Il 19 ottobre giornata nazionale di mobilitazione contro Ddl 1660 e stato di polizia
- ottobre 16, 2024
- in appuntamenti, lotte sociali
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Settimana di mobilitazione dal 14 al 19 ottobre contro il ddl 1660 sulla sicurezza che culmina con la giornata nazionale di manifestazioni del 19 ottobre a Roma, Milano e altre città italiane.
Prevenire, sorvegliare e punire. Questo è il sottotesto del DDL in materia di sicurezza pubblica e di tutela del personale in servizio a firma Crosetto, Nordio e Piantedosi.
Conosciuto come d.d.l. 1660, è da pochi giorni approdato in Senato con il numero 1236 dopo il suo iter alla Camera persino con elementi peggiorativi rispetto al testo iniziale (quale, ad esempio, la richiesta di permesso di soggiorno per poter acquistare una sim card), senza che le opposizioni parlamentari mettessero in atto alcuna resistenza degna di questo nome nelle Commissioni e nelle Aule.
D’altra parte, i precursori delle norme contenute nel d.d.l. portano i nomi di Turco e Napolitano (per la parte inerente gli oggi CPR, allora CPT), Minniti (fautore di decreti sicurezza e degli accordi con la Libia, oggi a capo della fondazione Med-Or di Leonardo), Renzi (con le sue norme contro chi occupa immobili e alloggi vuoti per necessità), arrivando ai vari decreti Salvini e Piantedosi.
La genealogia di queste norme, e la sua continuità con questo DDL, spiega dunque bene perché le opposizioni abbiano scelto di riversare fuori tempo massimo le proprie “rimostranze” in strada (certamente più per necessità elettorali che per convinzione politica), anziché essere presenti e attive dentro le aule parlamentari.
Nel mirino, i firmatari del DDL mettono dunque i blocchi stradali (che divengono nuovamente reato penale), le manifestazioni contro le opere vagamente ritenute “strategiche” (per le quali si istruisce il distopico reato di “terrorismo della parola”), l’uso della cannabis light, oltre a prevedere la detenzione per donne in gravidanza o madri di neonati in caso di reato, cosa oggi non prevista dall’ordinamento giudiziario.
Per non parlare della ipercriminalizzazione delle rivolte contro le condizioni disumane che si esperiscono dentro carceri e CPR, o del passaggio da casa a cella (da due a 7 anni) assicurato a coloro che decidono di usare il proprio corpo per opporsi a uno sfratto o a uno sgombero, in solitudine o in concorso con altre persone.
Un provvedimento fortemente voluto dal ministro Piantedosi e da lui giustificato dalla necessità di rendere più efficace il contrasto verso reati che creano allarme sociale e di tutela rafforzata per le forze dell’ordine, con l’introduzione delle bodycam sulle divise, la libertà di portare armi (anche private) fuori dall’orario di servizio, l’inasprimento delle pene per chi viene accusato di minaccia o lesione nei loro confronti e un anticipo di 10mila euro nel caso dovesse essere necessario difendersi in un procedimento avverso per azioni commesse in servizio.
Un giro di vite che porta il nostro Paese persino più indietro del codice Rocco, e che non rende certo iperbolico parlare di Stato di polizia.
In attesa di vedere i senatori dell’opposizione fare le barricate contro questo inaccettabile dispositivo di legge, si intensificano le forme di insubordinazione e disobbedienza diffusa (e preventiva), come dimostrato dal ripudio del divieto di manifestazione lo scorso 5 ottobre da parte di migliaia di persone a Roma.
E’ già in costruzione una settimana di mobilitazione dal 14 al 19 ottobre, con particolare determinazione a fare in modo che la giornata nazionale di manifestazioni del 19 ottobre a Roma, Milano e altre città italiane siano partecipate, convinte e con obiettivi chiari. A Roma l’appuntamento è alle 15.00 in piazza Esquilino per un corteo.
Le pratiche di lotta come i picchetti fuori dai posti di lavoro e in difesa degli sfratti, le azioni dirette contro le grandi opere che consistono nei presìdi e nelle invasioni di aree di importanza strategica, le occupazioni di edifici pubblici e le forme di solidarietà, punite come la cessione di una sim ad un migrante senza permesso di soggiorno, non possono essere considerate delitti contro l’incolumità pubblica o foriere di incubare strategie terroristiche, come afferma il DDL, ma necessarie forme di lotta che hanno consentito l’avanzamento delle tutele oggi esistenti ma che si vogliono cancellare definitivamente.
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