A Bologna la procura sceglie la linea durissima contro i collettivi universitari. Dopo lo sgombero a manganellate della biblioteca occupata in via Zamboni e i successivi scontri, il procuratore capo Giuseppe Amato annuncia che i suoi uffici stanno «valutando» anche l’associazione a delinquere nei confronti degli attivisti che guidano le proteste. Dichiarazioni arrivate poche ore prima del corteo di ieri degli universitari, accompagnati in piazza da una delegazione di facchini Si Cobas, da esponenti del sindacato Usb e dagli attivisti di alcuni centri sociali cittadini.
In tutto oltre mille persone hanno sfilato per il centro arrivando sotto il palazzo del Comune, in Piazza Maggiore. Lì gli studenti hanno attaccato il sindaco Merola, che aveva bollato la loro protesta come «violenta e velleitaria», i vertici dell’università che giovedì hanno chiesto alla polizia di intervenire per sgomberare la biblioteca, e la questura che ha inviato la celere con scudi e manganelli dentro uno spazio utilizzato da decine di ragazzi. Ora il Cua, il collettivo universitario autonomo che guida la protesta, lancia un appello a tutte le università italiane: «Per giovedì prossimo chiediamo una mobilitazione nazionale in solidarietà con gli studenti colpiti dalla repressione e della gestione militare in cui è sprofondata Bologna. Non è solo un problema locale – dicono gli attivisti – ma una tendenza che riguarda tutto il paese».
Quelle che si vedono in città, è invece il ragionamento del procuratore capo, «non sono manifestazioni spontanee, ma hanno una modalità organizzata e dimostrano che dietro c’è un disegno, una strategia di fondo». Da qui l’idea di scegliere, tra le tante opzioni possibili, quella dell’associazione a delinquere. Una via già imboccata in passato con gli anarchici più duri e con i comunisti dei Carc, ma che non ha premiato. Sulle proteste di questi giorni però la procura non si limita agli annunci. Per due dei tre studenti fermati nel corteo di protesta di venerdì, caricato dalla celere a due passi dalla biblioteca sgomberata, sono stati disposti gli arresti domiciliari: la prima udienza del processo sarà il 9 marzo. Amato ha fatto anche sapere di avere «aperto un fascicolo su 4-5 episodi». Si parla delle proteste contro il caro mensa, iniziate con sistematiche autoriduzioni e finite con ripetuti scontri i quando la celere è arrivata di fronte alla mensa universitaria.
Per i pm quella dei collettivi sarebbe violenza «premeditata». Mentre per Amato il comportamento delle forze dell’ordine negli scorsi giorni sarebbe stato «corretto e pertinente» perché è «legittimo rispondere duramente alla violenza».
In città non passa però in secondo piano l’originario nodo della contesa e cioè l’installazione dei tornelli nella biblioteca di italianistica. Montati dall’ateneo per tenere fuori punkabbestia e «sbandati», sono stati visti dai collettivi come una limitazione della libertà e dell’accessibilità alla biblioteca, «che non è una banca». Dopo una serie di proteste i tornelli sono stati smontati e portati in trofeo in rettorato. In risposta l’Alma Mater ha deciso la chiusura della biblioteca, occupata giovedì e poi sgomberata dalla celere. La discussione tra favorevoli e contrari al controllo degli accessi continua a tenere banco: una petizione anti-collettivi ha raccolto migliaia di firme sul web.
Sullo sgombero della biblioteca ha preso posizione la Cgil. La scelta di fare intervenire la celere, dice il sindacato, è «grave e del tutto inadeguata a risolvere il problema». La Cgil sui tornelli vuole discutere perché sono stati gli stessi lavoratori a richiedere misure di sicurezza e controlli. Ma boccia «l’approccio muscolare» che invece di risolvere i problemi «ha aggiunto ulteriore tensione».
da il manifesto