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24 e 25 settembre 2005: il pestaggio di Paolo Scaroni e l’omicidio di Federico Aldrovandi

24 e 25 settembre 2005 il brutale pestaggio di Paolo Scaroni e, poche ore dopo, l’omicidio di Federico “Aldro” Aldrovandi.

Due storie, quelle avvenute tra Verona e Ferrara, legate non solo dalle violenze poliziesche, ma anche da una lunga serie di omissioni e depistaggi, messi in campo fin da subito da forze dell’ordine e istituzioni.  “Bloccano il binario, non fanno partire il treno” è il motivo con il quale la Questura di Verona giustifica (mentendo) la carica contro gli ultras e i tifosi bresciani, tra cui Paolo, bloccati in stazione di Verona. Con Paolo Scaroni tra la vita e la morte, sempre la Questura parlerà di “scontri con gli ultras veronesi”, in realtà nemmeno presenti in stazione, come loro stessi comunicheranno pubblicamente. Poi, addirittura, la storia strampalta del sasso scagliato dagli amici di Paolo, fatto trapelare ai media mainstream (anche bresciani…) per giustificare quella mattanza.

Poche ore dopo, a Ferrara, i poliziotti della Questura estense racconteranno invece di essere stati aggrediti “a colpi di karate da un giovane invasato”. Quel giovane è Federico Aldrovandi, di 18 anni, poi morto “per un malore”, diranno nelle ore successive alcuni esponenti di polizia e istituzioni.

Bugie, omissioni, violenze, coperture. Che ancora oggi, 18 anni dopo, vanno raccontate, denunciate, smontate.

PAOLO SCARONI – Nessuna condanna, nemmeno formale, è stata comminata ad alcun poliziotto tra quelli che hanno massacrato di botta e spedito in coma Paolo Scaroni, allevatore di tori di Castenedolo, ultras del gruppo Brescia 1911, frequentatore della Festa di Radio Onda d’Urto.

Il 24 settembre del 2005 Paolo, con un altro migliaio di ultras e tifosi bresciani, si trovava alla stazione FS di Verona Porta Nuova, dopo la partita di calcio Hellas Verona – Brescia. Al termine di un pomeriggio di tensioni e provocazioni, iniziate già all’arrivo del torpedone bresciano nella città scaligera, prima della partita, dopo il match la polizia lancia una carica a freddo contro i bresciani, seguita da pestaggi e vere e proprie cacce all’uomo, con decine di feriti oltre a Paolo Scaroni.

Paolo rimane in coma per due mesi e al risveglio ha segni permanenti di quel pestaggio, nel linguaggio e nel semplice camminare. 8 celerini del VII Reparto Mobile di Bologna – Luca Iodice, Antonio Tota, Massimo Coppola, Michele Granieri, Bartolomeo Nemolato, Ivano Pangione, Giuseppe Valente e Leonardo Barbierato -, imputati per lesioni gravissime, vengono assolti dal tribunale di Verona per insufficienza di prove: senza numeri identificativi e con il volto coperto, impossibile identificare nel dettaglio i poliziotti presenti.

Impossibile identificarli anche perchè i filmati che hanno ripreso il pestaggio, magicamente, sono scomparsi: dalle riprese mancano infatti proprio i dieci minuti del massacro. Una storia d’impunità già scritta, che anche il processo d’appello, a Venezia, non ha cambiato.

L’intervista di Radio Onda d’Urto a Diego Piccinelli, portavoce del gruppo ultras Brescia 1911 – ex curva nord, lo stesso a cui, nel 2005, apparteneva Paolo Scaroni. Ascolta o scarica

Dopo il pestaggio, Paolo Scaroni aveva aderito alla campagna di Amnesty International “Codici identificativi subito”, realizzando un video su quanto gli era accaduto (clicca qui) partecipando nel 2022 alla consegna di 150mila firme al riguardo, avvenuta nelle mani dell’allora numero uno della Polizia, il prefetto Lamberto Giannini. Che fine hanno fatto quelle firme e quella campagna?  Radio Onda d’Urto lo ha chiesto a Riccardo Noury, portavoce nazionale di Amnesty International Italia. Ascolta o scarica

ALDRO – Poche ore dopo il pestaggio di Paolo Scaroni nella stazione FS di Verona, a un centinaio di chilometri perdeva la vita il 18enne Federico Aldrovandi. E’ la notte di sabato 25 settembre e Aldro, 18 anni, rientra a casa sua, a Ferrara, dopo una serata trascorsa con alcuni amici.

 Sulla sua strada la volante Alfa 3, con a bordo i poliziotti Enzo Pontani e Luca Pollastri. Dopo poco tempo arriva la volante Alfa 2, con altri due poliziotti, Monica Segatto e Paolo Forlani. Il supposto “scontro” tra Federico e gli agenti si trasforma in un pestaggio, 4 contro 1.

Federico muore così, sull’asfalto, schiacciato dalla forza dei 4 agenti per quella che in termini medici si chiama “asfissia da posizione” una forte compressione al torace. La famiglia sarà avvisata ore dopo.

Pontani al centralinista del 113 dirà testualmente: ”abbiamo avuto una lotta di mezz’ora con questo”. E poi “cioè, l’abbiamo bastonato di brutto”. Federico rimane a terra, privo di vita, sfigurato in volto, col cranio sanguinante e 54 lesioni: tante ne certificherà la perizia medico legale di parte civile.

Il 6 luglio 2009 i 4 poliziotti vennero condannati in primo grado a 3 anni e 6 mesi di reclusione, per “eccesso colposo nell’uso legittimo delle armi”. Il 21 giugno 2012 la Cassazione ha confermato la condanna Paolo Forlani, Monica Segatto, Enzo Pontani e Luca Pollastri, poi in gran parte indultati grazie una legge pensata per quegli appartenenti alle forze di polizia morti o rimasti invalidi…in servizio.

La ricostruzione di quanto accadde, il 25 settembre 2005, a Ferrara con l’omicidio poliziesco di Federico Aldrovani nella puntata di “Storia di Classe”, trasmissione di Radio Onda d’Urto. Ascolta o scarica

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