L’odio che produciamo torna sempre, come una legge fisica, non si distrugge. Un boomerang destinato a tornare al mittente. Senza un linguaggio dell’emancipazione rivolto a migliaia di giovani e di giovanissimi in Siria, Palestina, Iraq, come alle nostre periferie e ghetti, rimane solo il messaggio del radicalismo islamico. Un discorso che dà un posto nel mondo, una missione, agli esclusi dalle ricchezze e dal potere, così come agli esclusi dalla linea del colore e dalle politiche xenofobe di casa nostra.
Quest’odio non può in nessun modo giustificare il terrore – l’attacco contro bersagli innocenti nel cuore dell’Europa, come innocenti sono i bersagli centrati in Afghanistan, Iraq e Siria – ma è un dato di fatto che lo produce, che costituisce il bacino in cui quelle cellule crescono e si riproducono. Del resto, il nostro terrore è lo stesso terrore da cui fuggono intere popolazioni in Medio Oriente o in alcune zone dell’Africa.
Gli attentati di oggi sono l’ennesimo atto di una guerra guerreggiata che si sta combattendo sul suolo europeo da mesi, tra la Francia e il Belgio. A fare le spese dell’implacabile logica mortifera di questa guerra sono state oggi decine di persone che si recavano a lavoro, a scuola o che si preparavano a tornare a casa per le vacanze.
Dovremo ascoltare ancora la narrazione mortifera che faranno i nostri media del numero dei morti, dei feriti e delle macerie. E poi stare ancora a polemizzare su quanti attentati ci sono stati nel mondo prima di questo, non ultimo Istanbul. Dovremo ancora trovarci tra chi oppone la rivoluzione siriana alla resistenza curda del Rojava, a chi ancora pensa che il problema alla fine sono state le primavere arabe, che altro non erano che un complotto americano. Del resto, avremmo potuto avere ancora Gheddafi, che era comunque meglio. In fondo, “quando c’era lui”… Non una parola, non una riflessione sulle politiche occidentali dal Medio Oriente all’Afghanistan e sui risultati prodotti.
Nei film di fantascienza si vive sempre sotto stati autoritari che riescono a fare di tutto grazie alla scusa del terrorismo. E sembra quasi di vivere in un film di fantascienza, solo che il dolore è vero, e anche la morte. E i lutti e la paura si accumulano aprendo la strada alle solite ricette fatte di più sicurezza, più stato d’emergenza, più polizia, più esercito.
E forse vale ancora la pena ricordare che il terrorismo islamico uccide e massacra migliaia di persone prima di tutto nei paesi a maggioranza islamica. Dove la democrazia non ci può essere perché c’é troppo petrolio, secondo le migliori teorie della nostra geopolitica. E poi perché, come ben dimostrato dalla migliore antropologia, gli arabi sono i primi a farsi le guerre tra di loro. E quindi per aiutarli a casa loro, da domani ancora più bombe in Siria.
Dobbiamo fermare l’odio qui, come in Iraq, Siria, Nigeria, Palestina e nei tanti altri luoghi massacrati da guerra e terrore. Sottrarci da guerra e terrorismo. Ricostruire un linguaggio di resistenza, emancipazione e pace.
In Europa questo significa prima di tutto dire no alla guerra, ai bombardamenti umanitari, alle missioni di polizia internazionale: dobbiamo disertare le loro guerre.
Se abbiamo paura del terrorismo, dobbiamo sottrarci dal terrore. Prima di tutto il nostro terrore.
Restiamo umani.
da dinamopress