Donne vulnerabili nel Centro di accoglienza straordinaria (Cas) gestito dalla Croce rossa. Non solo le nigeriane a rischio. E per la prima volta in 12 anni il programma regionale «anti tratta» non è stato rifinanziato
Nel campo della Croce Rossa di Settimo Torinese vivono 700 persone, la metà dorme in tenda, 6 o 7 brandine in ognuna: «La tendopoli è qualcosa che non ci piace, ma negli ultimi due anni sono transitate 30mila persone e stiamo gestendo l’emergenza da un decennio», afferma il comandante della Croce Rossa Ignazio Schintu.
78 ospiti sono donne, venti incinta: «Molte sono vittime di tratta – dice Schintu – mentre gli uomini soggiornano per 1 mese, le donne rimangono anche 3 o 4 come transitanti perché i centri a loro dedicati sono pochi». In altri hub, come quelli di Udine e Brescia, la permanenza dura anche un anno.
Una ragazza col pancione di sei mesi esce dalla tenda e si avvia al container-bagno, ce n’è uno ogni 30 persone. Il comandante Schintu dirige l’hub e sa bene i rischi che corrono le donne in strutture non protette: «Arrivavano auto da tutto il nord Italia, caricavano le ragazze e le portavano via. Alcune tornavano, altre no. I carabinieri hanno identificato quindici persone».
La tratta di donne, spesso ragazze giovanissime, vede coinvolte nella maggior parte dei casi le nigeriane, vittime di un sistema collaudato che si avvia già nel Paese d’origine. Yasmine Accardo, dell’associazione LasciateCIEntrare, ha visitato numerosi centri d’accoglienza in tutta Italia: «La tratta si sta ampliando, abbiamo notizie del coinvolgimento di ivoriane, camerunensi e ghanesi, ma anche di minori, sia maschi che femmine. Le persone vengono intercettate già allo sbarco e prelevate appena arrivano nei centri di accoglienza».
Nel container-ambulatorio, una ragazza nigeriana, sui diciotto anni, aspetta di vedere il medico. Nei Centri di accoglienza straordinaria (Cas) di Torino e provincia risiedono 389 sue connazionali, fanno sapere dalla Prefettura, un numero destinato ad aumentare dato il raddoppio degli arrivi di nigeriane nell’ultimo anno. «Il 90% è vittima di tratta – dice una dirigente -, ma finché non si dichiarano tali non possiamo fare nulla».
Nonostante l’estensione e la gravità del problema, il programma regionale anti tratta, per la prima volta dopo 12 anni, non è stato rifinanziato per problemi burocratici. La Regione Piemonte coprirà con propri fondi, fino ad aprile, una parte del progetto. Dopo tutte le associazioni che si occupano delle ragazze dovranno interrompere la loro attività.