I momenti più emozionanti e più attesi dell’appuntamento torinese del 12 ottobre per prepararsi alla riapertura del processo in appello per il defunto compressore, con la riproposizione dell’accusa di terrorismo sostenuta dal PG Maddalena, sono stati quelli durante i quali le voci emozionate ed emozionanti dei compagni hanno diffuso quel coraggio e quella forza che in questi due anni hanno sempre dimostrato di saper mantenere e, paradossalmente, diffondere.
“Dovranno fare i conti con la grande compattezza di tutti quelli che prendono parte a questa lotta contro questa folle accusa di terrorismo, perché c’è stata un’enorme solidarietà nei nostri confronti e nei confronti di questa lotta”, dicono gli imputati, che sull’entrata di Maddalena ribadiscono che “sono uomini di Stato che difendono lo Stato, e lo fanno fino in fondo”. Niente da stupirsi, insomma. Ma l’emozione è tanta, quando il discorso entra nel personale: “Il carcere ti toglie l’umanità, diventi un oggetto che viene preso da una parte, chiuso in un box e spostato in un altro, invece la grande solidarietà che c’è sempre stata ci ha ricordato continuamente la nostra umanità e non ha permesso al carcere di scalfirla”.
Applauso, un lungo ed emozionante applauso.
Stanno bene, nonostante i due anni di privazione anche totale della libertà. Sono forti e determinati, Chiara, Claudio, Niccolò e Mattia.
Non si aspettavano la riproposizione dell’accusa di terrorismo ma conoscono bene l’iter che ha portato alla definizione del fantomatico 270-sexies e ne evidenziano l’utilità dello strumento a disposizione della magistratura per affrontare in aule di tribunali questioni sociali forti, “già ridotte al rango di problemi di ordine pubblico”, usando così norme che possono essere utili per gestire con un clima di guerra un conflitto che, per sua natura, è invece sociale, norme che sono state concepite per un “nemico esterno” che potenzialmente minacciava l’Europa e che vengono invece utilizzate per “nemici interni” che mettono a rischio la tenuta dello Stato, da dentro. [ Qui un approfondimento sul nuovo DL antiterrorismo ]
Una militarizzazione sempre più diffusa che risponde alla necessità di tutelare interessi forti in maniera forte, c’è l’esigenza di creare nuovi strumenti repressivi ed è qualcosa che dobbiamo ostacolare, nelle aule e non solo, perché le conseguenze ricadranno in futuro su chiunque si trovasse nella condizione di far valere i propri diritti, di difenderli e lottare contro eventuali decisioni dello Stato.
Una lucida analisi, con una conclusione importante: “In questo processo d’appello noi abbiamo già detto che c’eravamo quella notte, l’abbiamo detto chiaro e tondo e siamo contenti di averlo detto”, che ci riporta alla bellissima dichiarazione spontanea di Chiara: “C’ero quella notte, ne sono fiera e felice”.
Affermazione che, probabilmente, ha contribuito alla forzatura evidente nella AssembleaTO12ocondanna alla Sorveglianza speciale che sconterà al termine di questa pena. “Devono decidere qual è la pena, e faranno in modo che sia la più alta possibile perché hanno bisogno di dismisure”. Insomma, la sproporzione tra il fatto e la pena è quella che dovrà in qualche modo fermarci, farci riflettere, farci capire che se anche crediamo di essere nel giusto non ne vale la pena, perché c’è un prezzo troppo alto da pagare e questa percezione è quella che vogliono diffondere anche solo costruendo nuovamente il processo con la riproposizione dell’accusa di terrorismo, rimettendolo nella cornice più adatta, l’aula bunker, e giocandosi l’asso con la figura del procuratore generale Maddalena.
Questo è quanto vogliono ottenere, ma è sull’ultima frase che scatta l’applauso più sentito… “Non so cosa ne sarà domani o tra sei mesi, ma so per certo che nei due anni che mi lascio alle spalle, due anni di privazione della libertà, in nessun momento, neanche in quelli più bui, ho messo in dubbio che ne valesse la pena, mai. Dovremmo abbracciarci ancora nei boschi, magari in Clarea, guardarci negli occhi e dire che ne vale ancora la pena e se riusciremo a fare questo vinceremo una battaglia importantissima!”.
A giudicare da questi interventi loro la battaglia l’hanno già vinta.
Ora tocca a noi.
La solidarietà ha mille forme, cominciamo dall’abbraccio che daremo a Chiara, Claudio, Niccolò e Mattia giovedì 15 ottobre dalle ore 9:00 in aula bunker. E trasformiamo quel grigio luogo in una grande festa.
Ci vediamo il 15.
Tratto da TGMaddalena.it