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32 anni in carcere da innocente

Beniamino Zuncheddu: scarcerato dopo 32 anni di carcere. Si è sempre professato innocente. Un supertestimone della strage di Sinnai del 1991 ha raccontato di aver fatto il nome di Zuncheddu su pressione di un poliziotto

da l’Unità

Beniamino Zuncheddu torna libero dopo 32 anni di carcere. Condannato all’ergastolo per la strage di Sinnai del 1991, è stato scarcerato in attesa della sentenza del processo di revisione. La pena è stata sospesa. Festa a Burcei, suo paese Natale in Sardegna. Zuncheddu non è stato liberato in via definitiva, la prossima udienza davanti ai giudici della Corte d’Appello è stata fissata il 19 dicembre.

Per decenni è stato indicato come il solo responsabile dell’omicidio di tre uomini. La scarcerazione arriva dopo che il supertestimone di quella strage, Lugi Pinna, aveva ritrattato, raccontando di pressioni e manipolazioni da parte di un dirigente della polizia per fargli fare il nome di Zuncheddu.

Il poliziotto Mario Uda ha negato di aver mostrato al superstite la foto di Zuncheddu prima del riconoscimento ufficiale. “Non gli ho mostrato alcuna immagine”, ha dichiarato.

Quando ieri è stato liberato Beniamino Zuncheddu stava mangiando alla mensa del carcere. “Oggi non me l’aspettavo proprio, perché di sabato gli uffici sono chiusi ed è una cosa rara. Oggi è una giornata specialissima, è passato troppo tempo per ottenere questo giorno”, ha raccontato al TG Regionale.

La strage del Sinnai

Dal 2017 il nuovo avvocato difensore di Zuncheddu, Mauro Trogu, aveva cominciato a portare avanti nuove indagini difensive che avevano portato a nuove intercettazioni e alle prime dichiarazioni di Pinna che alla moglie parlò delle pressioni ricevute. La Procura generale di Cagliari sposava la tesi dell’innocenza di Zuncheddu e la Corte d’Appello fissava una serie di udienze.

Pinna raccontò che “mi venne mostrata la foto di Zuncheddu quale colpevole”. Il massacro dell’8 gennaio 1991 però si era consumato al buio, chi aprì il fuoco indossava una calza di nylon. A morire furono Gesuino Fadda di 57 anni, suo figlio Giuseppe di 25 e il loro collaboratore Ignazio Pusceddu, 57 anni. Le dichiarazioni di Pinna sono arrivate nell’ambito del processo di revisione in corso davanti ai giudici della Corte d’Appello di Roma.

“Prima di effettuare il riconoscimento dei sospettati, l’agente di polizia che conduceva le indagini mi mostrò la foto di Beniamino Zuncheddu e mi disse che il colpevole della strage era lui. È andata così”, ha detto il teste. “Ho sbagliato a dare ascolto alla persona sbagliata. Penso che quel giorno a sparare furono più persone, non solo una. Con un solo fucile non puoi fare una cosa del genere”. Il teste si sarebbe contraddetto diverse volte e ha raccontato che il killer aveva “il volto travisato da una calza”. Una deposizione drammatica: “Non ce la faccio più, sto impazzendo, vorrei morire. In questi anni sono stato minacciato varie volte”.

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