All’anagrafe era Francesco Mastrogiovanni, anche se tutti lo chiamavano Franco, ed era il maestro elementare più alto del mondo. O così almeno dicevano sempre i suoi bambini della scuola elementare di Pollica, nel Cilento.
Il 31 luglio 2009 però Franco è soltanto un uomo in fuga. La sera prima il comandante dei vigili urbani di Pollica, Lamanna, riceve dal sindaco l’incarico di recarsi nell’isola pedonale di Acciaroli per prelevare un uomo e fargli un TSO. Quell’uomo è Mastrogiovanni, già colpito nel 2002 e nel 2005 da questo provvedimento, e già vittima di due processi, con annesse carcerazioni, da cui era risultato completamente innocente; anzi sono state accertate violenze ai suoi danni da parte degli agenti che lo hanno tratto in custodia. Innocente, ma marchiato: perché Franco, con alcune crisi depressive alle spalle e con la patente di noto anarchico cucita addosso, diventa bersaglio di attenzioni particolari da parte delle istituzioni.
Attenzioni che culminano quel 31 luglio nella terza richiesta di TSO. Accerchiato sulla spiaggia mentre in acqua canta Addio Lugano bella, viene circondato da vigili, carabinieri e perfino dalla guardia costiera. Un dispiegamento incredibile per catturare un uomo riservato, mite, mai violento, come tutti lo descrivono in paese. Alla fine il maestro si consegna spontaneamente agli agenti, e mentre lo caricano sull’ambulanza chiede di non essere trasportato a Vallo della Lucania, perché dice “lì mi ammazzano”. E invece ce lo portano in quell’ospedale, dov’era già stato per gli altri TSO. All’arrivo, dopo un caffè ed una doccia il maestro è tranquillo. Ma quando rifiuta di sottoporsi ad un esame delle urine viene legato mani e piedi al lettino. Solo allora Franco inizia a dimenarsi e ad urlare. Da lì in poi nonostante tenti in ogni modo di liberarsi, divincolarsi, chiedere aiuto, viene lasciato per 87 ore a marcire. Per quattro giorni infermieri, addetti alle pulizie, medici entrano, svolgono i loro compiti e poi escono lasciandolo lì. Non viene idratato, pulito, aiutato. Mentre le fascette gli creano due centimetri di lesioni ai polsi, Franco, dopo 87 ore legato su quel lettino, muore.
Solo sei ore dopo vanno a liberarlo. Tutto viene documentato dai video delle telecamere presenti nel reparto.
La sera precedente al decesso, avvenuto il 4 agosto, la nipote si era recata in ospedale per fargli visita. Non l’avevano fatta entrare, dicendole che lo zio stava bene.
Da questa terribile vicenda nascerà un lungo iter processuale che finirà nel 2018, quando la cassazione confermerà le condanne a sei medici e undici infermieri per sequestro di persona. (da Cronache Ribelli)