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Carceri, meno misure alternative più affollamento

Oltre un milione e centomila galline ovaiole “prigioniere” in gabbie sovraffollate ben oltre i limiti di legge sono state sequestrate dai Nas durante una serie di controlli in allevamenti del centro nord, effettuati in vista delle festività pasquali. La presenza nelle gabbie era del 50% superiore al numero di animali consentito dalle attuali normative europee.
Una situazione analoga alla condizione di vera e propria calca che si vive nelle celle delle carceri italiane, dove le persone sono stipate l’una sull’altra. 67.615 presenze registrate alla data del 28 febbraio 2011 per una capienza che sulla carta raggiunge i 45.320 ma in realtà è inferiore.
Molti sono posti fantasma. Intere sezioni, pur disponibili, restano vuote con la conseguenza che la statistica diluisce l’affollamento reale. Il dato medio falsa le condizioni ben più drammatiche che si vivono nei maggiori istituti metropolitani e nelle prigioni del Sud, dove la presenza nelle “stanze di pernottamento” (ma dove si soggiorna 20-22 ore al giorno) raggiunge tranquillamente il doppio della capienza prevista. Insomma si sta peggio delle galline ovaiole tutelate dai Nas.
Se gli stessi criteri utilizzati per i pennuti dalle uova d’oro venissero applicati agli umani, le nostre carceri chiuderebbero. Questo è il primo dato che emerge dalla elaborazione delle ultime stime, rese note dal dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, realizzato da Ristretti orizzonti, la piattaforma multimediale di cultura e informazione dal carcere promossa da detenuti ed ex detenuti della casa di reclusione Due palazzi di Padova e sostenuta dall’associazione di volontariato “Granello di Senape Padova”.
Si esce di meno e si entra di più
Altra conseguenza significativa registrata dalle cifre ufficiali è il fatto che una volta entrati in carcere non si esce, o meglio, si esce il più tardi possibile. Gli ergastolani, per esempio, restano in carcere ben oltre i 30 anni reali, che sommati ai giorni di liberazione anticipata (la buona condotta) spesso avvicinano i tetti di pena maturata a cifre da capogiro. La pena si sconta chiusi in cella fino all’ultimo giorno e chi quell’ultimo giorno non ce l’ha rischia di uscirne solo con i piedi in avanti. Il raffronto proposto tra il numero delle misure alternative applicate al 28 febbraio 2011 e quelle concesse prima che entrasse in vigore la cosiddetta legge Cirielli (251/2005 ), normativa che pone molte limitazioni alla loro applicazione nei confronti di condannati recidivi, non consente repliche.
Oggi sono in misura alternativa 16.018 persone, dei quali 8.604 in affidamento ai servizi sociali, 858 in semilibertà (tra loro gli stranieri sono soltanto 85), 6.556 in detenzione domiciliare (non quella speciale entrata a regime recentemente e utilizzabile da poche decine di persone), a cui vanno sommati i condannati a lavori di pubblica utilità (41 in tutta Italia), ammessi al lavoro esterno (423 persone). Altre 2.023 sono le persone sottoposte alla libertà vigilata e 104 alla libertà controllata.
Prima della Cirielli erano in misura alternativa: 48.195 persone nel 2003, 50.228 nel 2004 e 49.943 nel 2005. Le restrizioni della Cirielli hanno prodotto una riduzione di quasi 2/3 a fronte di un incremento della popolazione reclusa. A causa degli inasprimenti sulla recidiva e di altre norme in materia di sicurezza (tra cui l’estensione della fascia di reati ostativi o che vedono ritardata l’applicazione della Gozzini e delle misure alternative), l’esecuzione penale esterna è tornata ad essere quella dei primi anni 90, quando c’erano 20 mila detenuti in meno. 13mila persone in misura alternativa nel 1994, 15 mila l’anno successivo. L’industria della punizione gira a pieno regime.
Paolo Persichetti da Liberazione