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30 luglio 1970: scontri con i fascisti alla Ignis di Trento

1970 Ignis

A Trento, durante i primi mesi del 1970 i fascisti iniziarono a rialzare la testa: sempre più numerosi si susseguirono attentati a sedi di partito, scritte fasciste in città, aggressioni a singoli compagni, tentativi di incendio a sedi di Comitati di Quartiere, volantinaggi fuori dalle scuole.

Il 30 luglio i fascisti del Msi avevano indetto un’assemblea della Cisnal presso lo stabilimento della Ignis Gardolo, a circa 5 chilometri da Trento. Si trattava di una riunione che era già stata contestata in partenza, e che i fascisti avevano già tentato di indire in precedenza, ma che era sempre stata impedita grazie alla ferma opposizione degli altri sindacati e dei compagni.

Per questo motivo la Cisnal si era rivolta al pretore di Trento e la magistratura era intervenuta presso la Ignis imponendo che si garantisse loro la libertà di riunione.
Alla notizia di questo provvedimento il Movimento studentesco e Lotta continua avevano indetto per il 30 luglio un pomeriggio di mobilitazione davanti al tribunale; contemporaneamente un gruppo di lavoratori si era riunito spontaneamente davanti alla sala della Ignis per protestare contro l’assemblea.
Improvvisamente arrivarono davanti allo stabilimento alcune macchine, provenienti da tutta la regione, dalle quali erano discesi una trentina di fascisti, che intendevano entrare all’interno della fabbrica: questi,contrastati dagli operai, li aggrediron con catene,roncole e mazze di ferro. Le maestranze, interventue in massa,riuscirono a contrastare l’attacco fascista, ma due operai, Adriano Mattevi, 25 anni e Paolo Tenuta, 19 anni, rimasero a terra, feriti al ventre e in altre parti del corpo con numerose coltellate, mentre un altro venne portato in ospedale con il volto tumefatto.

Poco dopo gli operai riconobbero fuori dalla stessa fabbrica due esponenti del MSI, il consigliere regionale Andrea Mitolo, ex milite repubblichino, e il sindacalista della Cisnal Del Piccolo, che vennero trovati in possesso di un’ascia.
A quel punto, bloccati dagli operai, gli venne imposto di mettere le mani sopra la testa e gli venne appeso al collo un cartello con scrittoo «Siamo fascisti. Oggi abbiamo accoltellato tre operai. Questa è la nostra politica pro operaia», e vennero costretti ad aprire un corteo che si stava incamminando verso la città.
Così gli operai volevano mostrare, a chi ancora non se ne fosse accorto, la vera faccia dei fascisti, sempre pronti a fare il lavoro sporco per il padrone.

Il corteo si mosse per diverse ore e per molti chilometri nel centro di Trento e la polizia, impotente, non potè inizialmente intervenire di fronte alla rabbia degli operai, degli studenti e delle altre persone accorse in piazza dopo la diffusione della notizia.
Solo in tarda serata, con l’arrivo dei rinforzi, le forze dell’ordine riuscirono a bloccare il corteo e a liberare i due missini. (da InfoAut)

 

Trenta luglio alla Ignis

Questa mattina, davanti ai cancelli
sono arrivati trenta fascisti:

erano armati di bombe e coltelli,
questi di Borghi son gli squadristi.

Han cominciato tirando sassi

contro i compagni di un capannello;
alle proteste han risposto sparando:

tre ne han feriti con il coltello.

Noi operai gli siam corsi dietro
ma quei vigliacchi sono fuggiti,

approfittando della confusione
mentre portiamo in salvo i feriti.

Subito dopo la vile aggressione

ecco arrivare due capi fascisti;
van con la borsa dal porco padrone

a prender la paga pei loro squadristi.

Li abbiamo presto riconosciuti:
uno è Del Piccolo, quell’assassino,

e l’altro è Mitolo, capo fascista,
torturatore repubblichino.

Dentro la borsa, coi passaporti,

hanno una scure ben affilata:
questa è la prova che i due compari

la sanno lunga su come è andata.

Gli abbiamo fatto alzare le mani,
gli abbiamo messo al collo un cartello

con sopra scritto: « Siamo fascisti,
facciam politica con il coltello ».

E dalla Ignis fino in città,

mentre tremavano per la vergogna,
li abbiam portati in testa al corteo

e tutta Trento li ha messi alla gogna.

E in fin dei conti vi è andata bene,
perché alla fine della passeggiata

quella gran forca che meritate
non ce l’avete ancora trovata.

Cari compagni, quella gran forca

dovremo farla ben resistente,
per impiccarci, assieme ai fascisti,

il padron Borghi porco e fetente.

Cari compagni, quella gran forca
dovremo farla ben resistente

per impiccarci, assieme ai fascisti,
ogni padrone, porco e fetente.”