamiamo tutto il gruppo disperso al telefono per sapere se stanno tutti bene.

Pochi minuti più tardi, i gendarmes cominciano a perquisire e identificare un altro gruppo di compagn*, mentre un fuggitivo si fa rincorrere da due auto della polizia a sirene spiegate. Sono riusciti ad acchiapparlo poco più in là, controllarlo in 10 e anche a tirargli qualche calcio negli stinchi; alla fine però il compagno fermato riesce comunque ad andarsene.

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Torniamo verso il Boulevard Voltaire per sostenere chi è rimasto bloccato nella “nassa”. Escono dal cordone di sbirri uno per uno, poi il commissario si gira verso di noi e ci dice “andatevene oppure qui finisce male, i vostri amichetti di qua non escono”.

Purtroppo, malgrado il nostro tentativo di reclamare al commissario l’illegalità di quel gesto, possiamo solo andarcene sconsolati. I compagni e le compagne escono uno per uno dopo un po’.

Ci siamo ritrovati, condividendo tanta tristezza, rabbia e frustrazione.

I poliziotti sono partiti in corteo per raggiungere l’Eliseo, hanno attraversato tranquillamente mezza città e sono stati bloccati solo qualche metro prima dai gendarmes mobiles. Immaginate anche solo per un momento una qualsiasi altro gruppo di persone osare la stessa cosa (anche senza violenze e sabotaggi), a che livello di repressione inaudito si sarebbe scatenato, a quanti arresti avremmo assistito.

Oggi, niente di tutto questo, ed eravamo di fronte a un corteo armato e illegale.

Chi fino a ieri ha picchiato, gasato, represso, ferito in nome della legalità entra nel campo dell’illegalità manifesta, vietando a chiunque di esprimere qualsiasi tipo di dissenso. Lo Stato non reagisce. Si tratta però di un ammutinamento bello e buono, ma quel genere di ammutinamenti che raramente si è concluso in bene.

Alcuni si sono addirittura coperti il viso, dopo aver arrestato compagn* a grappoli per averlo fatto durante i cortei e le azioni. Tengono nascosta la loro matricola. Tutta questa illegalità sembra quasi sfociare in una sorta di clandestinità. Senza parlare (ancora) di colpo di stato, la situazione stasera è davvero brutta e il rischio di un putsch è inquietante solo a pensarci.

Che siano allo stremo perchè strumenti di un potere politico sempre più scellerato è concepibile. Ma che alcuni di loro reclamino di essere ascoltati dai tribunali è inquietante

Ai nostri amici che non ripudiano la repubblica e i suoi valori, pensate ancora che questi poliziotti siano “repubblicani” nel momento in cui chiedono una separazione dei poteri meno rigida, ovvero attaccano una delle basi teoriche più importanti del sistema politico attuale?

A tutti i nostri amici, è evidente che non abbiamo saputo reagire collettivamente. D’altra parte, come rispondere a queste manifestazioni selvagge e armate? Ecco una domanda a cui dovremo confrontarci collettivamente.

Dobbiamo riportare il dibattito verso lo stato d’emergenza, i suoi abusi, la sua inutilità, e verso la polizia, i suoi metodi, le sue armi, la sua impunità.

Perchè sono pochi gli sbirri che capiscono che la violenza e l’odio che ricevono quotidianamente (e contro cui manifestano) sono solo il risultato delle loro azioni, della loro impunità. E’ l’unico corpo professionale a ricevere semplici sanzioni amministrative nel momento in cui si permettono di mutilare, accecare e uccidere la gente.

Se un professore alza le mani su un alunno, sono guai. Ma morire in un commissariato invece sembra non essere un problema. Fino a che non capiranno che questa impunità è l’unica fonte delle loro preoccupazioni, il problema persisterà.

Il compito che abbiamo di fronte a noi in questo momento è pesante, e quello che stiamo vedendo negli ultimi giorni nelle strade di Parigi potrebbe essere solo un esempio di ciò che vivremo nei prossimi anni, rischiando di abituarcene.

La Francia sta diventando un laboratorio sociale di repressione.

Le ragioni per combattere non mancano.

Organizziamoci, questa volta muti proprio non possiamo restare.

Tratto da http://paris-luttes.info/Traduzione di Cosimo