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Processo Uva: La psichiatra afferma che Beppe aveva lividi in faccia e che voleva denunciare i carabinieri

La psichiatra Enrica Finazzi parlò per un’ora con il paziente, prima che morisse. E’ indagata per omicidio colposo, ma ha depositato una memoria difensiva in vista dell’udienza preliminare. Afferma che Beppe aveva lividi in faccia e che voleva denunciare i carabinieri

Giuseppe Uva disse alla psichiatra, in pronto soccorso, di essere stato picchiato nella caserma dei carabinieri e aggiunse che avrebbe denunciato le forze dell’ordine. Lo riferisce Enrica Finazzi, il medico che quella mattina, il 15 giugno del 2008, fu chiamata per assistere l’operaio, sottoposto a un tso, e a cui somministrò una flebo e dei tranquillanti. E’ per questi interventi che la dottoressa è stata indagata per omicidio colposo (il mix tra farmaci e lo stato etilico del paziente avrebbe causato lo choc). Un‘accusa che respinge in toto, anche sulla scorta dei risultato della perizia ordinata dal giudice Orazio Muscato al processo nei confronti del primo medico indagato, Carlo Fraticelli, che ha definito le quantità di sedativi somministrate a Giuseppe Uva “subterapeutiche” e cioè in quantità tali da non poter causare la morte dell’uomo.
Le dichiarazioni della psichiatra che quella notte era in turno sono state scritte dal suo avvocato, Marina Curzio, in una memoria difensiva di 7 pagine, depositata all’ufficio gip del tribunale di Varese, nella quale la donna chiarisce tutte le fasi del suo intervento. Il 22 marzo dovrà comparire di fronte al gup per l’udienza preliminare.
«Uva era molto rivendicativo nei confronti del personale del 118 che diceva era stato poco gentile – scrive in sostanza – e così anche nei confronti delle forze dell’ordine che accusava di averlo picchiato. Si riservava quindi di denunciarli. Aveva la fronte e il naso visibilmente tumefatti. Parlammo per un’ora, mi diede il numero della sorella, che chiamai. Si sentì rassicurato si fece convincere a fare un’iniezione di sedativo».
Questa è in sintesi la sua ricostruzione. E’ la parola di Uva contro quella dei carabinieri e poliziotti che affermano di non averlo mai picchiato. La testimonianza della dottoressa Finazzi – che è parte in causa – non è decisiva, ma è lo stesso interessante perché rivela come Beppe Uva fosse arrabbiatissimo per quello che gli era accaduto la notte prima. Inoltre la dottoressa conferma avesse dei lividi evidenti e li attribuisse alle botte delle forze dell’ordine.
La difesa del terzo medico indagato

La memoria difensiva tende a sostenere una tesi: e cioè che la psichiatra indagata somministrò quantità corrette al paziente (come sembra indicare la perizia depositata al processo attualmente in corso). Il suo compito fu quello di consentire ai medici di curare Uva. La Finazzi afferma infatti di essere giunta in pronto soccorso alle 6 e 03, chiamata per specificamente per un tso. Alle 6 e 21 vide il paziente, che era nervoso, e si divincolava da un lettino dove era tenuto con bende di contenimento troppo larghe. Gli somministrò intramuscolo del farganasse e talofen. Fece successivamente una ricerca a computer per individuare eventuali precedenti psichiatrici, che non trovò. Dopo circa tre quarti d’ora ritornò, e convinse Uva a farsi curare. Parlarono per quasi un’ora. Beppe diede alla dottoressa il numero della sorella, Lucia, che non sentiva da circa un anno. La Finazzi chiamò e riferì al paziente che la sorella sarebbe presto arrivata in ospedale, una notizia che lo rasserenò. E’ durante questo lasso di tempo che Uva raccontò del pestaggio. Prima di finire il suo intervento, la psichiatra somministrò una flebo di tavor a goccia lenta. Alle 8 e 20 staccò.
fonte Varese News

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