Carcere di Ivrea, il Garante dei detenuti conferma: ci sono le celle “lisce”
Dopo l’ispezione di novembre, pubblicato il rapporto choc sulle condizioni dei detenuti nel carcere piemontese
Nella notte tra il 25 e il 26 del mese di ottobre dello scorso anno, nel carcere di Ivrea, gli agenti penitenziari avrebbero usato violenza indiscriminata e utilizzato la cella liscia chiamata “l’acquario”.
A fine ottobre, Paolo Matteo, un detenuto ha inviato la lettera al sito Infoaut. A fine novembre la delegazione del Garante nazionale dei detenuti ha compiuto una visita alla Casa circondariale di Ivrea. La visita, effettuata da Emilia Rossi, componente del collegio del Garante, insieme a Bruno Mellano, Garante regionale del Piemonte, è stata effettuata per verificare l’attendibilità della denuncia. Proprio per l’ufficialità dell’istituto stesso del Garante, la delegazione aveva potuto verificare la documentazione dei fatti, parlare con il personale e con i detenuti, visionare e valutare lo stato dei luoghi.
«Senza entrare nel merito degli accertamenti della Procura – spiega Emilia Rossi riassumendo il rapporto reso pubblico ieri – i due aspetti più inquietanti sono: la presenza di due celle di contenimento – una denominata “cella liscia” dallo stesso personale dell’Istituto, l’altra chiamata “acquario” dai detenuti – che oltre ad essere in condizioni strutturali e igieniche molto al disotto dei limiti di accettabilità nel rispetto della dignità dell’essere umano e di integrare una violazione dei più elementari diritti delle persone detenute, costituiscono un elemento che accresce la tensione presente nell’Istituto. Il secondo aspetto segnalato riguarda l’assenza da oltre quattro anni di un comandante della Polizia penitenziaria stabilmente assegnato alla Casa circondariale. Questo elemento può, verosimilmente, contribuire al frequente riproporsi delle conflittualità segnalate».
Il Garante fa sapere che – per la sua caratteristica istituzionale che gli consente di entrare nei luoghi, parlare col personale, verificare le situazioni – oltre a sottolineare la collaborazione ricevuta, ha chiesto tuttavia che si metta fine alla “sottovalutazione” della situazione da parte della Direzione dell’istituto e ha stigmatizzato «la mancanza di ricerca di soluzioni diverse dal ricorrente trasferimento in altre strutture delle persone detenute di difficile gestione» . Nel rapporto si apprende che la delegazione, nel corso della visita, ha potuto effettuare i controlli nei reparti interessati dalla denuncia: dalla cella di isolamento alla sala d’attesa dell’infermeria, collocata al piano terra lungo lo stesso corridoio al fondo del quale è posta la sezione isolamento, dove secondo la denuncia dei detenuti si rinchiudono e si puniscono le persone irrequiete da contenere. Nel rapporto il Garante annota che quanto verificato nel corso della visita «ha reso oggettivo riscontro alle denunce e alle segnalazioni, quantomeno in ordine agli elementi di natura materiale e strutturale». Interessante è il riscontro non solo della cella liscia denominata “L’acquario”, ma anche di una seconda cella di isolamento situata nel reparto infermeria fornita soltanto di un letto collocato al centro della stanza, ancorato al pavimento, dotato del solo materasso, peraltro strappato e fuori temine di scadenza.
Inoltre il termosifone risultava freddo e alle richieste di spiegazione della Garante Emilia Rossi, la polizia penitenziaria ha risposto verificando che effettivamente erano chiusi dall’esterno i condotti dell’acqua. Gli assistenti di polizia penitenziaria avevano affermato alla delegazione del Garante che quella cella non veniva utilizzata da qualche anno. In realtà subito sono stati smentiti dagli atti delle annotazioni degli eventi critici esaminati dalla delegazione. Nella relazione del vicecomandante Commissario Paolo Capra, in ordine ai fatti accaduti nella notte tra il 25 e il 26 ottobre, è riportato testualmente, infatti, che il detenuto A. N. P. A., prelevato dalla stanza numero 8 del quarto piano, «veniva condotto in infermeria e successivamente allocato in una cella priva di arredi al reparto piano terra».
Damiano Aliprandi da il dubbio