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Matera, scritte politiche sui muri scatenano la caccia all’uomo. Chiesto un anno di carcere per il ”colpevole”.

Riceviamo e pubblichiamo:

Una mattina delle scritte compaiono su alcuni muri del centro della cittadina. Articoli di tutti i giornali locali le immortalano dettagliatamente e i commenti del “popolo” non si fanno attendere. Ci si augura per gli autori da un minimo di carcere e frustate all’impiccagione. Il gioiello lucano e’ stato deturpato per sempre, che nemmeno gli hooligans olandesi a Piazza di Spagna. Le pressioni per agguantare i distruttori della serenità e bellezza delle vie del centro arrivano da tutti i lati. Persino due consiglieri della maggioranza si esprimono sdegnati e si augurano – non avevamo dubbi – un crescente monitoraggio delle “forze dell’ordine per debellare sul nascere questo fenomeno insudicioso”. Chiedono addirittura “un incontro urgente al Sindaco per individuare strumenti e strategie da mettere in campo per sconfiggere sul nascere il fenomeno”.E così sperato, il lieto fine non può tardare. Una velina della Questura viene diffusa all’unisono dalla stampa. La solerte Polizia si è messa in moto e grazie a sofisticate e “capillari” indagini, nonché a civiche delazioni (“collaborazione della società civile”), dopo appena dieci giorni dai fattacci sembra che almeno uno dei colpevoli sia stato alacremente individuato. Bravi, applausi, mai più! Never again! Al lestofante andrebbero fino ad un anno di carcere più migliaia di euro di danni.

Ecco la notizia.

Ma, avvalendoci di dettagliati report di alto giornalismo, andiamo a vedere di che scritte si tratta. Cerchiamo di capire cosa ha sviluppato questa indignazione gridata. Si tratta, fatto inusuale a Matera, di scritte politiche. Anarchiche! No Triv! A morte i padroni! Una è addirittura su una banca!

Cosa denunciano queste scritte è evidente. Parliamo di una terra, la Basilicata, devastata dalle multinazionali del petrolio. Le concessioni petrolifere non segnano tregua ed è proprio qui che le conseguenze ambientali, prima che in altre zone d’Italia, non sono più probabilità future. Ad esempio le trivellazioni delle falde acquifere hanno causato un mostruoso inquinamento dell’invaso del Pertusillo, come testimoniato dalle indagini di una professoressa dell’Unibas, ostacolata in tutti i modi anche dalla sua stessa università. Si parla di una città, Matera, in cui l’incidenza tumorale, dopo decenni di scempi ambientali, fra cui il nuovo inceneritore dell’Italcementi, è fra le più alte d’Italia.

La città si è sì conquistata il titolo di Capitale della Cultura 2019, ma gli entusiasmi sono già scemati. La disoccupazione, nonostante il turismo di massa che la sta cambiando radicalmente, è altissima. I grandi guadagni della rilanciata visibilità si stanno dirigendo nelle tasche dei soliti noti, costruttori ed imprenditori. L’offerta culturale, calato il sipario improvvisato per lusingare i commissari europei che dovevano incoronarla, è calata drasticamente. Nemmeno lo sperato collegamento con la rete nazionale delle Ferrovie dello Stato si farà: la gestione profit-oriented di un ente pubblico non lo ritiene economicamente appetibile. La stazione, inaugurata senza treni né binari anni or sono, rimarrà l’ennesima incompiuta colata di cemento in campagna di cui nessuno pagherà la colpa. L’unico effetto immediato nelle tasche dei cittadini è l’aumento dei prezzi al consumo e degli immobili nel centro e nei Sassi, “da vergogna d’Italia a capitale della cultura”, con la conseguenza che i materani ne sono sempre più esclusi.

Ci sembra evidente che perseguire un paio di “insudiciosi” che denunciano con una bomboletta queste dinamiche e mostrano l’irrequietudine delle classi meno abbienti sia un atto puramente politico. I media locali fanno la loro parte fomentando le masse; la Polizia segue, garantendosi applausi gratuiti e assestando qualche colpo alle poche voci fuori dal coro. Come si può pompare un turismo usa e getta se, come pare sia già accaduto in questi giorni, il visitatore inizia a farsi domande, se non a storcere il naso per la foto sporca come i muri? D’altronde è piuttosto evidente come non ci sia nessuna levata di scudi quando le scritte non sono politiche e se soprattutto compaiono nelle periferie, aree più difficilmente capitalizzabili ed in cui il degrado, sistemico, è di tutt’altra specie e causa di ben più potenti autori.