#25Marzo: Vietata la libertà di movimento e dissenso. Valutazioni e testimonianze
- marzo 27, 2017
- in lotte sociali
- Edit
Dopo il fine settimana delle celebrazioni per i 60 anni dei Trattati di Roma, che nel 1957 sancirono la nascita della Comunità Economica Europea, antenata dell’odierna Ue, quello che rimane è un documento firmato dai 27 leader dei paesi europei nel quale si parla di “modellare la globalizzazione” (e quindi ancora di mercato, circolazione delle merci e muri contro la libertà di movimento delle persone) e un bollettino repressivo contro chi sabato ha raggiunto la Capitale per contestare questa idea di Europa che parla di circa 160 fermi durati diverse ore, decine di fogli di via da Roma per 2 o anche 3 anni e diritto di manifestare praticamente sospeso per i movimenti durante la giornata del 25 marzo.
Vi proponiamo racconti, valutazioni e testimonianze sul sabato romano
La testimonianza di Giuliano compagno di Pisa , fermato insieme ad altri tre amici, trattenuti in Questura tutto il giorno e rilasciati con foglio di via di tre anni Ascolta
La testimonianza di Paolo compagno di Alessandria , fermato con un amico, trattenuto in Questura tutto il giorno e rilasciato con foglio di via di due anni Ascolta
Il commento tecnico di Andrea Oleandri, Associazione Antigone, sui fermi preventivi e i fogli di via dati dalla questura di Roma Ascolta o scarica
Con Italo Di Sabato, Osservatorio sulla Repressione, ragioniamo sul dispositivo repressivo organizzato dal ministero degli interni. Ascolta o scarica
Il confronto tra Fulvio Massarelli di Infoaut Bologna e Paolo Cognini centri sociali delle Marche – Agire nella Crisi Ascolta
Un ulteriore commento per la giornata dello scorso sabato, lo facciamo parlando del corteo della mattina denominato “Europe for all”, per la libertà di movimento, partito alle 11 da piazza Vittorio. Ospite ai nostri microfoni Daniela di Dinamo Press – resistenze meticce. Ascolta o Scarica.
***************************
Intervista a Nicoletta Dosio, del Movimento No Tav della Val Susa, realizzata da Radio Città Aperta.
Abbiamo in collegamento Nicoletta Dosio, attivista del movimento No tav. Ciao Nicoletta, buongiorno prima di tutto.
Ciao, buongiorno a tutti.
Vogliamo parlare della manifestazione di sabato a Roma, in occasione dei Trattati di Roma e, in particolare, di quello che è successo prima e durante la manifestazione alle porte della città, con diversi manifestanti che sono stati fermati prima di arrivare a Roma e ai quali è stato sostanzialmente impedito di unirsi al corteo. Ci racconti un po’ come è andata, che cosa è successo, visto che sei tra coloro che hanno raggiunto i fermati?
Sì, certo. Io sono partita al mattino con il treno, mentre un nutrito gruppo di No Tav, insieme a realtà anche torinesi erano partiti la sera prima, dopo l’assemblea che si era tenuta qui a Bussoleno, l’assemblea No Tav. Fin dalla partenza hanno visto come tutte le volte l’auto della Digos che li ha accompagnati fino a Roma, li ha seguiti. Prima di arrivare a Roma Nord li ha superati e li ha aspettati al casello, dove sono stati fermati insieme ad altri pullman che poi hanno ritrovato al centro di identificazione di Tor Cervara. Sono state perquisite le persone… Prima han chiesto i documenti, sembrava tutto risolto, li hanno messi nuovamente sui pullman e invece di lasciarli andare verso il raduno per la manifestazione pomeridiana – quella indetta da Eurostop e dalle realtà del No sociale – si sono visti deviare fuori in questa zona degradatissima, tra l’altro fuori Roma, in questo enorme edificio che è un Cie, centro di identificazione – lo saprete bene voi che lì ci abitate – per tutta quanta l’Italia centrale e meridionale. Quello che ho notato fin da subito era l’arroganza di chi li faceva scendere e li perquisiva. Tra l’altro è pure comparsa una foto – perché noi eravamo in contatto e quindi anche mi mandavano comunicazioni, mi raccontavano… – di uno di questi agenti che si è tirato su la manica e aveva un bel tatuaggio. Un tatuaggio costituito da un pugnale intorno al quale c’era scritto: “si vis pacem, para bellum”, se vuoi la pace prepara la guerra. Questo è il tipo di personale a cui è affidato l’ordine pubblico in questa nostra situazione; che è non solo di vera emergenza democratica, ma ormai direi di fascismo neanche più nascosto, sempre più evidente. Sono stati portati in questo centro in condizioni diverse, perché ad un anziano No Tav è stato trovato un coltellino, un Opinel, a cui tra l’altro aveva attaccato un fischietto all’Opinel. E sono gli strumenti che di solito ci si porta sul pullman perché le manifestazioni, i viaggi in pullman, sono anche un momento di socialità. Ci si porta da mangiare, si sta insieme, si condivide, come facciamo in valle, nella nostra vita, nei luoghi del presidio e via dicendo. Quindi questo coltellino, insieme a forchetta e cucchiaio, aveva questo significato, cioè quello di posata quotidiana per mangiare, per stare insieme. E questa è diventata un’arma particolarmente pericolosa, difatti lui l’han preso immediatamente da parte e l’han chiuso con un altro ragazzino, a cui era stato trovata non una “maschera antigas” sopraffina, ma una di quelle cose che ci si mette sulla bocca e che abbiamo un po’ tutti in tasca, o comunque nelle nostre borse, perché in Clarea spesso e volentieri ci accolgono con i lacrimogeni. Lui tra l’altro, probabilmente, l’aveva persino dimenticata… E quindi questo è stato il motivo per cui anche questo ragazzo minorenne è stato isolato, in camere dove non è stato passato neanche cibo, in vera e propria situazione di detenzione preventiva. E gli altri erano raggruppati insieme, portati anche loro in questo Cie; han preso i documenti e glieli hanno tenuti per tutto il giorno, fino alla fine della manifestazione, praticamente. Ah, oltre a questi nostri due compagni c’erano anche altri 4 ragazzi pisani, che sono stati anch’essi tenuti chiusi, detenuti pure loro in questo Cie, perché gli han trovato nello zaino una felpa, che di solito ci si porta o come cambio o comunque per mettersi addosso perché le giornate non sono proprio di grande caldo. Quindi per una felpa una persona può essere presa, può essere detenuta per 10 ore e può ricevere un foglio di via di tre anni. Lo stesso può succedere ad un anziano per un coltellino con cui tagliava il formaggio. Questa è la situazione democratica del nostro paese…
Più in generale dell’Europa, probabilmente…
Sicuramente il discorso tocca l’Europa, fa parte di quella politica europea, di quella fortezza Europa che innalza confini infiniti contro coloro che fuggono dalla guerra e dalla fame, dove la libertà di pensiero e di parola e di circolazione sono sempre più limitati, garantiti soltanto ai capitali, alle merci, alle banche e negate a tutto il resto. Dove non solo ci sono varie velocità, ma diciamo che ci sono i popoli di troppo, cioè quelli che dovrebbero essere cancellati perché non ci stanno a questa politica oppressiva e sempre più lontana a quelli che sono i bisogni reali delle persone.
Io ho cercato un po’ di ricostruire, ma chiedo a te, perché appunto nessuno meglio di te può spiegarci. Mi sembra che ad un certo punto si è anche cercato di affibbiare ai fermati a Tor Cervara il ritrovamento di bastoni avvenuto però in città. Cioè persone che non sono nemmeno riuscite ad arrivare accusate di un ritrovamento avvenuto in città… Che diventa proprio complicato dal punto di vista logico…
Sicuramente… Ma questo non ci meraviglia. Noi in Valle abbiamo continuamente di queste falsità e di queste menzogne, che vengono messe in piedi per creare il mostro, per allontanare le persone dalla lotta e per poter giustificare questo clima di polizia sempre più insopportabile. Questi sono attentati veri e propri alle manifestazioni, attentati di coloro che si presentano come i tutori della legge, e di quello Stato che dovrebbe essere fedele alla Repubblica fondata sul lavoro, in cui la sovranità appartiene al popolo… E che invece è sempre più, evidentemente, fedele ai capitali, ai pochi grandi che vorrebbero schiacciare il mondo sotto il tallone di ferro della guerra e dello sfruttamento universale. Non è una novità che questo succeda. La Valle di Susa, come molti territori, sono diventati laboratorio di questa sistematica azione poliziesca, intimidatoria, non solo antidemocratica ma, come dicevo prima, apertamente fascista. Un’altra cosa però vorrei mettere in luce, perché mi sembra anche questa particolarmente significativa. Noi abbiamo un motto, per il quale “si parte e si torna insieme”, per cui ho sentito assolutamente la necessità di andare a vedere che cosa succedeva e ho portato con me l’unica deputata che era presente al corteo, Eleonora Forenza, con Guido Lutrario, che si è messo a disposizione anche lui per poter portare non solo solidarietà – perché non è solidarietà astratta, è presenza di aiuto concreto e dimostrare che il No a questa Europa è anche il No alla fortezza Europa, ai Cie e a tutto quello che mette in discussione una democrazia. Non solo come potere autentico e popolare, ma addirittura quella che era la democrazia borghese, perché neanche più questo viene rispettata; anche se “i grandi” firmano citando Altiero Spinelli & Company. Che cosa abbiamo scoperto? Che la deputata non poteva entrare. Un deputato, un parlamentare, un consigliere comunale all’interno del comune può entrare a fare ispezioni nelle carceri dopo mezzora che chiede di poterlo fare, nel senso che si presenta per poter entrare. E questo è fondamentale per garantire che le cose vengano fuori, che le ingiustizie e i soprusi vengano fuori chiaramente e possono essere controllabili. Eleonora Forenza ha chiesto immediatamente di poter entrare anche con un avvocato, perché c’era un avvocato che è venuta con noi, anche lei per garantire immediatamente la tutela. Questo le è stato negato. Non solo le è stato negato, non le sono state date nemmeno le ragioni per cui non poteva entrare; non sono state date notizie né dei compagni che erano in stato di fermo, né degli altri che dovevano essere identificati. Non solo. E’ stata invitata a parole ad andarsene, ma nel momento in cui lei si è fatta avanti per entrare, è pure stata spintonata all’indietro. Siamo stati lì davanti con altri che intanto sopraggiungevano, con i compagni dentro, perché anche quelli che non erano stati ufficialmente fermati erano comunque fittiziamente in stato di libertà. Loro non han voluto andar via intanto perché non venivano restituiti loro i documenti, e poi perché non avrebbero mai lasciato da soli i 4 ragazzi più i 2 nostri compagni che erano fermati e non avrebbero potuto venire via. Hanno improvvisato, sapendo che noi eravamo arrivati, un piccolo corteo. Sono arrivati verso – anche lì non facilmente, perché erano controllati da centinaia di forze dell’ordine all’interno – sono venuti comunque verso le cancellate. Noi avevamo anche avvertito alcuni mezzi di informazione, per cui c’erano alcune televisioni che han potuto riprendere, e quindi di questa pessima giornata per quanto riguarda la garanzia democratica nel nostro paese in questa Europa, qualche immagine ha potuto anche uscire, le notizie sono potute uscire. Per poter entrare e andare a recuperare, a dare non solo solidarietà ma a recuperare letteralmente sia i fermati, sia gli altri compagni, la deputata ha dovuto telefonare al Ministero dell’Interno. Il Ministero dell’Interno sembra cadere dalle nuvole, fittiziamente, chiede il nome dei responsabili, il piantone non vuol fornire il nome dei responsabili del centro, quelli con cui noi avevamo parlato. E quindi altro tempo è passato. Finalmente, quando ormai volgeva al termine la manifestazione, quindi non c’era più possibilità che anche noi potessimo manifestare liberamente, è arrivata la possibilità di entrare. Ormai si erano fatte le nove di sera, e così è passata questa giornata per coloro che volevano andare a dire No a questa Europa delle banche, dei capitali e della guerra e delle barriere, sempre più inavvicinabili, per coloro che vogliono esercitare liberamente il diritto ad una vita minima.
Incredibile. Il tuo racconto è veramente incredibile. Nicoletta, oltre che a raccontarci di una gestione che, probabilmente, è illegale, non esiste un’altra definizione. Però veramente da non crederci. Ti ringrazio molto…
Voglio ancora dire una cosa. Che tutto questo ha un senso nella loro logica. E cioè dovevano giustificare una città letteralmente vuota, degli alberghi nei quali erano state annullate le prenotazioni per il sabato e la domenica da parte dei turisti, perché l’ho visto io con i miei occhi – nell’albergo dove sono andata – dovevano giustificare quel clima di intimidazione totale e dovevano garantire ai grandi sporchi dell’Europa i diritto di poter offendere ulteriormente non soltanto il diritto minimo alla vita, ma la minima decenza della vita. E poi non meravigliamoci, perché è soltanto l’aspetto di una situazione che ormai è ampiamente degenerata. Andiamo a vedere quante custodie di garanzia sono date ormai nel nostro paese, quante misure di detenzioni preventive ci sono, pensiamo al Daspo urbano, che può essere applicato a qualsiasi povero seduto su una panchina se diventa indesiderabile. E questa è il termometro della situazione nel nostro paese, che ci dice due cose: per un verso che è ora che ci svegliamo, e per l’altro verso la paura, loro, che noi ci svegliamo. E quindi è arrivato il momento.
E’ arrivato il momento, decisamente. Grazie, veramente prezioso è stato il tuo contributo Nicoletta. Ti ringrazio.
Grazie a voi. Un saluto a tutti, grazie.
**********************
Quel 25 marzo cileno
“Il potere ha molti vantaggi e, tra questi, quello di fare e parlare a proprio piacimento” (Sofocle, Antigone).
Quanto accaduto il 25 marzo, con l’ammassamento coatto di circa centoventi manifestanti cui è stato sottratto in modo illegittimo il diritto democratico, costituzionalmente garantito, a manifestare le proprie idee, non rappresenta certo una situazione di eccezione o lo smarrimento temporaneo delle procedure democratiche del Minniti di turno, ma lo stato di salute effettivo delle democrazie attuali, nelle quali l’applicazione del modello securitario ha determinato un vuoto di diritto e la sottrazione di trasparenza delle procedure.
Le scene dei tanti pullman fermati all’ingresso di Roma, delle volanti della polizia messe di traverso sull’asfalto, della tattica adottata dalla celere durante il corteo festoso e pacifico per farlo precipitare nella consueta orgia di manganellate, non costituiscono l’eccezione ma la norma, non il dispositivo momentaneo né la parentesi in una condizione normale di democrazia, ma un paradigma ormai consolidato e fondato su istanze repressive.
L’internamento, sia pure temporaneo, dei manifestanti rei di avere una “diversa ideologia”, d’impulso ha fatto riaffiorare alla memoria i tristi giorni cileni del ’73.
L’immagine dei manifestanti dietro le sbarre, ammassati e privi di garanzie giuridiche, l’identificazione coatta, la mortificazione della personalità politica e civile, sono sintomi evidenti di una democrazia deviata in cui la sospensione del diritto viene burocratizzata e diventa ordinarietà.
D’altronde il nostro paese, a partire dal secondo dopoguerra, ha sempre mantenuto la natura del Giano bifronte, normativa da un lato e discrezionale dall’altro. Quel “doppiostatismo”(Fraenkel) che ha ostacolato la piena affermazione della democrazia e ne ha minacciato pesantemente i fondamenti con la stagione delle stragi, oggi le permette, a tutti gli effetti, di comportarsi, attraverso la normalizzazione della “sospensione del diritto” (Agamben), come una dittatura.
E così, se il 4 dicembre, con la vittoria del NO siamo riusciti a salvare il nostro paese dal rischio di scardinamento per via istituzionale della Costituzione, le élite dominanti, quelle che a Roma il 25 marzo hanno ipocritamente celebrato i valori dell’uguaglianza e della solidarietà, trovano, con inaudito camaleontismo, altre mille strade per blindare violentemente, de facto, la democrazia.
Una cosa è certa, siamo ora chiamati, dopo la vittoria referendaria, a riprenderci la nostra legittima sovranità contro le oligarchie UE, sostenute dalle lobby industriali e finanziarie. Da decenni le stesse conducono una lotta di classe dall’alto e pretendono oggi, a fronte di una sempre maggiore crisi di consenso, di negare anche i diritti civili e politici più elementari.
[…] La testimonianza di Nicoletta Dosio: […]