Da sei giorni Buonaventura, la principale città della costa pacifica colombiana, è bloccata da una protesta contro il governo Santos. Uno sciopero civico, animato dalla popolazione afodiscendente ed indigena, violentemente represso dalla polizia.
La settimana scorsa a Buonaventura, 400mila abitanti e principale porto della costa pacifica colombiana nella regione Valle del Cauca, la popolazione è scesa in piazza lanciando uno sciopero civico e bloccando la città per chiedere che siano rispettati gli accordi presi con il governo che ha deciso di abbandonare il tavolo di negoziazione. Gli accordi con il governo prevedevano la costruzione di un secondo ospedale (dopo che ne era stato chiuso uno pochi mesi fa) e l’estensione dell’acquedotto, la garanzia del servizio di acqua potabile, la costruzione di nuove scuole e una serie di interventi volti all’urbanizzazione. Assieme all’implementazione di queste misure, la creazione di nuove opportunità di lavoro per la città che vanta il più importante porto colombiano (da cui passa il 50 per cento del commercio estero) ma anche il 60 per cento di disoccupazione. Di quasi mezzo milione di abitanti, l’80 per cento si trova sotto la soglia di povertà, mentre sono diverse centinaia le persone che si sono dovute allontanare per la violenza politica paramilitare. Come segnalato dal movimento Marcha Patriotica, si tratta di una politica strutturale da parte del governo Santos che esprime la volontà di accumulazione di ricchezza per pochi e di impoverimento per molti, nell’ambito del saccheggio delle ricchezze naturali e della assenza totale di politiche sociali.
Da sei giorni la città è bloccata, e la risposta repressiva del governo ha solo aumentato la determinazione dei manifestanti, inasprendo il conflitto: dopo i primi tre giorni di mobilitazione, alle sei del pomeriggio dello scorso 19 di maggio 2017, un operativo della polizia antisommossa ha attaccato nella città di Buonaventura la popolazione di colore, afodiscente ed indigena che stava manifestando pacificamente per il diritto alla salute, all’educazione, per la difesa della vita e del territorio. La chiamata alla solidarietà arriva attraverso diversi media indipendenti e social network e si diffonde in Colombia e in America Latina.
“Informiamo la comunità nazionale ed internazionale che in questo momento Bonaventura sta vivendo una drammatica crisi umanitaria a causa dell’attacco dello squadrone ESMAD contro la popolazione che si è mobilitata nell’ambito dello sciopero civico. In questo momento ci sono persone ferite, bambini e bambine colpite dai gas lacrimogeni e tre giovani desaparecidos”. Sono 80 gli arrestati a fine giornata, un morto e due giovanissimi in gravi condizioni per i gas lacrimogeni, mentre azioni e manifestazioni di solidarietà hanno accompagnato in diverse città del paese la lotta degli afrocolombiani della costa pacifica. Di fronte a questa situazione la popolazione si sta mobilitando difendendosi sulle barricate, mentre in città si registrano saccheggi a centri commerciali e supermercati, e gli organizzatori del Paro Civico denunciano la presenza e la violenza dei paramilitari nella zona che hanno intimidito e aggredito con le armi diversi partecipanti allo sciopero . Il coprifuoco dichiarato dalla polizia che ha militarizzato la zona (sono stati inviati in totale 1500 effettivi) non ha però fermato le manifestazioni. Gli organizzatori dello sciopero chiedono una soluzione politica per affrontare questa situazione, denunciando che la repressione del governo crea solamente una spirale di violenza sempre maggiore: dal comitato per lo sciopero civico chiedono inoltre una mediazione internazionale capace di interporsi tra le forze di sicurezza e la popolazione, annunciando che le proteste non si fermeranno fino al rispetto degli accordi firmati dal governo stesso. Domani il governo ha annunciato che invierà dei delegati a negoziare, ma si è rifiutato di dichiarare, come richiesto dal comitato per lo sciopero civico, l’emergenza sociale, ecologica ed economica e le conseguenti misure eccezionali di intervento statale.
Le mobilitazioni sociali segnalano le tensioni di un paese che sta attraversando una difficile e storica fase nell’ambito del processo di Pace, ed al tempo stesso mostrano chiaramente le responsabilità dello Stato e del governo rispetto a questa situazione. La negazione ogni espressione di dissenso e l’assenza di garanzie rispetto alla possibilità di mobilitazione democratica pesano enormemente in Colombia: continua in questo modo la scia di violenza dello Stato e dei paramilitari nel pieno del processo di Pace tra le Farc e il governo colombiano, mentre in questi primi mesi del 2017 si contano già diverse decine di leader sociali e sindacali assassinati da paramilitari (in totale 146 leader sociali, politici e sindacali assassinati negli ultimi 14 mesi) Pochi giorni fa, come segnalato da Telesur, le Nazioni Unite hanno annunciato che il numero di “desplazados” in Colombia per la violenza del conflitto armato e dei paramilitari è il più alto del mondo, oltre sette milioni (più della Siria che ne avrebbe sei milioni). Le sifde della Pace riguardano molte questioni che eccedono la fine del conflitto armato, e la repressione del governo a Buonaventura (così come il rafforzamento paramilitare) dimostra quanto la situazione sia ancora estremamente violenta e difficile.
da DinamoPress