Terrorismo e libertà personali. Chi ci protegge dagli abusi della polizia?
Un centinaio di pacifisti arrestati a Place de la Bourse a Bruxelles lo scorso 2 aprile. La Francia, ancora in Stato d’Emergenza, discrimina i musulmani. La Polizia, ritenuta inadeguata nelle operazioni anti-terrorismo, usa le maniere forti per limitare libertà personali e diritto a manifestare. E’ questa la protezione che vogliamo?
Mentre la capitale europea era ancora scossa dal duplice attentato del 22 Marzo, sabato 2 aprile la polizia ha caricato decine di persone riunitesi pacificamente a Place de la Bourse. Il rassemblement era stato indetto da associazioni e movimenti sociali per proteggere il luogo divenuto memoriale delle vittime del terrorismo da manifestazioni anti-islamiche indette da estremisti di destra. Già la domenica di Pasqua circa 400 hooligans avevano invaso lo spazio antistante la Bourse, spaventando i passanti e creando generale indignazione tra le persone venute a rendere omaggio alle vittime degli attacchi. Mentre si è limitata a disperdere gli hoolignas con degli idranti, la polizia belga ha utilizzato il pugno duro con i pacifisti, ricorrendo addirittura alla cavalleria per circondarli e bloccarli e arrestando oltre 70 persone, tra cui Alexis Deswaef, presidente della Ligue des Droits de l’Homme. Nelle stesse ore a Molenbeek venivano arrestati una trentina di adolescenti, tutti giovanissimi, riunitisi per proteggere il quartiere dall’arrivo di un gruppuscolo di neo-fascisti pronti ad una manifestazione contro i musulmani.
Sotto accusa per le enormi falle nei sistemi di intelligence e di coordinamento internazionale, la polizia belga mostra i muscoli in modo inappropriato, cercando di punire proprio quelle forze sociali impegnate a facilitare la convivenza su un territorio ‘caldo’ come quello di Bruxelles. Il ricorso a metodi sproporzionati e violenti, giustificato da misure di sicurezza eccezionali, non è una ricetta esclusivamente belga. In Francia, dove lo Stato di Emergenza dichiarato dopo gli attacchi di Parigi è stato prorogato fino al 26 maggio, alla polizia è permesso effettuare perquisizioni a domicilio, con irruzioni notturne, senza l’approvazione del tribunale giudiziario. Come denunciato dal New York Times, moltissime persone si trovano agli arresti domiciliari o sottoposte ad obbligo di firma presso le stazioni di polizia anche quattro volte al giorno, senza che sia provata la relazione con network djihadisti. La semplice frequentazione di una moschea può risultare sufficiente per essere sottoposti a misure restrittive della libertà personale. Tutte le persone sottoposte a queste misure sono musulmani. L’elemento discriminatorio, basato sull’appartenenza etnico-religiosa, non fa altro che incrementare la tensione nella comunità musulmana.
In nome di una presunta protezione dei cittadini i Governi stanno esercitando forti restrizioni delle libertà personali. Oggi i più colpiti sono i musulmani, parte ormai integrante del tessuto europeo, e gli attivisti. Chi saranno i prossimi ad essere presi di mira? Fino a che punto siamo disposti ad accettare vincoli ed abusi? Anziché smantellare le reti dei radicalizzati, questi provvedimenti, inutili e nocivi, finiscono con esasperare gli animi ed esacerbare i conflitti. Non è questa la protezione di cui abbiamo bisogno.
Alessia Capasso da Cafebabel Bruxelles