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48 ore di repressione

Non è utile fare di tutta l’erba un fascio, dissolvendo fatti e fenomeni differenti nella categoria omogenea della “repressione”. Non si può pensare a una regia unica o comune, né tantomeno a un Leviatano compatto che si dirige senza contraddizioni verso una forma più autoritaria. Non serve nascondere dietro l’istintivo grido d’allarme (e vendetta) scomposizioni e conflitti che percorrono lo spazio delle istituzioni. Detto ciò, al di là delle categorie della volontà o della scelta, alcune delle operazioni di polizia realizzate nelle ultime 48 ore – nella loro quantità e nelle loro indirette connessioni – restituiscono una traccia da seguire per vedere alcune caratteristiche della forma di governo che sta emergendo in quest’Italia di Pd, Lega e 5 Stelle. I tre partiti principali che, con differenze spesso solo occasionali e di dettaglio, si contendono da anni i voti della paura, alimentando gli istinti più beceri attraverso retoriche razziste, legalitariste e criminalizzanti.

Torino: Corteo del 1 maggio

Cariche, feriti e tre fermi (due minorenni) per proteggere il nulla della passerella istituzionale. Un folto schieramento di celere ha spezzato il corteo, pretendendo di bloccare l’entrate in piazza San Carlo della componente autorganizzata e conflittuale. È partita, immediata, una carica a freddo contro quella parte di corteo

Bologna, via Zamboni 22, h 12 circa (2 maggio)

L’università chiude l’aula studio autogestita di giurisprudenza, aperta dagli studenti in seguito allo sgombero violento della biblioteca del 36, alcune settimane fa. In quell’occasione, la polizia era entrata nei locali dell’università, in mezzo a ragazze e ragazzi che studiavano, manganellando a destra e a manca. Erano seguiti scontri in serata e, nei giorni successivi, assemblee e cortei con migliaia di studenti. La risposta dello Stato? Arresti, fogli di via e divieti di dimora.

Già ieri mattina, però, gli studenti hanno riaperto l’aula studio autogestita, mettendola nuovamente a disposizione di tutti gli universitari.

Milano, Stazione Centrale, h 15 circa (2 maggio)

Blindati, volanti, uomini in divisa e in borghese, a piedi o cavallo, in elicottero o con i cani accerchiano il principale snodo ferroviario della città lombarda. Obiettivo: i negri. Gli accessi laterali della stazione vengono chiusi. Rimane aperto quello al centro. Se sei bianco e biondo esci come nulla fosse, se sei marrone o giù di lì viene fermato, perquisito, devi dare i documenti e i tuoi dati vengono spediti in centrale. Centinaia di migranti sono setacciati in questo modo. Il Questore dice che 52 tra loro vengono portati in Questura, all’Ufficio Immigrazione. Secondo “Repubblica”, in molti vengono fermati perché non avevano ritirato il permesso per motivi umanitari. Nessuna menzione ad eventuali arresti (e alle relative cause), da nessuna parte. Ce ne sono stati?

Intanto, i principali media mainstream trasmettono l’operazione in diretta e l’immancabile Salvini si presenta in stazione a farsi un video-selfie, incontrando un ragazzo che (giustamente) lo invita ad andare un po’ più in là, a piazzale Loreto. Prima che l’operazione si concluda, Lega e 5 Stelle plaudono all’intervento della questura. Il segretario del Pd cittadino e una parte della giunta, in particolare l’assessore alla sicurezza Carmela Rozza, e tutto il centro-destra si augurano che non sia un’azione occasionale e che ne seguano molte altre, in serie. Il sindaco Sala, invece, lamenta di non essere stato avvisato: l’unico problema è la competenza e la paternità dei rastrellamenti, sembra.

Torino, varie occupazioni abitative, h 6.30 (3 maggio)

Digos, celere e ROS (Raggruppamento operativo speciale che si occupa di criminalità organizzata e terrorismo) si presenta alla porta di alcune abitazioni private e di tre occupazioni torinesi: l’Asilo di via Alessandria, le case occupate di corso Giulio e via Borgo Dora. Sei compagni anarchici vengono arrestati e trasferiti in carcere. Le notizie sono ancora incomplete, ma pare che su di loro pendano denunce molto pesanti: oltre a danneggiamento, resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale, anche quella di sequestro di persona. Le accuse risalirebbero a un presunto accerchiamento di una volante della polizia dopo una serata all’Asilo. Oltre a realizzare gli arresti, gli agenti perquisiscono a fondo i diversi spazi, mentre alcuni occupanti sono barricati sui tetti, alla ricerca di bombolette spray utilizzate per scritte sui muri e sanzionamenti. Infine, all’Asilo staccano il gas e distruggono porte e finestre. L’indagine è coordinata da Antonio Rinaudo, uno dei due eredi di Caselli e accanito persecutore dei No Tav, nonostante le ripetute smentite ricevute dai suoi teoremi persino in sede processuale. Chiara Appendino, sindaca M5S, si affretta a ringraziare polizia, carabinieri e procura.

Pisa, Limonaia-Zona Rosa, h 7.30 (3 maggio)

Avevano occupato meno di un mese fa, il 7 aprile scorso, sull’onda delle mobilitazioni contro la violenza sulle donne e del movimento Non Una Di Meno. Avevano creato una zona “safe” e femminista, in un periodo in cui quasi ogni giorno si registra un caso di femminicidio e non si contano nemmeno quelli di violenza fisica e psicologica sulle donne. Avevano iniziato a mettere a disposizione della città sportelli legali contro l’obiezione di coscienza e la violenza ostetrica, a discutere in gruppi di autocoscienza e a organizzare domeniche di socialità con gli abitanti del quartiere e con i migranti dei centri della Toscana, a costruire assemblee cittadine e dibattiti collettivi sulla violenza, lo sfruttamento, il sessismo. Stavano facendo tutto questo e lo stavano facendo bene. Poi ieri mattina sono arrivati celere, digos, blindati, vigili del fuoco, polizia provinciale e municipale, guardia di finanza. Hanno cinto d’assedio, quasi fosse un’operazione di guerra, lo spazio delle donne. E lo hanno sgomberato, restituendolo all’abbandono in cui versava da più di quattro anni.

Tanti gli attestati di solidarietà piovuti sugli occupanti, da parte di associazioni e gruppi di cittadini, locali e non. Tra questi uno molto particolare: il comunicato dell’autore del restauro dell’edificio. L’architetto Alessandro Baldassarri ha firmato un testo in cui esprime la grande gioia di aver visto resuscitare, per mano di quei giovani, l’edificio abbandonato dalle istituzioni, accusando dello sgombero tutti i diversi livelli dell’amministrazione.

Nel pomeriggio, dopo un corteo e un’assemblea pubblica, ragazze e ragazzi hanno occupato il municipio.

Roma, Trastevere, h 12 circa (3 maggio)

Di tutti i fatti, questo è certamente il più drammatico. Purtroppo, niente potrà restituire la vita di un uomo, spezzata dall’idiozia del decoro, della caccia all’abusivo. Durante uno dei tanti blitz del nucleo speciale della Polizia Locale di Roma Capitale è morto mattina Nian Maguette, un lavoratore di 54 anni. Gli agenti sostengono se ne sia andato a causa di un crepacuore, nonostante quella macchia di sangue sulla strada, che gli amici continuavano a indicare. “È caduto e ha sbattuto la testa”, dicono alcuni. “L’hanno investito agenti in broghese con la moto, è caduto e ha sbattuto la testa”, gridano altri. Poco importano i dettagli della storia: Nian è stato ucciso da una retata dei vigili deputati a proteggere il decoro della città, persino contro chi quella città la vive. E, a volte, finisce per trovarci la morte.

L’altro ieri la sindaca Raggi prometteva più efficienza nel controllo dei mercatini abusivi e la riorganizzazione dei reparti con questo compito. Pare che soltanto il decreto Minniti abbia rimandato l’effettività del piano della giunta.

Di questa vita infranta per il sequestro di qualche borsone sappiamo ancora poco. Intorno ad essa, almeno per il momento, tacciono gli sciacalli di turno e i profeti del decoro urbano, chi accusa le Ong di salvare vite in mare e chi minaccia di bombardare i gommoni usati per raggiungere porti che dovrebbero essere sicuri. Ma evidentemente continuano a uccidere.

Roma Assessorato alle politiche sociali ( 5 maggio)

Violente cariche della polizia sotto l’assessorato alle politiche sociali questa mattina 5 maggio 2017 a Roma, dove i movimenti per il diritto all’abitare stavano manifestando per chiedere soluzioni abitative a chi è stato sgomberato o sfrattato e non trova risposte da parte delle istituzioni al cronico problema della casa nella capitale.

 

Bologna, Milano, Torino, Pisa, Roma, le sciacallate di Salvini, le dichiarazioni dei 5 Stelle, le decisioni, le azioni e le leggi del Pd disegnano traiettorie inquietanti della brutalità dell’azione di governo e di polizia. Traiettorie legittimate e sostenute da un livello di dibattito pubblico e politico quantomai pericoloso, trasmesso a reti unificate. Traiettorie che in primo luogo lasciano segni indelebili sui corpi estranei, neri di carnagione o di rabbia.

Non resta che lottare!

da DinamoPress