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18 gennaio 1951 La polizia spara e uccide a Comacchio (Ferrara) e Piana degli Albanesi (PA)

Una manifestazione di protesta a Comacchio contro Eisenhower, la Nato e per le precarie condizioni dei braccianti agricoli, viene stroncata dalle forze di polizia con estrema violenza e l’uso di armi da fuoco.

Nella carica, ordinata verso mezzogiorno dai carabinieri, all’incrocio fra corso Garibaldi e via Bonnet, rimane ucciso il bracciante Antonio Fantinuoli di 61 anni, decine i feriti fra i quali gravemente Gaetano Farinelli e il 17enne Eros Bonazza.

A Piana degli Albanesi (PA). I manifestanti che protestano contro la visita del generale Ridgway vengono caricati dai carabinieri con bombe lacrimogene. I dimostranti riescono a spegnerle e continuano la protesta. Il maresciallo dei carabinieri, a questo punto, ordina il fuoco e un milite spara con un colpo di moschetto al bracciante Damiano Lo Greco, padre di 4 figli che, portato in ospedale, muore qualche ora dopo.

La drammaticità di un episodio che evidenzia l’ennesimo atto di violenza inaudita, una macchia indelebile che questa volta coinvolge direttamente i partecipanti ad una manifestazione pacifica contro la guerra, “per la pace” mentre agitavano simbolicamente “le cartoline-precetto inviate in quei giorni dal Distretto militare ad alcuni giovani di leva e le cartoline di avviso ai richiamati”.

L’ostilità delle forze dell’ordine portò ad un inevitabile scontro, lo scenario di quella sera del 1951 fu una lotta tra carabinieri e tutti i cittadini che protestavano. L’ordine era di sottomettere la folla e intimidire i dimostranti, fu così che iniziarono gli spari contro la massa. Il bersaglio è stato accertato nei panni del bracciante Lo Greco, padre di tre figli, colpito da diversi proiettili.

La sera stessa il Paese fu posto in stato di assedio da parte delle forze dell’ordine: 26 furono i manifestanti arrestati – comprese 10 donne – considerati colpevoli degli incidenti avvenuti. Il processo conclusosi il 12 febbraio 1952 vide il concretizzarsi dell’assoluzione di tutti gli imputati, in onore del principio di libera espressione che trovò riscontro una delle prime volte nel territorio siciliano, con l’esplicito riconoscimento del “diritto del popolo ad esprimere la propria opinione”, come riportato quell’anno dall’Unità.

Nessuna autopsia sul cadavere del bracciante, nessun funerale, nessuna esequie, alla famiglia non fu concesso di piangere il caro perduto. Furone le stesse forze dell’ordine che si occuparono della sepoltura.  In tutta Italia si avvicendarono eventi analoghi per violenza e aggressione: a Comacchio, in Emilia, fu freddato un manifestante, il sessantenne Antonio Fantinuoli, mentre due giovani operai furono feriti: Gustavo Farinelli ed Eros Mezzani (Bonazza); ad Adrano, nella Sicilia orientale, dei cecchini uccisero un giovane contadino iscritto alla Cisl, Girolamo Rosano, e ne ferirono altri dieci; anche a San Giuseppe Jato e San Cipirello furono sparati colpi per disperdere i dimostranti.

L’omicidio di Damiano Lo Greco rimase impunito, non si istruì mai il processo per scelta del giudice che ritenne “di non doversi procedere, in ordine all’omicidio in persona di Lo Greco Damiano, perché ignoti sono rimasti gli autori di tale delitto”; ignorando deliberatamente alcuni elementi fondamentali che avrebbero potuto accertare il colpevole.

L’arma del delitto fu infatti individuata dallo studio di alcuni periti come un mitra di tipo Berretta in dotazione ai militari del periodo, mentre ai testimoni oculari che additavano un carabiniere come il colpevole del reato non fu prestata attenzione.

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