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Fanno il deserto e lo chiamano decoro

Alcuni spunti di riflessione a partire dalla presentazione del libro “In nome del decoro – dispositivi estetici e politiche securitarie” (Ombre Corte, 2017) organizzata dal Di.S.C. Padova con l’autrice Carmen Pisanello e il prof. Giuseppe Mosconi (Sociologia UniPd).

Oggi l’allarme securitario è un tutt’uno con lo spostare l’accento sul decoro, sul senso dello spazio pubblico e su chi ha il permesso di attraversarlo” ¹.

Il dibattito pubblico, dai giornali alle televisioni, passando per social, blog e radio, è dominato da una grande attenzione per il decoro e per il tema della sicurezza. Abbiamo sentito quindi la necessità di approfondire e decostruire l’ideologia del decoro, analizzando da un lato le politiche securitarie e repressive (implementate in seguito alla conversione in legge del Decreto Minniti avvenuta nel 2017) e dall’altro cercando di trovarne le radici all’interno del panorama economico, sociale e politico contemporaneo.

Proprio la Legge Minniti, in nome del decoro e della fantomatica “lotta al degrado”, ha portato a una radicale trasformazione dello Stato di Diritto in uno Stato di eccezione permanente, portando avanti una guerra chiamata “sicurezza” contro il diverso, incarnato nei poveri, migranti, contestatori, occupanti di case, contro i giovani che vivono le piazze e contro tutte quelle soggettività ritenute indesiderabili e indecorose e per questo stigmatizzate e marginalizzate.

Cronologia delle politiche securitarie

– Operazione Strade Sicure

Una delle prime operazioni prodotte dalla normalizzazione dell’emergenza sicurezza è l’operazione strade sicure: nata nel 2008, consiste nel porre i militari a sorveglianza dei centri urbani affiancando o sostituendo polizia e carabinieri, con la scomparsa della distinzione tra i compiti di polizia e soldati caratteristica delle democrazie europee. L’operazione, che inizialmente impiegava 3mila militari (oggi sono 7mila) doveva durare massimo un anno, ma nel 2014 il “rischio terrorismo” fa aumentare la richiesta di impiego di militari da parte delle amministrazioni locali. Militari che vengono utilizzati per pattugliare i quartieri periferici, nella lotta alla microcriminalità e al degrado, nel contrasto a piccoli spacciatori e venditori ambulanti. Il tutto nel quadro dell’illusione di una maggior sicurezza (siamo ormai abituati a vedere camionette dell’esercito girare per le vie della città) che in realtà nasconde soltanto un maggior controllo sociale.

– Le ordinanze “anti-degrado” dei sindaci e le politiche di tolleranza zero

Sempre nel 2008 in Italia nascono le politiche integrate di sicurezza e le prime ordinanze per limitare la fruizione di spazi pubblici. Contemporaneamente si comincia a parlare di degrado e di come combatterlo. Le politiche di tolleranza zero, varate soprattutto dai sindaci di centro-sinistra, hanno portato alla ribalta il tema del decoro (oggi la Legge Minniti ci parla esplicitamente di decoro come bene comune da difendere) e hanno incrementato i casi di violenza e abusi da parte della polizia. Tali ordinanze anti-degrado e anti-movida si rivolgono principalmente contro i “bivacchi” dei giovani che bevono o fumano in strada, che non hanno altri luoghi di aggregazione se non la piazza della città. Solo per citarne alcune:

  • Nel 2006 il sindaco di centro-sinistra di Roma Walter Veltroni vieta la vendita di bottiglie di vetro nel centro città dalle ore 20 alle 6 del mattino (decisione che negli anni successivi sarà seguita a ruota dai sindaci delle principali città d’Italia) e richiede la denuncia per danneggiamento per chi “imbratta i muri” con le bombolette spray. Veltroni definisce il decoro “l’altra faccia della sicurezza” e chiede al governo di prevedere che chi vende bombolette spray prenda il nome di chi le acquista.
  • Nel 2009 il sindaco di Padova Flavio Zanonato firma l’ordinanza antidroga che colpisce i consumatori di cannabis: prevede infatti una multa di 500 euro per chiunque “venga trovato in possesso o stia consumando droga negli spazi pubblici”. L’ordinanza prevede in alternativa alla multa da 500 euro la possibilità di ovviare alla sanzione amministrativa con un percorso di recupero al Sert.
  • Sempre nel 2009 nella Firenze dell’allora sindaco Matteo Renzi viene promulgata un’ordinanza “anti-mendicanti” che prevede sanzioni amministrative da 80 a 480 euro “nei confronti di chi con comportamenti particolarmente insistenti, molesti e invasivi reca disturbo alle persone aumentando la percezione di insicurezza di cittadini e turisti”. (Dichiarazione dell’assessore alla mobilità e al decoro Massimo Mattei)
  • Nel 2016 il sindaco di Padova della Lega Nord Massimo Bitonci vara un’ordinanza anti-kebab che vieta l’apertura di negozi di kebabbari (definiti “non compatibili con la tutela del nostro patrimonio culturale”). Tra gli altri assurdi divieti promulgati negli anni da Bitonci ricordiamo quello contro le feste di laurea (ossia il divieto di appendere papiri agli alberi e di sporcare il suolo pubblico), il divieto di sedersi per terra, di consumare alcolici fuori dai bar, di trasportare “senza giustificato motivo, mercanzia in grandi sacchi di plastica, borsoni o con altri analoghi contenitori”.
  • Nel 2017 il sindaco di Bologna del PD Virginio Merola vara numerose ordinanze che impongono il coprifuoco ai locali, il divieto di consumare alcol in piazza o per strada, nonché l’ultima ordinanza relativa a Piazza S. Francesco che prevede tra le altre cose il divieto di suonare bonghi e chitarre.

“Le politiche anti-degrado rappresentano una radicalizzazione delle politiche di sicurezza, in cui pulizia e polizia si confondono nella foga purificatrice che spazza via cose, persone e interi quartieri, facendo posto a consumatori addomesticati e merci plastificate” ²

– Il Daspo Urbano e le politiche securitarie del Ministro Minniti
[fonte: Una città da paura – testi dalla mostra su sicurezza urbana e decreto Minniti, aprile 2017, Pisa]

“La legge 48 del 2017 e le sue applicazioni pratiche ad opera di alcuni sindaci dichiarano guerra aperta ai poveri anziché alla povertà.” ³
minnietiLe nuove disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle città contenute nel pacchetto sicurezza di Minniti hanno introdotto in particolare due dispositivi repressivi: il primo, della durata di 48 ore, è l’ordine di allontanamento è consiste nel vietare la circolazione o lo stazionamento in una precisa zona. Tale strumento è adoperato dalle Forze dell’Ordine, che hanno ampia discrezionalità e accresciuti poteri circa il suo utilizzo. Il secondo è il Divieto di Accesso Urbano, meglio conosciuto come Daspo Urbano: precedentemente sperimentato negli stadi, consiste nel divieto di accedere a una determinata zona della città (solitamente stazioni, centri storici o punti di interesse turistico) per un per un periodo di tempo variabile che può andare da 48 ore a 2 anni.
Il DASPO viene utilizzato contro chiunque “ponga in essere condotte che limitano la libera accessibilità e fruizione dei luoghi attraverso la violazione del divieto di stazionamento e l’occupazione degli spazi”, viene disposto direttamente dal sindaco o dal questore.
Possiamo distinguere tre tipi di Daspo:
1) La forma più lieve ha una durata di 48 ore, ma in caso di reiterazione della condotta incriminata può arrivare a 6 mesi.
2) La seconda forma di Daspo colpisce chi sia stato condannato per reati contro il patrimonio o contro la persona. Può essere facilmente utilizzato contro chi fa attività politica, in quanto per ricevere il Daspo basterà essere stati condannati per una scritta sul muro. Va da 6 mesi a 2 anni.
3) La terza forma è rivolta contro chi è sospettato di spacciare sostanze stupefacenti e abbia una condanna precedente per detenzione e traffico. Può comportare una restrizione della libertà simile alla Sorveglianza Speciale. Chi è colpito da questo tipo di Daspo si può vedere imporre l’obbligo di non uscire di casa nelle ore serali e notturne, l’obbligo di firma due volte a settimana, di non accedere a luoghi dove si è sospettati di spacciare.
La violazione del Daspo può comportare multe da 100 euro (primo tipo) fino a 40.000 euro (terzo tipo), oltre alla possibilità di essere colpiti da misure preventive come foglio di via, avviso orale o sorveglianza speciale.

Solo nel 2017 sono stati emanati ben 465 Daspo. Ma quali sono le soggettività coinvolte nella “lotta al degrado”? Chi colpisce questa generale isteria securitaria? Il Daspo è uno strumento al servizio della guerra al povero, non alla povertà, e a tutte quelle soggettività non-conformi che nel momento in cui “intralciano” i flussi economici e turistici delle città vengono non solo escluse, ma negate. Basti pensare all’arredo urbano delle città funzionale alla tutela del decoro, dalle sbarre nelle panchine per non fare sdraiare i senza fissa dimora fino ai dissuasori contro il bivacco.

Abbiamo visto di recente come a Padova, durante un controllo in stazione che ha portato all’identificazione di ben 172 persone, il Daspo sia stato utilizzato nei confronti di una ragazza 24enne romena che chiedeva l’elemosina: secondo quanto scrivono i giornali la ragazza “era stata sanzionata perché inottemperante al decreto Minniti in quanto faceva l’elemosina e creava disturbo”. ⁴

Per completare il quadro della guerra al Diverso, non potevano mancare i dispositivi repressivi per i dissidenti e i manifestanti. In tal senso la Legge Minniti si inserisce perfettamente all’interno delle politiche del Ministero dell’Interno che da sempre mirano a ridurre proteste, manifestazioni e movimenti sociali a meri problemi di ordine pubblico, esautorandoli del portato politico. La Legge Minniti infatti è la sedimentazione giuridica della gestione scellerata dell’ordine pubblico del governo Renzi-Gentiloni: introduce la possibilità dell’arresto in flagranza differita per reati implicanti violenze a persone o cose avvenuti durante manifestazioni pubbliche, se ripresi da telecamere o in fotografie, previa identificazione entro 48 ore dal fatto.

Le politiche per la sicurezza del Ministro Minniti sbloccano infatti i finanziamenti per le telecamere di videosorveglianza e accrescono i poteri dei sindaci-sceriffo, tra cui la facoltà di emanare ordinanze di durata illimitata in situazioni emergenziali. Un’altra novità è la sostituzione dei vecchi Comitati per l’ordine e la sicurezza con i nuovi Comitati Metropolitani, composti da sindaci, prefetti, capi delle forze dell’Ordine e da soggetti privati “sotto il profilo del sostegno strumentale, finanziario e logistico”: solo per citare un esempio, recentemente a Roma i volontari di Retake hanno ripulito molte zone della città considerate degradate anche solo per delle semplici scritte sui muri e manifesti abusivi, il tutto con il sostegno e appoggio esplicito di Airbnb.

“Prima di tutto vennero a prendere gli zingari, e fui contento, perché rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei, e stetti zitto, perché mi stavano antipatici. Poi vennero a prendere gli omosessuali, e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi. Poi vennero a prendere i comunisti, e io non dissi niente, perché non ero comunista. Un giorno vennero a prendere me, e non c’era rimasto nessuno a protestare”.

Valorizza, atomizza et impera

Gli effetti della positivizzazione di questo Stato d’emergenza e degli annessi dispositivi di controllo non si limitano solamente all’ambito repressivo. Il diritto, lungi dall’essere neutrale, è frutto dei rapporti sociali di dominio: “l’esprit des lois c’est la proprietè”, ovvero “lo spirito delle leggi è la proprietà”. Scavando infatti fino alla radice della dicotomia decoro/degrado, risulta evidente come la guerra al Diverso sia totalmente funzionale all’estrazione di profitto economico dal tessuto urbano. Poveri, immigrati, mendicanti, occupanti ecc., colpevoli di “degradare” e quindi abbassare il valore del territorio, devono essere stigmatizzati e allontanati. CLEANER

La polvere, come illustra il graffito “Sweeper” di Bansky scelto come copertina del libro, dev’essere nascosta sotto il tappeto, ovvero nelle periferie. Il problema quindi per chi governa la città, a prescindere dalla cromatura politica, è mettere a valore lo spazio urbano: in questo senso, fenomeni come la gentrificazione e la creazione delle centro-città vetrina vanno a braccetto con l’emarginazione e l’esclusione di larghi strati della popolazione dal diritto alla città, a tutto vantaggio dei palazzinari, degli speculatori e del turismo di massa.
Basti pensare ai writers che con tag e graffiti sono diventati uno dei principali nemici della lotta al degrado, perché colpevoli di “imbrattare” i muri e “deturpare” le città. Siamo arrivati di fatto ai primi casi giudiziari in cui l’esito possibile è la carcerazione degli imputati per il reato di imbrattamento! ⁵

Le crociate in nome del decoro però non rispondono solamente all’esigenza del Capitale di vampirizzare economicamente ogni aspetto della vita e della realtà.

“La nuova dottrina del decoro riproduce una sorta di esibizionismo morale. Un esibizionismo che è pornografico proprio come lo è l’industria del porno descritta dagli studi femministi, ovvero con il preciso intento di essere esibita e vista”. ⁶

Novello oppio dei popoli, la dicotomia decoro/degrado agisce al livello della produzione di ideologia per sopperire alla crisi di consenso che le democrazie rappresentative stanno vivendo. A tal fine è estremamente interessante la ricerca comparata di Loïc Wacquant citata ne In nome del decoro sulle politiche securitarie in Francia e negli USA: le istituzioni ricreano il consenso trough crime, ovvero attraverso la paura della criminalità. Wacquant dimostra come “l’inasprimento delle misure securitarie non risponda a una crescita della criminalità, ma allo sfaldamento della classe media legata al nuovo corso delle politiche neoliberiste in tema di produzione, salario e speculazione finanziaria”. In questo senso è interessante analizzare la situazione italiana attraverso i dati del Viminale diffusi durante la conferenza stampa di Ferragosto 2016⁷: i reati comuni commessi sono stati il 7% in meno di quelli compiuti tra agosto 2014 e luglio 2016. Eppure non cala la percezione della criminalità, in aumento secondo l’annuario Istat 2016.  “[…] una preoccupazione alimentata da una certa retorica populista bipartisan che invoca sicurezza, riportata e amplificata dall’intero sistema dei media nazionali.” ⁸
Niente di nuovo insomma, considerando che secondo Hobbes, uno dei padri della modernità politica, le democrazie rappresentative trovano la loro legittimazione e fondamento nella “sicurezza” (intesa in senso prettamente fisico), insomma, nella politicità della paura.

Attraverso la dicotomia decoro/degrado, questa nuova forma di fondamentalismo occidentale, si mira a distruggere ogni senso di comunità, atomizzando sempre di più gli individui. Tanto la speculazione politica sulle paranoie securitarie, quanto la creazione dello stigma del Diverso non sono altro che benzina sul fuoco della guerra tra poveri.
“Questo pervasivo sentimento di insicurezza, frutto della precarietà economica ed esistenziale conseguente al nuovo assetto finanziario globale […] deve essere dirottato verso minacce e pericoli ben diversi dalle reali motivazioni socioeconomiche”. ⁸

Diffidate quindi da chi dice di parlare In nome del Decoro!
Il vero degrado è la stipulazione degli accordi Italia- Libia, è lo sfruttamento dell’alternanza scuola-lavoro, è l’affossamento della legge sullo Ius Soli, è la violenza di genere, è spendere 64 milioni € al giorno per le spese militari, è dover lavorare come precari tutta la vita.

Di: Bianca Fusco e Groucho Marx (Di.S.C. Padova)


¹ Giuliano Santoro, Prefazione a “In nome del decoro

² Una città da paura – testi dalla mostra su sicurezza urbana e decreto Minniti, aprile 2017, Pisa

³  http://effimera.org/governo-dellhomelessness-dichiarare-guerra-ai-poveri-nome-del-decoro-della-sicurezza-urbana-daniela-leonardi/ 

http://www.padovaoggi.it/cronaca/controlli-interforze-stazione-daspo-urbano-padova-5-dicembre-2017.html

https://www.dinamopress.it/news/arrestateli-un-appello-fermare-la-guerra-writers/

https://www.dinamopress.it/news/un-anno-daspo-urbano/

⁷ www.interno.gov.it/it/sala-stampa/dati-e-statistiche/ferragosto-2016-anno-attivita-viminale

⁸ Carmen Pisanello, “In nome del decoro”, Ombre Corte Editore, 2017.