Nella notte fra il 2 e 3 luglio, nei pressi di Trento, la polizia locale ha sparato a un ragazzo, durante un inseguimento di quattro minorenni su un’auto rubata. Per fortuna la ferita non è grave.
Giovedì sera (7 luglio), una trentina di compagne e compagni si è trovata in piazza S. Maria. Appena è passata una volante della polizia locale, i compagni l’hanno bloccata in mezzo alla strada con uno striscione (“La polizia spara, fermiamola”). Durante il blocco, interventi al megafono e volantinaggio. Dopo un po’, si lasciavano passare gli altri mezzi continuando a fermare quello della polizia locale (gli agenti a bordo senza nemmeno fiatare, con i compagni intorno). Anche polizia e carabinieri arrivati dopo circa una quarto d’ora hanno mantenuto un profilo molto basso, a distanza. Buona attenzione tra la gente. Il blocco si è trasformato in un piccolo corteo, con interventi e scritte sui muri.
Mentre autorità e stampa vogliono archiviare l’episodio il prima possibile, noi non scordiamo nulla.
Di seguito il volantino distribuito:
POLIZIA LOCALE
PIOMBO STATALE
Difendiamoci dai difensori
Mentre negli Stati Uniti un altro poliziotto ammazza a bruciapelo l’ennesimo afromericano, i pistoleri in divisa girano anche a Trento.
Quello che è successo al Bus de Vela, nella notte fra sabato e domenica, è indicativo. Quattro ragazzini fuggono dalla polizia locale su un’auto (risultata poi rubata). L’auto si rovescia, due ragazzi scappano nel bosco. Un poliziotto locale li insegue, spara e colpisce uno dei due minorenni al gluteo, trapassandogli la gamba.
Tra difese d’ufficio e versioni da affidare ai giornali, ne esce un ricostruzione che sfida ogni intelligenza, ma non la storia delle forze dell’ordine. Così come il colpo di pistola sparato dal carabiniere Placanica, durante il G8 di Genova nel 2001, sarebbe stato deviato da un cornicione prima di centrare e ammazzare Carlo Giuliani, anche in questo caso assistiamo alle traiettorie balistiche più stupefacenti: il proiettile sarebbe rimbalzato su un sasso prima di colpire il ragazzo. E la cosiddetta legittima difesa viene così reinterpretata dal comandante della polizia locale: il ragazzo in fuga era “aggressivo” e il protocollo prevede che per avvertimento si spari… per terra.
Dopo Federico Aldrovandi, dopo Stefano Cucchi, dopo Marcello Lonzi, dopo Riccardo Rasman (quest’ultimo soffocato a Trieste proprio da quattro poliziotti locali), si è sfiorato un nuovo omicidio di Stato.
La polizia locale è da tempo un corpo armato come tutti gli altri; come tutti gli altri partecipa alle retate nei quartieri, agli sgomberi di case e spazi occupati, alle deportazioni di chi non ha i documenti. Come tutti gli altri difende innanzitutto se stesso e le proprie gerarchie. La sicurezza che tutela è quella dell’autorità e del privilegio.
Mentre si leggono solo frasi ingiuriose verso i ragazzi che hanno rubato l’auto, per il poliziotto che ha sparato, invece, difese e giustificazioni (quando non il vigliacco rammarico che non abbia mirato più in alto). Che schifo.
Quella che simili episodi possano capitare soltanto ai “cattivi”, tra l’altro, è una confortevole illusione. A volte basta solo un’animata discussione con qualche servitore dello Stato per subirne le ritorsioni, più o meno violente. Quando si ha un’arma d’ordinanza prima o poi la si usa. Il resto sono chiacchiere da giornale.
Chi non ha potere in questa società non sarà mai difeso da chi difende il potere nella società.
Non scordiamo nulla.
Autorganizziamoci contro le uniformi e la loro obbedienza assassina.
alcuni assillanti