Il 28 dicembre 1980, alle ore 15,20 inizia la rivolta nel carcere speciale di Trani
«12 dicembre 1980, è sera, ora di cena. Si cena presto in carcere, televisioni accese a tutto volume, a quell’ora quasi tutte sintonizzate sul telegiornale del terzo canale, quello delle 19.00. Improvvisamente un vociare sempre più intenso, un boato. Ci affacciamo al cancello e contemporaneamente accendiamo la tv che quella sera, stranamente, tenevamo ancora spenta. Da qualche cella urlano un nome, qualcuno ne declina le funzioni e il ruolo. È un alto funzionario del Ministero della Giustizia con incarichi particolari sulle carceri speciali.
È stato sequestrato dall’organizzazione. In cella ci abbracciamo. Sembra brutto dirlo trent’anni dopo. Perché mentire? Allora succedeva così. Anche dall’altra parte, quando qualcuno di noi veniva arrestato in altri ambienti si brindava, l’urto frontale produce questi comportamenti.
La notizia piove su tutti noi rinfrescandoci, dopo quelle faticose discussioni che avevano arroventato gli animi. Adesso la discussione doveva prendere un altro indirizzo. Ora c’era poco da tergiversare, bisognava confrontarci con la proposta che veniva dall’organizzazione.
Confrontare, significava raccogliere l’invito all’azione, mettere in piedi una lotta, una rivolta o un’evasione. L’incubo era finito. Le discussioni erano giunte a una prima conclusione. Ora si fa sul serio, adesso entriamo in pieno nella parte dei prigionieri ribelli e vediamo se siamo in grado di recitarla bene. C’è ancora molto da lavorare e poi la maggior parte dei compagni, e anche tutti gli altri, vorrebbero lavorare per un’evasione. È comprensibile. Ma i tempi sarebbero lunghi e fuori non c’è la forza necessaria per un’evasione di massa. Bisogna convincere tutti che fare una rivolta è l’unica cosa possibile e importante, ed è da fare al più presto, per collegarci al sequestro, che non può durare un’eternità. I primi a essere d’accordo sono i compagni che vengono dall’esperienza dei Nap.
Per convincere i compagni arrestati di recente sosteniamo: «Dopo tante critiche da parte dei compagni del nucleo storico, adesso facciamo vedere quello che sappiamo fare». Diversa la sollecitazione per i compagni con un lungo percorso carcerario alle spalle: «Proviamo a rilanciare quella stagione di rivolte che ha scardinato il sistema carcerario per tutti gli anni Settanta ma che adesso rischia di addormentarsi, agganciamoci alla rivolta di Nuoro di quattro mesi fa e quella dell’Asinara dell’ottobre dello scorso anno».
Proprio la chiusura dell’Asinara tocca una corda sensibile. La solidarietà in carcere non si discute, senza solidarietà in carcere non si vive. L’Asinara, il carcere-lager, la sezione speciale ricavata nella diramazione Fornelli è lo spauracchio di ogni detenuto.
Anche i più duri storcono la bocca quando si minaccia di mandarli all’Asinara. Chiuderla è importante, significa non abbandonare chi vi è finito e versa in una difficile situazione. Lottare contro le carceri speciali e la differenziazione è l’argomento ricorrente nelle discussioni quotidiane.
In più c’è il caso drammatico del compagno Gianfranco Faina che, colpito da una malattia incurabile, è in fin di vita. Il Ministero non vuole farlo uscire.
Molta decisione ma anche dubbi. Con il clima teso che c’è nel paese può succedere qualunque cosa. Fuori, lo Stato e i governanti sono decisi a una linea durissima, la «linea della fermezza». La cosiddetta opinione pubblica è stata convinta da campagne di stampa ben orchestrate, siamo descritti come mostri e i mostri possono essere schiacciati. Nessuno farebbe una piega se qualcuno di noi in una rivolta ci lasciasse la pelle. Il punto non è di non avere dubbi, ma di saperci convivere serenamente. ….»
Diario politico della battaglia del carcere speciale di Trani
Dal Diario politico-militare della battaglia di Trani, scritto e divulgato dal Comitato di Lotta
… Dal luglio ‘77 fino alla battaglia, nel circuito speciale il kampo di Trani ha rappresentato “l’altra faccia dell’Asinara”. Qui, a differenza dell’Asinara, era attraversol’applicazione di norme riformiste che si tentava di pacificare e annientare politicamente i proletari prigionieri (P.P.).Quando parliamo di riformismo come forma e funzione dell’annientamento, intendiamo riferirci al modo in cui gli spazi e la conduzione “democratica” del kampo da parte della Direzione, erano intesi solo ed esclusivamente al raggiungimento di un unico obiettivo: la differenziazione e la divisione dei P. P. … Trani è sempre stato il kampo in cui si è mantenuta una rigida divisione tra “comuni” e “politici” confinati in piani diversi della sezione speciale. Il kampo a gestione scientifica, dove ogni minimo spazio di socialità interna veniva utilizzato per studiare in modo capillare le varie componenti …
Attraverso assemblee, riunioni, discussioni continue, mobilitazioni ed azioni di propaganda che hanno coinvolto ogni prigioniero e a cui ogni prigioniero ha dato il proprio contributo, si è giunti all’elaborazione del Comunicato n.1 attorno a cui si è costruito il CdL. … La raggiunta unità e la conseguente costruzione del CdL è derivata, in primo luogo, dall’aver messo al centro della nostra iniziativa i contenuti politici che si erano espressi nella campagna (del Fronte Carceri delle BR con il sequestro D’Urso): LIBERAZIONE E GUERRA ALLA DIFFERENZIAZIONE. Tutta la nostra iniziativa è sorta attorno ad un programma politico di liberazione collettiva, programma costruito collettivamente, di cui la nostra battaglia è stato un esempio significativo, dimostrando contemporaneamente il livello politico-militare che oggi occorre affrontare e sostenere per praticare un progetto di liberazione. ..
Diario della battaglia:
– 28 dicembre 1980 – ore 8- Dopo la conta del mattino, fuori da ogni consuetudine e dopo la perquisizione generale del giorno precedente, veniamo sottoposti ad una nuova perquisizione indirizzata specificamente alla ricerca di materiale esplosivo, Nonostante il minuzioso e capillare controllo degli Agenti di Custodia (A.d.G.) i depositi logistici del CdL reggono ancora una volta, permettendoci di mantenere intatto l’armamentario che ci sarà poi indispensabile per la realizzazione della battaglia.
– ore 15,20 – I nuclei armati del CdL del kampo di Trani prendono possesso del secondo piano, catturando 13 sbirri, di cui uno, nella colluttazione, rimane ferito in modo leggero. Quindi scendono al primo piano e, mentre alcuni compagni aprono le celle e predispongono il barricamento viene occupato anche questo piano catturando altri 5 agenti. In totale le guardie fatte prigioniere sono 18.
– ore 15,35 – Mentre i due piani sono interamente occupati e barricati, ha luogo il primo attacco da parte degli sbirri, all’altezza della rotonda del piano terra. L’attacco viene respinto con il lancio di una molotov e di una leggera carica libera di esplosivo plastico in modo da evitare feriti gravi. le barricate vengono rafforzate e si organizzano i turni di guardia e i vari servizi.
– ore 16,00 – Primo contatto telefonico con la Direzione, alla quale vengono comunicati gli obiettivi politici della nostra azione, sollecitandola ad astenersi dal prendere iniziative. Si fa una seconda telefonata chiedendo alla Direzione di mantenere la luce e l’acqua, che nel frattempo sono state tolte ed informandola che entro breve tempo sarebbe stato consegnato un comunicato del CdL sull’operazione in corso. Una volta verificate le condizioni delle guardie catturate (tutti sani, tranne uno ferito in modo leggero) si decide di liberare il ferito per evitare ogni possibile complicazione clinica. Vengono comunicate alla Direzione le modalità per il rilascio del ferito, modalità tutte a vantaggio della Direzione. Ma la risposta è negativa.
La Direzione accampa pretesti, attribuendo al CdL l’intenzione di voler occupare anche il piano terra: inutilmente i compagni chiariscono che non è loro intenzione occupare questo piano e che in caso volessero farlo, potrebbero far saltare il cancello con l’esplosivo. In realtà, la Direzione non vuole avere il ferito, tanto da smentire pubblicamente persino la sua esistenza. Il perchè di questo comportamento le si capirà in seguito: il Governo, attraverso il Ministero di Grazia e Giustizia (MGG) aveva già deciso di intervenire mettendo nel conto anche una strage e pertanto non poteva permettere il rilascio di alcun ostaggio.
– ore 17,00 – Viene consegnato il Comunicato n.1 – Arriva l’Avv. Todisco al quale si fa presente la situazione e in particolare lo si mette al corrente del rifiuto della Direzione di riprendersi il ferito. Si ottiene il riallaccio della luce e dell’acqua.
– ore 17,30 – Alcune guardie catturate chiedono di poter telefonare allle rispettive famiglie. Il CdL concede di telefonare ma il Direttore, che controlla il centralino, blocca le telefonate in uscita. Il rifiuto della Direzione e del Ministero di consentire alla richiesta delle guardie, insieme al rifiuto di recuperare il loro collega ferito, innesca una insanabile contraddizione tra le guardie imprigionate ed il Ministero, che si acutizzerà fino alla rottura.
– ore 18,00 – Vengono recuperate in una cella-sgabuzzino una mola ed una saldatrice, con cui si provvede alla fabbricazione di nuove armi ed al rafforzamento delle barricate attraverso la saldatura dei cancelli. Nel corso dell’occupazione del kampo riprende il dibattito sviluppatosi nei giorni precedenti sui contenuti della lotta e sintetizzati nel Comunicato n.1 del CdL. – Tutti sono consapevoli della necessità di porre fin da subito, al centro dello scontro, la parola d’ordine : GUERRA ALLA STRATEGIA DIFFERENZIATA e di vedere questa battaglia come un momento di questa guerra.
29 dicembre 1980La mattina viene consegnato il comunicato n.2, in cui si chiede la presenza di giornalisti , avvocati, magistrati e parlamentari, per una conferenza stampa. La Direzione si dichiara disponibile ed accoglie le disposizioni formulate nel comunicato.
– ore 10,00 – L’appuntato delle guardie ferito viene portato oltre le barricate fino alla rotonda, dove un solo cancello lo divide dai suoi colleghi, ma la Direzione non li autorizza a prelevarlo. L’appuntato, ormai libero, rimane così tra le barricate e il cancello della rotonda, senza che nessuno lo voglia.
– ore 14,00 – Il direttore Brunetti, il sostituto procuratore De Marinis e gli onorevoli Cioce e Scamarcio della Commissione Giustizia del Senato, vengono per parlamentare con noi. Gli si fa presente la situazione dell’appuntato (ferito) Telesca, gli si ribadiscono i termini politici dell’operazione in corso e le condizioni per il rilascio delle guardie. Questi danno ampia assicurazione sul fatto che non ci sarà una soluzione di forza, ma si arriverà ad un epilogo basato sulle trattative. Mentre in realtà come Scamarcio stesso dichiarerà su Lotta Continua del 3.1.1981, era già stato deciso diversamente. L’obiettivo del MGG era quello di prendere tempo in modo da disporre le manovre politiche e i mezzi tecnici necessari all’attuazione dell’intervento dei GIS (Gruppi di Intervento Speciale dei Carabinieri). L’occupazione militare del kampo da parte del CdL, rappresentava un grosso successo per il movimento dei PP ed uno smacco per il nemico il quale, inizialmente, era rimasto disorientato e spiazzato politicamente e militarmente. Ciò lo costringeva a tentare di recuperare una parte della credibilità perduta mediante un’avventura militare i cui esiti erano del tutto incerti e imprevedibili. Se questa avventura non si è trasformata in un massacro senza precedenti, non è certo dovuto all’efficienza e alla preparazione militare dei GIS e di chi aveva fatto la scelta politica di utilizzarli, ma esclusivamente all’intelligenza politica e al comportamento del CdL e dei PP, che pur subendo l’offensiva del nemico, hanno sempre saputo mantenere saldamente il controllo della situazione.
– ore 15,00 – Viene steso il comunicato n.3 del CdL con allegata una lettera autografa che annuncia le dimissioni e il pentimento dei 18 AdC (guardie); in essa erano contenute frasi di disprezzo verso il MGG, il Governo, i CC e la Direzione e implorazioni rivolte ai loro colleghi e superiori affinché bloccassero ogni eventuale intervento di forza, che avrebbe messo a repentaglio la loro vita. Oltre la stesura di questa lettera, gli AdC avevano glà ampiamente collaborato, fornendo informazioni utili al movimento dei PP.
– ore 16,00 – Il Direttore Brunetti annuncia che verranno a ritirare il ferito, il quale per tutta la giornata è rimasto sui gradini della scala, dietro il cancello della rotonda. Annuncio falso e tendenzioso.
– ore 16,20 – GIS, CC, AdC attaccano simultaneamente dall’alto (elicotteri) e dal basso, fregandosene della vita degli ostaggi. Il primo attacco alla rotonda del piano terra viene respinto dal lancio di una molotov e di una bomba al plastico. I mercenari attaccanti volano per aria. Apprendiamo in seguito che più di 20 resteranno feriti. A questo punto, davanti al cancello della rampa che immette sulla rotonda, vengono portati da noi due ostaggi, allo scopo di ricordare al nemico che non avremmo permesso un massacro senza adeguata rappresaglia. Nel frattempo i GIS sono calati sul tetto del carcere dagli elicotteri, mentre un elicottero copriva l’operazione sparando sui finestroni della rotonda del primo e secondo piano, in modo da impedire il presidio da parte dei proletari prig. armati di bombe. Nelle rampe delle scale, inoltre, vengono fatte esplodere una serie di saponette di esplosivo davanti ai finestroni, di cui una davanti alla finestra della stanza del telefono dove la Direzione pensava fossero riuniti i responsabili del C.d.L.
C’è un terzo tentativo di irruzione dalla “rampa uno” del piano terra, tentativo che viene bloccato con la minaccia di una bomba. Mentre i CC si ritirano dalla “rampa uno” , un gruppo di questi fa saltare il cancello della “rampa due” con una carica di esplosivo. Contemporaneamente a questi attacchi, il gruppo di CC calati sul tetto fa saltare la botola della scala a chiocciola che si affaccia sul cancello della rotonda del secondo piano. Coperti da raffiche, con una carica di esplosivo fanno saltare il cancello che immette nella rotonda del secondo piano. Intanto, al piano terra, tentano un’irruzione dalla “rampa uno” ma vengono ancora fermati dal lancio di una bomba. A questo punto, però, il gruppo di CC che aveva attaccato la “rampa due” , riesce a salire con il lancio di bombe a mano e saponette di esplosivo fino al primo piano. I proletari prigionieri incaricati della difesa del kampo cercano di ostacolare l’irruzione dei CC lanciando le ultime bombe al plastico nei corridoi in direzione del nemico.
Nel frattempo si decide di convogliare tutte le guardie prigioniere in un braccio del primo piano: l’irruzione dei CC sulla rotonda del primo piano interrompe questa operazione e divide le forze degli occupanti del kampo. Il nemico, dai cancelli delle tre scale, spazza con raffiche di mitra, colpi di fucile a pompa, bombe a mano SRCM, saponette al plastico, le rotonde del primo piano e del secondo e lo specchio dei corridoi; in tal modo i prolet. prig. ed i compagni sono costretti a ritirarsi, divisi in quattro tronconi, nelle celle delle quattro sezioni, portando con loro le guardie prigioniere. Nel corso di questa operazione vengono colpiti alcuni prolet.prig. di striscio alla testa ed in pieno in vari punti del corpo. Anche una guardia prigioniera, in divisa, viene colpita all’addome da un colpo di mitra. Mentre procede l’avanzata dei mercenari di Stato, di fronte alle minacce di rappresaglia sulle guardie prigioniere lanciate da alcuni prolet. prig., la risposta dei CC è chiara: “Abbiamo carta bianca, possiamo ammazzarvi tutti, guardie comprese”. In effetti questa affermazione viene avvalorata da numerosissime raffiche sparate ad altezza d’uomo e da un nutrito lancio di bombe a mano. Dopo essersi impossessati anche dei corridoi delle sezioni, i CC cominciano ad aprire le celle e a rastrellare con le armi spianate i prolet. prig. e le guardie in ostaggio, sparando raffiche nelle celle non solo a scopo terroristico.
Scatta la rappresaglia del nemico: ad ogni singola cella, uno alla volta, i prigionieri vengono fatti scendere dalle sezioni fino ai cortili attraverso un imponente schieramento dei CC e Agenti di Custodia che con calci, canne dei fucili e dei mitra, spranghe di ferro, bastoni e manganelli, iniziano un pestaggio a sangue sui prigionieri. Il massacro è violentissimo e nei cortili dei passeggi saranno in pochissimi a reggersi in piedi alla fine del pestaggio. Moltissimi presentano ferite lacero-contuse alla testa e in varie parti del corpo, denti rotti, labbra spaccate, mani fracassate, costole rotte o incrinate ed un enorme numero di ematomi su tutto il corpo. Il pestaggio, oltre ad essere furioso ed interessare tutti i prigionieri, è anche selettivo, nel senso che all’uscita dalla sezione e all’ingresso dell’aria, vengono identificate secondo una lista nominale, provvista di fotografia, dai CC e dai brigadieri degli A.d.C. che danno indicazioni sul “trattamento differenziato” da applicare a quelli compresi nella lista. Così i compagni ed i proletari più combattivi identificati nel corso della lotta come dirigenti, vengono minacciati di morte e massacrati con particolare ferocia ed accanimento.
– ore 20.00 – Dopo il pestaggio tutti i prigionieri vengono lasciati divisi nei corridoi, ad affrontare il freddo della notte. Quattro prigionieri, in condizioni più gravi, vengono portati in ospedale; gli altri saranno curati in seguito nell’infermeria del carcere e serviranno da cavie al dirigente sanitario il “macellaio” Vincenzo Falco, ed i suoi lerci aiutanti.
Giunge notizia che proprio durante la battaglia era uscito il comunicato n.6 delle B.R. che faceva proprio il comunicato n.1 del C.d.L. di Trani.
30 dicembre 1980
Dopo essere rimasti per una notte ed un giorno all’addiaccio i prigionieri vengono sistemati in due sezioni del piano terra (che contenevano in precedenza i lavoranti) in condizioni igienico-sanitarie al limite della sopportabilità. Appena stipati nei cameroni del piano terra, accalcati come bestie, i proletari prigionieri istintivamente e senza alcun coordinamento, individuano in sezione le guardie che avevano condotto il pestaggio; queste vengono scacciate dalla sezione a furor di popolo. Alcuni di questi bastardi vengono raggiunti da ceffoni e da mattoni e da altri oggetti. Questo esercizio di contropotere proletari spontaneo dimostra quanto poco il pestaggio omicida avesse fiaccato la volontà ed il morale combattivo dei proletari prigionieri.
La risposta all’intervento armato dei GIS è immediata e tempestiva: il Super -generale dei CC Galvaligi, braccio destro e successore di Dalla Chiesa nella carica di responsabile dei servizi di sicurezza delle carceri, viene individuato e giustiziato dalle B.R., quale maggiore responsabile militare dell’intervento armato contro i p. prig. di Trani.
Questa azione, strettamente collegata alla battaglia di Trani, spegne sul nascere ogni illusione di vittoria tra le fila del nemico.
4 gennaio 1981
Le B.R. emettono il comunicato n.8 in cui si annuncia la condanna a morte del boia D’Urso e le condizioni per sospenderla. In questo comunicato tra l’altro si legge:
“Appoggiamo incondizionatamente il programma e gli obiettivi che gli organismi di massa dentro le carceri si sono dati. Ad essi non accordiamo una generica ed inutile solidarietà a parole, ma continueremo su questo terreno l’attacco allo Stato Imperialista, perchè si rafforzi e consolidi il potere proletario armato nelle carceri e gli obiettivi del suo programma vengano raggiunti.
La lotta dei prolet. prig., il programma dei C.d.L. come avevamo già affermato, ci riguardano direttamente e riguardano anche il boia D’Urso. Siamo perfettamente d’accordo con i proletari di Trani quando dicono che D’Urso è anche loro prigioniero. Per quanto ci riguarda abbiamo già emesso un giudizio, secondo i criteri della giustizia proletaria ed esso corrisponde sicuramente a quanto ogni proletario ha già decretato.
La condanna a morte di D’Urso è sicuramente giusta, ma l’opportunità di eseguirla o sospenderla deve essere valutato politicamente. Questo spetta, oltre che alle B.R., esclusivamente agli O.M.R. (Organismi di Massa Rivoluzionari) dentro le carceri. Ad essi solo spetta valutare gli obiettivi già raggiunti dalla battaglia fin qui condotta, ad essi la valutazione esatta dei rapporti di forza che hanno consentito una significativa avanzata nella realizzazione del programma immediato dei prolet. prig. Questa voce per decidere se eseguire o sospendere l’esecuzione di D’Urso, è l’unica che ci interessa sentire.
Vogliamo essere più espliciti: non deve essere impedito al C.d.L. di Trani e al C.U.C. (Comitato Unitario di Campo) di Palmi di esprimere integralmente, senza censurare nemmeno le virgole, le loro valutazioni politiche ed il loro giudizio.
Questo vogliamo sentirlo dai vostri strumenti radio-televisivi, leggerlo sui maggiori quotidiani italiani, così come avevano chiesto i proletari di Trani in lotta. La repressione e la chiusura nei confronti degli organismi di massa nei kampi, troverà da parte nostra la più dura e decisa opposizione e sapremo assumerci tutte le nostre responsabilità”.
In seguito a questo comunicato, nel kampo di Trani si presenta una commissione del Partito Radicale che, con la scusa di visitare i prigionieri per appurare le loro condizioni di salute, cerca di sondare il terreno per aprire una trattativa col C.d.L. allo scopo di mercanteggiare con questo la vita del boia D’Urso.
Qui si manifesta la totale ipocrisia da vecchia baldracca della borghesia che, prima attacca i proletari prigionieri con la sua mano militare e con la logica di annientamento, poi con la sua mano riformista-pacifica cerca di mendicare dal C.d.L. la liberazione di D’Urso. Ma anche la mano riformista-pacifica dei radicali, così come la mano armata dei GIS, non riesce ad ottenere l’effetto di disgregare la volontà e l’unità politica dei prolet. prig. del kampo. Le loro manovre politiche non hanno trovato alcuno spazio. La visita della delegazione radicale è stata una manovra dello Stato; come tale è stata accolta e considerata dal C.d.L.
Ovviamente, com’è uso di questi politicanti borghesi per ogni vicenda politica, anche questa è stata un’occasione per imbastire vari intrallazzi e colpi bassi di ogni genere, secondo il costume che caratterizza la lotta politica tra le varie consorterie del potere. Non è un caso che questa delegazione abbia usufruito a Trani di spazi di agibilità illimitati, come la possibilità di ritirare dalle nostre mani, con il benestare della direzione del kampo, il documento: “Bilancio di una settimana di lotta nel kampo di Trani”; tra l’altro, su nostra richiesta, la direzione ci aveva fornito -d’accordo col Ministero- di una macchina da scrivere per la stesura di questo documento. Mentre radicali e PSI cercavano di usare la delegazione dei parlamentari per i loro sporchi giochi, la forza del C.d.L. e l’omogeneità dei proletari riuscivano a ribaltare queste manovre e, inserendosi nelle contraddizioni del nemico, riuscivano ad operare per far uscire la loro voce e far conoscere le loro valutazioni sulla battaglia all’intero movimento rivoluzionario, con un comunicato di cui riportiamo il testo integrale:
“In seguito al comunicato n.8 delle B.R., in cui si invita esplicitamente il C.d.L. dei prigionieri del kampo di Trani e il C.U.C. di Palmi ad esprimersi in merito all’eventuale opportunità politica di sospendere la condanna a morte del boia D’Urso, il C.d..L. dei prolet. prig. del kampo di Trani, attraverso questo documento dal titolo <<Bilancio di una settimana di lotta nel kampo di Trani>> esprime valutazioni politiche positive sulla campagna in corso sul fronte carceri e sulla battaglia di Trani. Considera possibile la sospensione della condanna a morte di D’Urso, in seguito alla pubblicazione integrale di questo documento sui maggiori organi d’informazione a diffusione nazionale e del comunicato n.1 già consegnato”.
8 gennaio 1981
La Procura di Firenze concede la libertà provvisoria al compagno Gianfranco Faina (gravemente ammalato).
Uno dei risultati raggiunti dalla campagna D’Urso, oltre alla chiusura dell’Asinara, è anche la liberazione del compagno Faina. E’ da sottolineare a tal proposito come la sua liberazione sia stata imposta dalla nostra lotta e non, come in altri casi, da campagne pietistiche che si appellavano direttamente alla clemenza del potere. Noi affermiamo che la liberazione dei compagni ammalati è interna al percorso di lotta che porta alla distruzione di tutti i carceri e alla liberazione di tutti i proletari prigionieri.
9 gennaio 1981
Viene pubblicato da Lotta Continua (quotidiano) integralmente il “Bilancio di una settimana di lotta nel kampo di Trani”. E’ il primo giornale ma non sarà l’unico a pubblicarlo: un numero notevole di giornali seguirà questa pratica.
10 gennaio 1981
Le B.R. fanno uscire il comunicato n.9 che viene pubblicato integralmente da Lotta Continua dell’11/1/1981
11 gennaio 1981
Viene pubblicato su Lotta Continua anche il comunicato del CUC di Palmi (altri giornali lo pubblicheranno nei giorni successivi)
12 gennaio 1981
ore 3 del mattino- I prigionieri del kampo vengono svegliati nel cuore della notte per ritirare i mandati di cattura sul “rapimento D’Urso”. In questo modo, come dimostra la stessa gestione che ne farà la stampa, si cerca, tramite i mandati di cattura, di “rompere il fronte del terrorismo”. Ma la manovra, portata avanti dal cocainomane Sica non riesce, tanto è vero che molti prigionieri, per niente preoccupati da questa montagna di ergastoli preferiscono restare a dormire, invece di andare a guardare in faccia i giudici a quest’ora di notte.
Nei giorni successivi avviene la progressiva rottura del fronte borghese, rispetto alla pubblicazione dei comunicati del C.d.L. di Trani e del C.U.C. di Palmi. Dilaniato dalle innumerevoli contraddizioni, incapace di fare scelte risolutrici perché attaccato dalla guerriglia, incalzato dalle lotte e dalla compattezza dei prigionieri, anche il blocco del “NO” dei giornali si sgretola e molti quotidiani iniziano a pubblicare i comunicati dei due kampi. Oltre a Lotta Continua, il Manifesto, L’Avanti, Il Lavoro, la Gazzetta di Sicilia, Vita Sera, Il Giornale D’Italia, Il Messaggero, Il Secolo XIX, Il Giorno e molti altri giornali minori e locali.
14 gennaio 1981
Le B.R. fanno uscire il comunicato n.10 che annuncia anticipatamente il rilascio di D’Urso, il quale nel corso della detenzione, aveva avuto modo di collaborare ampiamente con la giustizia proletaria e di pentirsi dei suoi crimini.
La sospensione della condanna a morte del boia, oltre che un atto di magnanimità sancisce la vittoria politica riportata dalle forze rivoluzionarie e dai prigionieri.
CONCLUSIONE
… Il progetto di annientamento che la borghesia imperialista è andata sviluppando nel carcerario, dopo la battaglia dell’Asinara del 2 ottobre 1979, è stato quello di separare le avanguardie comuniste dal loro referente di classe, separare le varie componenti del movimento rivoluzionario, separare la parte più avanzata e più cosciente del proletariato prig. dal resto. Questa pratica di separazione avrebbe dovuto permettere, nelle intenzioni dei cervelloni dell’antiguerriglia, di analizzare e studiare ogni singolo militante o prigioniero, in quanto appartenente ad una Organizzazione Comunista Combattente o ad uno strato sociale antagonista, in modo da ricavare il maggior numero di dati e informazioni per annientare il gruppo o l’organizzazione di cui il singolo fa parte e attraverso ciò anche lo stesso compagno o prigioniero.
L’attuale livello di applicazione di questo progetto, in Italia, rappresenta un deciso passo in avanti nella omogeneizzazione delle pratiche controrivoluzionarie a livello Europeo. La prospettiva della risoluzione delle contraddizione tra i vari blocchi, mediante la guerra imperialista, obbliga ogni singolo Stato ad accelerare le tappe della pacificazione del “fronte interno”, vale a dire lo obbliga a perseguire con ogni mezzo, l’obiettivo dell’annientamento di ogni forma di antagonismo che il proletariato metropolitano esprime.
Bloccare e disarticolare questo progetto è diventato di vitale importanza per il proletariato e per le Org. Comun. Combatt. che ne sono espressione.
Bloccare e disarticolare questo progetto era di vitale importanza per il prolet. prig. e per le sue avanguardie organizzate, che questo strato di classe ha espresso nel corso di molti anni e di molte lotte.
… Oltre ad avere direttamente ed efficacemente contrastato il progetto della borghesia imperialista nel carcerario ed aver contribuito alla ripresa, ad un livello più alto, del movimento rivoluzionario, questa campagna ha pagato:
1) conquistando una serie di obiettivi che ci eravamo prefissi:
– chiusura immediata della sezione speciale dell’Asinara;
– liberazione del compagno Gianfranco Faina;
– pubblicazione su alcuni giornali e diffusione in alcune radio private dei comunicati del C.d.L. di Trani e del C.U.C. di Palmi, propagandando così il programma dei proletari prigionieri.
2) allargando le contraddizioni tra le forze borghesi, sia a livello di governo (tra PSI e gli altri partiti della maggioranza), sia a livello di strutture statali: tra magistratura, arma dei CC, e sistema dei partiti nel suo complesso e scompaginando e inceppando il meccanismo di subordinazione e di consenso dei mass-media all’Esecutivo.
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febbraio 1981
Comitato di Lotta dei prigionieri del kampo di Trani