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Il 41 bis è un abominio e parlarne non significa appoggiare le mafie

Chi tocca i fili muore e parlare del rispetto dei Diritti di tutti e dell’abominio del 41 bis è come bestemmiare in chiesa.

Qualche giorno fa il dott. Catello Maresca ha preso carta e penna e ha detto la sua sul 41 bis; gli capita spesso e di solito dispensa buoni consigli, che la Commissione Antimafia raccoglie al volo (vedi alla voce “divieto scioglimento dei cumuli”). Ospite fisso di una trasmissione in prima serata nella quale si regolano conti personali, ha lamentato che il regime differenziato sia diventato “il male assoluto, addirittura più della stessa mafia che tende a contrastare”. Così, utilizzando la retorica del “ricordo a me stesso”, ricostruita la genesi e gli sviluppi della disposizione che a tutt’oggi regola “situazioni di emergenza” (che non finisce mai), il nostro parla a chi deve ascoltare (tra poco si vota) e sostiene che chiunque avanzi critiche a questa grundnorm della mortificazione del Diritto e della Dignità lo faccia per ostilità ideologica, giacché i “principi supremi” invocati sarebbero figli di un’epoca passata, nella quale si pensava stoltamente che la mafia non esistesse.

Ora, siccome mi sono un po’ stancato di passare per uno stolto idealista (sono ostinato, non ostile) o peggio ancora di dover leggere che vi sono “soloni del carcere morbido che tessono la loro tela”, comincio col dire che la mafia è una merda, così ci capiamo. Però, siccome qui nessuno tiene bordone a Cosa Nostra (e non occorre ricordare a un signore che di mestiere fa il pm che le allusioni sono inaccettabili, tanto più in un campo come questo), occorre anche chiarire una volta per tutte che in Alsazia non sono proprio tutti ignoranti o corrivi e le cose di Casa nostra le conoscono pure loro; basterebbe leggere un po’ di sentenze della Cedu ogni tanto. La verità è un’altra, da sempre: chi tocca i fili muore e parlare del rispetto dei Diritti di tutti e dell’abominio del 41 bis è come bestemmiare in chiesa. Così si spiegano gli attacchi alle Corti (Costituzionale, Edu, ai vari Magistrati di Sorveglianza che fanno il loro lavoro), nel tentativo di condizionarne le argomentazioni e le decisioni da assumere. Invece, secondo il pm, una miscellanea che somiglia al complotto demo-pluto-giudaico-massonico terrebbe insieme “Garanti, l’intellighenzia sinistrorsa (molto sensibile al tema delle garanzie) ed una sempre più numerosa stampa compassionevole”.

Dall’altra parte, il deserto.Forse è il caldo, forse l’effetto prolungato del lockdown o forse davvero si è perso il senso della realtà, ma sostenere che “invettive mafiosoidi non trovino ostacoli” (di nuovo, le allusioni), laddove (salvo i radicali) non si trova un politico uno che denunci l’uso improprio della galera differenziata, è qualcosa di veramente incredibile e non merita commenti ulteriori. Basta accendere la tv. Però il dott. Maresca non ci sta e passando dal triplice imperativo del “resistere” di tangentopoli al “denunciare” di oggi, “scoperto il giochetto” (terza allusione) propone di “sparigliare”. Vestiti i panni del riformatore il pm campano ha la soluzione: rivedere l’ordinamento penitenziario.Ecco le proposte (“i cardini ideologici”): “lavoro obbligatorio per tutti”, (qualcuno lo avvisi, che non si può fare! Il lavoro è un diritto, non un’imposizione, secondo le leggi di questo Paese), “anche per i mafiosi”, riservando “il regime di rigore differenziato ai detenuti più riottosi”. Basta un aggettivo e si torna lì, che del resto “la fedina penale dei mafiosi è fatta di continue ricadute nel crimine, segno che almeno per loro il programma di recupero non serve a nulla”. Battiamo le mani. Nuovi costituenti si facciano avanti.

Da quattro anni (era il 29 luglio) Alessandro Margara ci ha lasciato e ci manca moltissimo; per una breve stagione provò a portare al Dap una certa idea della pena, il suo era “il carcere dopo Cristo”. Durò troppo poco e fu un ministro comunista a metterlo all’uscio. Ci è mancato poco che al Dipartimento arrivasse il dott. Maresca, come Gesù nel tempio. Buona fortuna.

Michele Passione – avvocato

da il dubbio