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La violenza di un’opinione

Il 22 febbario alcuni studenti dell’Università Bologna hanno contestato il professore Panebianco a seguito del suo discusso articolo “Noi in Libia saremo mai pronti?” sul Corriere della Sera.

Nell’editoriale Panebianco si auspica che l’Italia sviluppi un’adeguata “cultura della sicurezza” puramente militare, che ci possa proteggere dai “venti di guerra e minacce” che arrivano dal Medio Oriente.

Alcuni studenti, in disaccordo con queste idee, hanno deciso di contestare pacificamente l’autore dell’articolo durante la sua lezione all’Università. Apriti cielo! Si sono levati cori di sdegno da qualsiasi lato, da Romano Prodi a Giorgia Meloni, dal Pd all’Università stessa, da Repubblica al Corriere della Sera. Secondo queste voci l’atto degli studenti sarebbe un grave attentato alla libertà d’espressione del docente, tanto da essere paragonato da alcuni addirittura al terrorismo degli anni ’70.

Ha ragione Panebianco, e tutto il ventaglio di personaggi che in seguito l’hanno difeso, a dire che la libertà d’espressione è minata. È minata, però, quando non si permette il dibattito nelle aule del sapere su questioni di capitale importanza come un intervento bellico in un territorio già devastato dalle numerose guerre. È minata quando vengono arrestati dei docenti turchi che, assieme ad altri 6.000 insegnanti e ricercatori di tutto il mondo, firmano un appello per una svolta pacifica ripetto alla repressione turca sui curdi. È minata quando, nel silenzio assoluto di questi paladini della libertà d’espressione, a Roma, Milano, Napoli, studenti e studentesse subiscono agguati e violenze da gruppi di neofascisti.

Panebianco ha la sacrosanta libertà di esprimere ciò che vuole. Anche noi, però, la abbiamo.

Panebianco scrive sul Corriere della Sera, viene letto da mezzo milione di persone. Noi no.

Quindi cerchiamo, e abbiamo il diritto di avere, altri canali in cui esprimere le nostre opinioni. Essendo studenti universitari, il luogo in cui possiamo farlo è l’Università.

Università in cui, più che auspicarsi una svolta d’indipendenza bellica nei confronti della militarissima sorella maggiore America, bisognerebbe indagare, studiare, analizzare quanto veramente serva che l’Italia “sacrifichi” la salute delle persone a fronte della “cultura della sicurezza”. Purtroppo il nostro paese, con i suoi commerci di armi in Medio Oriente, con i suoi rapporti politici con dittatori nordafricani, che Panebianco si augura continuino, con la sua chiusura delle frontiere e le politiche d’esclusione, non aiuta affatto una soluzione pacifica dei conflitti in Medio Oriente.

Nell’articolo ci si dispiace per la perdita di influenza in questi territori, ma forse sarebbe anche ora che i paesi occidentali smettessero di cercare di esportare democrazia a forza di bombardamenti.

All’università, appunto, vorremmo che si parlasse dei bombardamenti in Siria, vorremmo che si prendesse esempio da chi davvero sta combattendo l’Isis in questo momento, cioè i curdi, vorremmo che si insegnasse che la retorica dell’odio e delle armi non può fare altro se non riprodurre se stessa. Il vero alleato dello Stato Islamico sono i terroristi europei, chi distribuisce terrore: I razzisti, gli omofobi, i partiti nazionalisti, i guerrafondai.

A chi dall’alto della sua cattedra scrive nel 2016 sul giornale più letto d’Italia che “le unificazioni politiche vanno fatte coi cannoni”, non possiamo che rispondere che noi a i cannoni ci opporremo sempre, con intelligenza e solidarietà. Continueremo a informarci e a informare, con la consapevolezza che viviamo in una complessità irriducibile a un dualismo tra cannoni e burro. Continueremo a contestare chi incita alle guerre, e poi si dimentica dei morti.

LUR – Libera Università Roma

da: liberauniversita