L’Italia riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo?
- agosto 10, 2016
- in migranti, testimonianze
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La testimonianza di alcune giuriste attive nella tutela e promozione dei diritti dei migranti e dei richiedenti asilo, che nei giorni scorsi svolgevano attività di volontariato a Ventimiglia.
Tra il 30 luglio ed il 4 agosto siamo state a Ventimiglia, per offrire supporto legale ai migranti. Più di 700 in quei giorni, principalmente sudanesi ma anche eritrei, etiopi, libici, ghanesi e mauritani, in attesa di attraversare il confine e raggiungere la Francia.
Il giorno del nostro arrivo siamo state accolte da Francesca e Daniela, operatrici legali per Caritas, che per tutto il mese di luglio e agosto mantengono uno sportello di supporto legale al campo, per due ore al giorno. La situazione era critica: quella mattina stessa, a seguito di una rissa, un operatore della Croce Rossa aveva chiesto l’intervento della polizia.
Da quanto ci è stato raccontato, il ragazzo, di origini sudanesi, è stato arrestato all’interno del campo, mentre era in coda per il pranzo, e portato in seguito in ospedale per le violenze subite dalla polizia. Questo episodio, scatenatosi al termine di due settimane di tensioni legate al rifiuto da parte di molti migranti di registrarsi nel campo della Croce Rossa, ha portato a una protesta spontanea della comunità sudanese che dormiva nel campo informale e all’inasprimento dei controlli della polizia (anche nei confronti di volontari e operatori legali). Per quanto riguarda i servizi offerti dal campo, bisogna registrare che due pasti al giorno sono garantiti sempre a tutti, mentre la possibilità di alloggio, o anche soltanto di avere una brandina in cui dormire, non è sempre stato assicurata a tutti i migranti registrati. Dal punto di vista logistico, infatti, a partire dal 2 agosto si è imposta la registrazione obbligatoria – compiuta attraverso l’annotazione dei nominativi accompagnati da una fotografia del soggetto – sia per poter dormire nel campo che per accedere ai pasti giornalieri. Il campo è servito da un medico, presente ogni mattina dalle 9 alle 12. Tuttavia, molti ospiti hanno criticato l’insufficienza del servizio, in quanto i migranti devono spesso stare in piedi sotto il sole per ore prima di essere visitati.
Inoltre, Caritas gestisce uno sportello legale ogni mattina dalle 11 alle 13, realizzato grazie alla collaborazione degli ospiti stessi che spesso si offrono come traduttori dal momento che la maggior parte di loro parla solo arabo.
Manca quindi la possibilità di essere curati in ogni momento del giorno e di accedere ad informazioni costanti sui propri diritti, e la possibilità di contattare un familiare nel paese di origine, a cui tutti i richiedenti asilo dovrebbero avere diritto. Manca anche un dialogo e la comunicazione agli ospiti del campo delle possibilità e dei diritti che hanno e delle regole sulla base delle quali è organizzato il campo.
Gli operatori di Croce Rossa presenti parlano con difficoltà l’inglese e soltanto due tra loro parlano arabo, mentre spicca la mancanza di mediatori culturali, formati sulla cultura e la situazione geopolitica dei paesi di provenienza dei migranti. Infine, non è presente uno sportello di supporto psicologico per le persone che, in molti casi, arrivano in Italia dopo aver affrontato situazioni di estrema gravità e violenza. Importante è, per la gestione del campo stesso ma anche per mantenere aperto il dialogo con i ragazzi, la presenza di volontari (in particolare, scout e membri del comitato “Articolo 2”), ai quali però sono state imposte, giorno dopo giorno, regole via via più severe per poter accedere al campo.
In pochi giorni di informativa legale, abbiamo parlato con molti migranti, spinti dal sogno di arrivare in Francia, in Olanda o in Inghilterra, ma soprattutto di rifarsi una vita. France, France, France. Sono sempre state le prime parole in cui ci siamo imbattute, nel momento di chiedere quali siano i bisogni dei migranti – per la maggior parte sudanesi ed eritrei, anche se abbiamo incontrato anche ciadiani, ghanesi, camerunensi e libici – che passano dal campo. Notizie dal confine, informazioni sui sentieri, sulle strade, sulle possibilità di attraversare la frontiera, sulla presenza della polizia: sono queste le domande più frequenti, che vengono ripetute come un mantra in arabo e in inglese e, come in un lunghissimo telefono senza fili, arrivano fino a noi.
Sono interrogativi a cui noi possiamo dare risposte vaghe, scontate: la polizia è ovunque, in Italia ma soprattutto in Francia, non solo al confine ma nelle principali città francesi per la rotta migratoria: Nizza, Marsiglia, Tolosa, Parigi. Una chiacchierata dopo l’altra, però, ci accorgiamo che oltre alle informazioni logistiche legato al passaggio della frontiera, è fondamentale informare le persone sulle regole che disciplinano la possibilità di chiedere asilo in Italia, in Francia o negli altri paese europei e sulle condizioni e regole del sistema di accoglienza nei differenti paesi.
Molto spesso, infatti, il desiderio di arrivare in Francia è anche dettato, oltre che da un indefinito ma solido sentimento di speranza di un futuro migliore, anche da convinzioni imprecise e notizie sul sistema di accoglienza stereotipate e monche.
In sostanza, le persone mancano della piena consapevolezza dei diritti di cui possono godere in Italia e negli altri paesi, nonché di un quadro dettagliato sulle procedure di richiesta d’asilo: ad esempio, secondo quanto previsto dal Regolamento di Dublino III (Regolamento n.604/2013) competente ad esaminare la domanda di protezione internazionale è lo Stato di primo ingresso, anche in caso di ingresso irregolare.
La responsabilità dello Stato, tuttavia, cessa 12 mesi dopo l’attraversamento della prima frontiera e, se viene accertato che il migrante ha soggiornato per un periodo continuato di almeno cinque mesi in uno Stato membro prima di presentare domanda di protezione internazionale, detto Stato membro è competente per l’esame della domanda (Articolo 13 del Regolamento).
Tale situazione è precisamente quella in cui si trovavano tutti i migranti presenti al campo di Ventimiglia: costretti a lasciare le impronte in Italia, a titolo di prova del loro primo ingresso in tale paese, la possibilità di chiedere asilo in Francia o in altri paesi europei si concretizza soltanto dopo un anno e la dimostrazione della loro residenza effettiva per 5 mesi nel Paese in cui intendono presentare la domanda di asilo. Tale informazione è essenziale per tutti i migranti che intendono passare il confine, in quanto la richiesta di asilo antecedente ai 12 mesi comporterebbe il loro trasferimento in Italia. Altrettanto rilevanti sono le disposizioni del Regolamento di Dublino che regolano la richiesta di asilo in caso di vincoli familiari (che può permettere al familiare di chi abbia già richiesto l’asilo in un Paese di trasferire la propria domanda allo stesso Paese) e sulla tutela dei minori non accompagnati, dal momento che ne abbiamo incontrati diversi nel campo.
Il tentativo che abbiamo fatto in questi giorni di fornire ai migranti tutte le informazioni necessarie perché la loro scelta di esercitare il diritto della libertà di movimento e di attraversamento della frontiera sia il più possibile libera, ci ha fatto capire quanto sia importante la presenza di un presidio fisso e permanente volto all’informativa e all’assistenza legale nel campo. Una conoscenza completa e consapevole dei propri diritti e delle proprie possibilità, ma anche delle norme che regolano il sistema di asilo in Europea, è un aspetto essenziale della libertà che spesso viene rivendicata per i richiedenti asilo in Europa: accanto alla libertà di circolazione, ci sembra quindi importantissimo che venga garantita la libertà di compiere una scelta consapevole riguardo al proprio futuro. Questo comprendere anche la conoscenza dei sistemi di asilo e del funzionamento dell’accoglienza, dalla disciplina dei centri e dei programmi per i richiedenti asilo, all’accesso al lavoro e alle tempistiche e costi delle procedure.
Nei cinque giorni trascorsi a Ventimiglia, abbiamo conosciuto tante persone, storie di guerra e di speranza in un futuro migliore. Migranti che hanno attraversato deserti e rischiato la vita su una barca sovraffollata, e che non verranno certo convinti dalle minacce della polizia a rinunciare al sogno di arrivare in Francia, di avere un lavoro, una famiglia, una casa e documenti in regola. In questi giorni abbiamo anche capito l’importanza di essere consapevoli dei propri diritti, e di come esercitarli. Abbiamo visto l’espressione attenta di tutti i visi che ci circondavano ogni volta che iniziavamo a spiegare la procedura per richiedere l’asilo in Italia, la situazione reale in Francia, il regolamento di Dublino.
Abbiamo visto migranti aiutarci a tradurre, a diffondere informazioni essenziali che magari non faranno cambiare idea a nessuno, ma almeno faranno partire persone informate, consapevoli dei rischi e dei loro diritti. Ritorniamo a Torino, con la speranza che le poche informazioni fornite contrastino, almeno in parte, il passaparola che fa della Francia il paese dei sogni, dove i richiedenti asilo ricevono un computer, una casa, un lavoro. E, soprattutto, con la speranza che la conoscenza, l’informazione, una cultura improntata al rispetto dei diritti fondamentali contrastino, almeno in parte, la paura, l’ignoranza, l’egoismo che ci spingono ogni giorno a chiudere le frontiere, a vedere i migranti come un pericolo, a considerare il rispetto dei loro diritti come un favore.
Eleonora Celoria, Marta Gionco, Clara Nieloud, Laura Olivero, Maddalena Schiavone . studentesse e neolaureate in Giurisprudenza all’Università degli Studi di Torino