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Il 41 bis per Nadia Lioce è solo accanimento politico

C’è un accanimento ideologico nella detenzione della Lioce e degli altri prigionieri politici in regime di 41 bis. Si vuole piegare l’individuo non solo con l’ergastolo, ma pure con altre restrizioni, anche per mandare un messaggio all’esterno

Parla senza peli sulla lingua Caterina Calia, di origini sarde ma da anni a Roma, avvocato difensore, insieme a Carla Serra, di Nadia Desdemona Lioce, la 59enne terrorista delle Nuove Brigate Rosse originaria di Foggia che sconta da tredici anni l’ergastolo in regime di 41-bis nel carcere di massima sicurezza Le Costarelle di Preturo, frazione dell’Aquila.

Condannata per gli omicidi dei giuslavoristi Massimo D’Antona nel 1999, Marco Biagi nel 2002 e del sovrintendente di polizia Emanuele Petri nel 2003, Lioce è stata recentemente stata assolta proprio all’Aquila, dal giudice monocratico onorario Quirino Cervellini, dall’accusa di disturbo del riposo delle persone e oltraggio a pubblico “perché il fatto non sussiste”.

Alla brigatista era stato contestato l’uso di una bottiglia di plastica in forma di protesta, la cosiddetta “battitura”, due volte al giorno per trenta minuti ognuna.

La protesta risale al 2015, dopo che le erano stati portati via degli atti giudiziari durante le perquisizioni in cella.

E si è conclusa quando, sei mesi dopo, parte del materiale le è stato restituito.

Ma in questo contesto non va dimenticato il divieto di tenere in cella più di tre libri per volta e di non poterne acquistare liberamente o di riceverne dall’esterno.

Neanche da librerie convenzionate.

Perché il personale del carcere che controlla i testi non è in numero sufficiente a verificare se negli stessi si nascondano messaggi rivoluzionari da parte di altri.

La ‘logica’ della detenzione non soltanto di Nadia Lioce – è il pensiero dell’avvocato Calia ad AbruzzoWeb – è quella di togliere qualsiasi diritto, anche minimo, all’interno del carcere. E se ti permetti di protestare, vai a finire di fronte all’Autorità giudiziaria. Nonostante tu stia già scontando l’ergastolo”.

Tempo fa – racconta – ho parlato con una persona che è stata detenuta nel carcere sardo dell’Asinara e che mi ha raccontato di episodi di devastazione, di rivolte dentro la struttura senza subire neppure un processo. A Lioce, per una bottiglia di plastica, invece, si mette in piedi un processo. Stessa ‘fine’ se si rompe un lavandino vecchio di trent’anni, perché questo è successo all’Aquila”.

Il decreto sicurezza diventato legge da poco grazie al governo Lega-5 Stelle – commenta poi su un argomento ‘caldo’ – del resto, va nella stessa direzione. Si sta inasprendo tutto in vista di un peggioramento generale delle condizioni sociali, ma a un decreto simile si è arrivati perché qualcuno ha preparato il terreno in precedenza”.

In ogni caso, si faccia attenzione – ammonisce l’avvocato tornando al tema principale – sul 41bis: la Mafia, che si diceva e si dice fosse contro, ha continuato a crescere e a fare affari negli anni. Nonostante il 41-bis, nonostante le stragi e l’inasprimento della lotta alla mafia.”.

Purtroppo – continua – in un carcere strutturato in questo modo, anche l’omicida più efferato diventa una vittima del carcere stesso, dunque del sistema di detenzione. Le condizioni di 41-bis sono finalizzate ad annientare il detenuto per un periodo di tempo che non finisce mai. E questo lo sanno, lo vedono, sia i familiari dei detenuti che addirittura di alcune vittime, come nel caso di Olga Di Serio, vedova di Massimo D’Antona, e Marina Orlandi, vedova di Marco Biagi. Ormai viene sanzionato pure chi fa lo sciopero della fame, cioè la forma di protesta più civile che ci sia”.

Per l’avvocato Calia, però, “non c’è un modello nel mondo cosiddetto civilizzato da poter copiare, ma è pur vero che l’Italia è l’unico Paese che ha prigionieri politici dietro le sbarre da quarant’anni. Forse negli Usa, la democrazia per eccellenza, si trova una simile barbarie con tanto di condanna a morte”.

Sicuramente – afferma ancora – non dovrebbe esistere l’ergastolo. Invece, esiste l’ergastolo con tanto di carcere duro. Nel caso della Lioce parliamo di ergastolo ostativo, un ‘mondo’ di 1.500 detenuti condannati in Italia, ma la verità, in fondo a tutta questa storia, è che si applica il 41-bis per i prigionieri politici perché, lo dice chiaramente il decreto, ci si rende conto del grande conflitto sociale, dell’aumento della disoccupazione, per cui certe idee potrebbero trovare terreno fertile”.

Peccato – conclude – che non si possa fermare il corso della storia. Così come non si possono buttare a mare gli immigrati che scappano dalle guerre che qualcuno ha causato. Si preferisce la manetta facile, la chiusura totale nei confronti persino dei ladri di polli. Facendo finta di non sapere che se le condizioni della gente peggiorano, i reati di sicuro non diminuiscono. Con o senza Nadia Lioce in carcere, diventata suo malgrado un simbolo proprio grazie a chi vorrebbe che non lo fosse”.

Roberto Santilli

da AbruzzoWeb