Il Tribunale di Terni condanna per associazione sovversiva 2 compagni
UNA ASSOCIAZIONE SOVVERSIVA A 2 È COME L’ACQUA CHE VA ALL’INSÙ:
È CONTRO LA REALTÀ DELLE COSE.
La conclusione per ora non può essere altro che Michele e Andrea, dopo essere stati usati per un grande spot mediatico dai ROS del Generale Ganzer (il Generale che, tutti sanno, dopo la pesante sentenza di condanna di Milano, costruiva operazioni per fare carriera), sono stati utilizzati anche per il primo esperimento, per ora riuscito, di nuova giurisprudenza politica, che fa di due ragazzi (all’atto dei fatti, ventenni), che senza disporre di nulla (armi, covi, denaro) e non avendo fatto nulla di terroristico (la stessa sentenza cancella buona parte delle accuse infondate mosse loro contro), vengono condannati quali componenti di una associazione sovversiva con finalità terroristiche.
Si possono portare mille esempi, tutti concordi, a conferma del carattere “diplomatico- politico” della sentenza (paradossalmente confermato dal fatto che, se sono terroristi, due tre anni per le nostre leggi sono una sculacciata).
Sembra quasi che abbiano dato al PM ciò che cercava: la prima condanna per associazione terrorista targata FAI, e all’opinione pubblica ciò che già sapeva: non hanno fatto niente, non sono terroristi.
Per comprendere le conseguenze di questo ossimoro politico-giudiziario, basta paragonare questa sentenza con due fatti recenti.
Il primo accadde nel 2009, quando un giovane uomo di 32 anni della periferia di Perugia, venne individuato (gli furono trovati anche i proiettili in casa) quale responsabile dell’invio di due lettere, con all’interno proiettili a firma Brigate Rosse e COOP FAI, contro il Sindaco di Assisi e il futuro Presidente della Regione.
Il giovane, per queste lettere, fu semplicemente denunciato per minacce a pubblico ufficiale, a personale amministrativo e politico.
Il pregiudizio politico contro degli Anarchici, al contrario, ha prima prodotto lunghissime carcerazioni preventive, sia per Michele che per Andrea, poi condanne per un totale di 6 anni e 4 mesi, perché “membri di una associazione terrorista da loro costituita”.
L’altro fatto è rappresentato dalle motivazioni di non rinvio a giudizio di un gruppo di anarchici di Pisa (ma ripetiamo: qualsiasi altro atto o sentenza, che si volesse prendere in considerazione in Italia, riguardante l’accusa di associazione sovversiva verso gruppi anarchici, dice sostanzialmente la stessa cosa), è un po’ lungo, ma vale la pena di leggerlo, per capire quanto sia distante la legge applicata giustamente da quella applicata ingiustamente.
L’art. 270 bis c.p. è norma diretta a proteggere l’ordinamento costituzionale italiano, talché è necessario che la finalità di terrorismo e di eversione dello Stato si ponga in modo diretto nella materialità del comportamento associativo e nell’intenzione di partecipi all’associazione: ne consegue che l’assenza di entrambi, ovvero uno degli elementi richiamati, si risolve nella mancanza della qualità dell’associazione, come configurata dall’art. 270 bis c.p..
Il reato in esame, inquadrato nella categoria dei delitti a pericolo astratto, richiede dei comportamenti idonei ad offendere in concreto il bene tutelato, pertanto la mera intenzione proclamata di sovvertire l’ordinamento dello Stato non è idonea a far ritenere sussistente la fattispecie in questione, anche nelle ipotesi in cui gli aderenti all’associazione commettano illeciti penali di natura violenta, ma di per sé inidonei a cagionare quel pericolo per l’ordinamento democratico tutelato dall’art. 270 bis c.p.
Nel caso di specie, l’esito delle indagini preliminari non consente di ricondurre la condotta degli imputati nell’alveo della norma richiamata, non soltanto perché non è teorizzato il sovvertimento dell’ordine dello Stato nei proclami e negli scritti del gruppo, ma anche perché le condotte attribuite loro – relativamente alla perpetrazione dei delitti cd fine – hanno avuto sempre di mira, sempre che se ne provasse la sussistenza, beni di natura privata o comunque appartenenti ad Enti situati in zone circoscritte, ma non certo organi, istituzioni di portata nazionale la cui incolumità e normalità di funzionamento è necessaria per la sopravvivenza dell’ordine democratico italiano.
Sotto questo profilo, lo svolgimento di un pubblico processo non potrebbe condurre verosimilmente ad una pronuncia di condanna relativamente al reato previsto dall’art. 270 bis c.p., proprio per quanto emerso dalle indagini preliminari.
La finalità del terrorismo consiste nell’incutere timore nella collettività con azioni criminose indiscriminate, miranti a scuotere la fiducia nell’ordinamento e indebolirne le strutture (Cass. sez. I 87/176946 begin_of_the_skype_highlighting 87/176946 end_of_the_skype_highlighting; si veda inoltre la decisione quadro del Consiglio dell’Unione Europea pubblicata sulla G.U. della Comunità Europea 22 giugno 2002 n° 164, che individua come compiuti ” per finalità di terrorismo” gli atti ” diretti a intimidire gravemente la popolazione o costringere indebitamente i poteri pubblici o un’organizzazione internazionale a compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi atto o destabilizzare, distruggere le strutture politiche fondamentali, costituzionali, economiche o sociali del paese” e come “reati terroristici” quelli che costituiscono attentati alla vita e all’integrità fisica, sequestri di persona, danneggiamenti di vasta portata di strutture governative, di sistemi di trasporto, di infrastrutture, di sistemi informatici, dirottamenti aerei e navali, fabbricazione, detenzione e acquisto di armi convenzionali, atomiche, chimiche e biologiche. Decisione consiglio CEE 22/6/2002 num.164 ).
Non pare che gli atti di investigazione possano ricondurre l’attività attribuita agli imputati in un ambito come quello sopra descritto.
Se infatti non può sottacersi la netta contrapposizione ideologica antistatale propugnata dagli appartenenti al gruppo, è altrettanto evidente che nei proclami e comunque negli scritti attribuiti agli imputati non si prospettano azioni contro gli organi dello Stato e risulta, per contro, che le azioni di danneggiamento asseritamente compiute dagli imputati hanno avuto di mira cose, non persone, ed hanno prodotto effetti dimostrativi o, al più, danni circoscritti ai singoli obiettivi presi di mira.
Più realisticamente, l’opposizione alle politiche governative nel campo economico-sociale attuate dagli imputati con modalità e toni che possono non essere condivisi vanno ricondotte ad un movimento dichiaratamente anarchico, ma non è fondatamente sostenibile che il gruppo si sia posto tra i suoi obiettivi quello della lotta armata per fini sovversivi, non essendo emersi dalle indagini elementi chiari ed univoci sul punto.
Per la configurabilità del reato di cui all’art. 270 bis c.p. non è necessario il compimento dei reati oggetto del programma criminoso, ma occorre comunque l’esistenza di una struttura organizzata che presenti un grado di effettività tale da rendere almeno possibile l’attuazione di tale programma e che giustifichi la valutazione legale di pericolosità, correlata all’idoneità della struttura stessa al compimento di una serie indeterminata di reati alla cui realizzazione è finalizzata la costituzione dell’associazione (Cass.sez.I.n°34989 del 10 7 2007).
Nella vicenda in esame non vi sono elementi idonei a sostenere l’accusa in giudizio relativamente all’esistenza di una struttura organizzata idonea ad attuare un progetto sovversivo: non vi è prova della disponibilità di mezzi economici proporzionati allo scopo, mentre l’uso da parte di singoli delle proprie autovetture, delle rispettive case di abitazione o di altri beni personali non costituiscono l’indice rivelatore dell’esistenza di una struttura organizzata, trattandosi piuttosto di beni nella disponibilità dei singoli, il cui impiego può aver coinvolto anche gli appartenenti al gruppo anarchico in virtù del legame ideologico che li accomuna.
Emerge per contro dalle indagini la fragilità strutturale del gruppo anarchico e la sua ridotta capacità operativa, caratteristica questa che contraddistingue i gruppi anarchici ed esclude nel caso di specie la capacità di supportare l’attuazione di un impegnativo programma criminoso, quale è rappresentato dall’eversione dell’ordine dello Stato, tenuto conto altresì dell’esiguo numero dei partecipanti, individuati semplicemente dalla frequentazione del gruppo anarchico più volte menzionato.
PIÙ CHIARO DI COSÌ!
Dopo aver assistito all’ultima azione terrorista dei due, compiuta, nell’attesa della sentenza, nei locali del tribunale, una partita a carte in concorso con ignoti, siamo ancor più convinti che la sentenza rappresenta un estremo tentativo di mantenere un qualche equilibrio tra le parti (la Verità e il Pubblico Ministero).
Ma se c’è anche un minimo della tanto invocata democrazia, da parte di chi fa appello alla Costituzione, alla Legge quando recita che l’onere della prova spetta all’accusa, e quando non ci sono prove non spetta agli accusati discolparsi (come avveniva sotto il fascismo), se c’è questo allora questa sentenza, che parla di un’associazione terrorista a 2, non potrà reggere in Appello e avrà ancora minori possibilità di sopravvivere in Cassazione.
Comitato 23 Ottobre
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