Tra gli obiettivi della magistratura figuravano anche i nomi di Riccardo Tavani e Giorgio Ferrari, i quali riuscirono però a sfuggire all’operazione rendendosi latitanti.
Durante gli anni precedenti l’emittente, fondata nel maggio del ’77 su iniziativa di un gruppo di militanti di Autonomia Operaia, era già incorsa in altre operazioni repressive che si traducevano in arresti e chiusure preventive che miravano a contenere il diffondersi di una voce da molti ritenuta scomoda e pericolosa in quanto voce di riferimento per il movimento di quegli anni.
L’intervento del 22 Gennaio fu conseguenza dello sviluppo del cosiddetto teorema Calogero (dal nome dell’allora sostituto procuratore che lo formulò), secondo cui l’Autonomia Operaia rappresentava la testa pensante delle Brigate Rosse; le accuse a carico degli arrestati furono infatti di ‘istigazione a disobbedire alle leggi dello Stato’ e di ‘apologia di delitti’, reati commessi, stando agli atti della magistratura, diffondendo radiofonicamente comunicati delle BR e diffamando continuamente lo stato, la magistratura e le forze di polizia.
Il giorno successivo l’operazione venne salutata con favore da molti quotidiani nazionali che, con ingenuo entusiasmo, credevano di ravvisare in essa la fine del movimento del ’77 (L’Unità titolò in prima pagina “Chiusa l’ultima voce dell’Autonomia”).
La chiusura e gli arresti, tuttavia, non rappresentarono la fine dell’esperienza di Radio Onda Rossa; nei giorni successivi all’operazione un ascoltatore scrisse: “..per me ascoltare Onda Rossa era come sentire la mia voce più forte, come un megafono…ecco il megafono del movimento! Adesso che è stata chiusa, il movimento deve essere la voce di Onda Rossa, perché si continui a sentire nelle case e nei posti di lavoro”.
In un comunicato diffuso dai Comitati Autonomi Operai si legge inoltre: “Con la chiusura di Radio Onda Rossa e l’arresto dei compagni Trentin, Miniero, Rotondi e Miliucci, in troppi credono di aver quadrato il cerchio e di essersi tolti dallo stomaco la scomoda preoccupazione dell’Autonomia Operaia. […] L’intera operazione costituisce, per il momento, l’ultimo episodio di un processo iniziato da tempo…; essa chiarisce perfettamente bene che, democraticamente parlando, un regime dominato da una legislazione speciale totalizzante e universalmente repressiva può tranquillamente convivere con la partecipazione sempre più organica di partiti come il Pci e il Psi e dei sindacati alla gestione della dittatura capitalistica. Abbiamo sempre ribadito che ai proletari e a noi la clandestinità non piace e che non offriremo comunque questo regalo ai padroni e al loro stato; oggi, di fronte a questa sbracata operazione, non solo riconfermiamo questa linea di condotta, ma valutiamo che la partita non è affatto conclusa, che anzi, esistono le condizioni per un’ampia mobilitazione di tutti i settori del fronte di classe”.
Ed infatti il sostegno di chi fino a quel momento aveva trovato nell’emittente un mezzo per dar forza alla propria voce si concretizzò in una grande assemblea pubblica cittadina il 25 Maggio, al teatro Centrale di Roma, che determinò la riapertura della radio e la liberazione degli arrestati nel mese di agosto.
Con la scarcerazione dei quattro redattori si palesò dunque l’infondatezza e la natura unicamente repressiva dell’operazione giudiziaria nei confronti di Radio Onda Rossa, così come di quelle che si erano susseguite negli anni precedenti, conclusesi tutte con l’assoluzione degli imputati.
Nonostante i numerosi attacchi subiti e i tentativi di oscuramento del segnale da parte di Radio Vaticana, la voce di Radio Onda Rossa non si è mai spenta e continua ancora oggi a rappresentare “un segnale che disturba”. (da InfoAut)