Morti di Stato – Se io esco e uccido a qualcuno “è cos’e nient…”
- gennaio 24, 2017
- in malapolizia, riflessioni
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R.I.P. – Riposa In Pace – è il saluto in preghiera per i morti che oggi, ai tempi dei social e di un dolore quasi ostentato, campeggia ovunque.
Ma non c’è pace senza verità per i “morti di Stato“, né riposo senza che sia giustizia per i loro familiari, tanti impavidi e dolenti “Davide” davanti alla piccolezza di uno Stato / Golia.
I primi, comunque, non indietreggiano, vanno avanti contro l’oblio degli anni e i tentativi di insabbiare o infangare la realtà dei fatti.
Non ostentano il dolore, che viene ingoiato amaramente, a piccole dosi, per non lasciarsi sopraffare; che viene trasformato non in veleno di rabbia, ma in azioni, in gesti di resistenza.
Resistere trova linfa nel non cedere davanti ad una “pubblica verità”, che rischia di seppellire i morti sotto una terra non lieve.
Sono tante le croci piantate; sono pesanti quelle che piegano le spalle di coloro che lottano affinché sia fatta giustizia.
Chini sotto il peso del dolore, ma a testa alta.
È stato ucciso Riccardo Rasman, trentenne triestino e disabile psichico da tre poliziotti che nel settembre del 2006 fanno irruzione nel suo appartamento.
Caviglie e polsi legati col fil di ferro, imbavagliato e picchiato a sangue.
Morirà per asfissia posturale.
Muore, ancora, nel 2011, con una condanna a 6 mesi con condizionale per i tre agenti responsabili del pestaggio. Assolta la quarta poliziotta che pure fu presente.
Muore Riccardo nelle parole sprezzanti dell’avvocato di Stato: “un peso per la collettività“.
Muore per asfissia posturale, l’anno precedente, Federico Aldrovandi.
“Il corpo riverso a terra, prono, con le mani ammanettate dietro la schiena.”
Ferrara si sveglia con un figlio in meno e qualche ombra in più.
Tre anni e mezzo di carcere per i poliziotti, ridotti a sei mesi per indulto.
“È stato morto un ragazzo” è il docufilm che tenta di far luce nelle ombre e nelle coscienze sopite.
Uno Stato senza vita, morto in umanità è quello delle dichiarazioni di Giovanardi: “Ma quale sangue, è un cuscino“, riferendosi alla foto del giovane scattata all’obitorio e mostrata dalla madre Patrizia Moretti; lo Stato degli applausi, nel 2014, durante il congresso nazionale del Sap, il sindacato autonomo di polizia o del ‘sit in’ sotto l’ufficio della donna, per manifestare solidarietà ai poliziotti condannati.
“Muore lentamente …” parafrasando noti versi, lo Stato dalle mani pesanti e dalla parola vile che, dietro scrivanie lucide e ben spolverate, diffonde la notizia mostruosa di un ragazzo, Federico, “alto due metri per 90 kg, tossicodipendente, con la schiuma che gli usciva dalla bocca”
Chi è il mostro? Nelle morti di Marcello Lonzi, 30 anni, detenuto per furto nel carcere di Livorno, di Aldo Bianzino, falegname quarantenne, nel carcere “Capanne” di Perugia per coltivazione di marijuana, di Manuel Eliantonio, 22 anni, nel carcere Marassi di Genova per resistenza a pubblico ufficiale, di Stefano Cucchi, 31 anni, nel reparto detentivo dell’ospedale Sandro Pertini, di Simone La Penna, 32 anni, nel carcere di Regina Coeli per detenzione di stupefacenti.
Qui indagati e condannati due medici.
Indagato per omicidio colposo anche un altro camice bianco per il decesso di Riccardo Boccaletti, malato di cuore, nel carcere di Velletri.
Marcello, Aldo, Manuel, Simone, Riccardo, Stefano erano rei, non dei crimini che li avevano condotti in carcere, ma per essere finiti dalla parte sbagliata: quella che priva un uomo di ogni dignità e difesa, l’altro di ogni umanità.
Al di là e al di qua di una grata, la verità non sta nel mezzo, giace incarcerata, nell’angolo di una cella, sugli ematomi, sulle ferite di corpi senza vita e senza storia in attesa che qualcuno vi legga la storia nella sua interezza e violenza.
Ci vuol coraggio.
Ci vuol coraggio a dire: “È stato un errore” a premere il grilletto, a sparare i colpi che uccideranno, nel 1989, a Palermo e, nel 2014, a Napoli, a soli sedici anni, Stefano Consiglio e Davide Bifolco. Nel 2007, nel capoluogo campano un proiettile ucciderà Pasquale Guadagno, e anni dopo la stessa sorte toccherà ad Antonio Mannalà.
Stessa morte a 28 anni per Gabriele Sandri, tifoso biancoazzurro.
Un solo colpo sparato ad altezza uomo, fatale, tronca un’altra vita. L’uomo è Dino Budroni. L’agente che segnerà il suo destino sarà assolto in primo grado.
Coraggio. Magari non ci vuol niente.
“Se io esco ed uccido qualcuno, è cosa e niente“. Recitava Eduardo De Filippo.
Varese, escono in otto in una notte di giugno, due carabinieri e sei poliziotti, per Giuseppe Uva e un amico segnalati perché ubriachi. Dalla caserma, Giuseppe Uva verrà portato nell’ospedale psichiatrico dell’ospedale, con TSO, e non ne uscirà vivo.
Anni dopo, tra vicissitudini giudiziarie e la lentezza delle indagini, la Corte di Assise di Varese si pronuncia a favore dei sei “assolti perché il fatto non sussiste.“
Stessa assoluzione anche per i quattro poliziotti imputati per omicidio pretereintenzionale e falso in atto pubblico di Michele Ferrulli, deceduto a Milano mentre era in stato di fermo.
Per Riccardo Magherini, ex calciatore fiorentino, sono tre i carabinieri condannati per omicidio, che una sera di marzo “lo hanno accerchiato, portato in ginocchio e buttato a terra […] saliti sopra fino ad averlo schiacciato”. Riferirà un testimone.
Si esce di senno per chi perde in questo modo un figlio, un compagno, un fratello. O si acquista una inaspettata forza affinché trovi la parola chi quella parola non può più gridarla.
Le parole sono in quelle foto post mortem mostrate con rispetto e dignità. Senza quelle foto non si solleverebbero polvere e orrore e le scrivanie di uomini in divisa rimarrebbero ben lucide.
Di sporco resta, altrove, una macchia più profonda che segna la vittima come drogata, violenta, pericolosa. E la condanna all’oblio.
Ci vuol fiato e forza per soffiare, per far riaffiorare la verità.
I mostri esistono. Ora li vedete?
Fatima Mutarelli
cosa fare? Vendicarsi e vendicare…….perchè non mettere insieme vecchietti come me (81) con nulla da perdere per iniziare una vendetta totale? Li conosciamo, sappiamo dove abitano, (manual de la gerrilla urbana …Che)…non abbiamo armi…una bottiglia di benzina fa più danno di un mitra….sveglia e passiamo all’azione…..HLVS
Buongiorno vecchietto di 86 anni con nulla da perdere…sei ancora vivo??
Mauro Guerra
Giuseppe Turrisi
Massimo Casalnuovo