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“Ci hanno picchiato e ci hanno detto: ricordatevi di Bolzaneto”

I racconti dei ragazzi fermati dopo la manifestazione di Roma e l’udienza di convalida del fermo di polizia: sputi, calci e minacce dalle forze dell’ordineIn un articolo a firma di Carlo Bonini, La Repubblica racconta le difese di otto dei fermati dopo la manifestazione di Roma e l’udienza di convalida del fermo di polizia. I nomi: Sasha Montanini, Angelo De Matteis, Nicola Corsini, Gerardo Morsella, Federico Serra, Andrea Donato, Riccardo Li Calzi e Alice Niffoi. Ad eccezione di Gerardo, che di anni ne ha 37, laureato in fisica teorica, ricercatore universitario alla cattedra di Matematica dell’Università di Tor Vergata a Roma, hanno un’età media di 22 anni. E condividono poche cose: il capo di imputazione (resistenza pluriaggravata all’arresto); una fedina penale immacolata; ventiquattro ore di detenzione. Ecco i loro racconti:
Alice, studentessa di scienze politiche alla “Sapienza”, i capelli lisci di un nero corvino, gli occhi vispi, l’accento sardo addolcito in cinque anni da fuorisede, si accarezza l’ematoma violaceo che le gonfia lo zigomo e la palpebra destra. Sorride: «Non è qui che ho preso le manganellate. Quelle me le hanno date alla schiena e alla testa. Però mi hanno spiegato che dopo un po’ l’ematoma scende…». Le manca una scarpa da martedì («l’ho persa cadendo»). Ha fame e freddo. «Abbiamo passato la notte in via Patini, dove fanno il fotosegnalamento. Ci hanno messo in uno stanzone senza una sedia o una panca in cui hanno tenuto sempre aperte le finestre. Niente da mangiare, niente da bere». Non riesce a dimenticare le parole di quando è stata caricata sul pavimento del “cellulare” dopo l’arresto: «Ci hanno legato i polsi con le stringhe di plastica e un poliziotto ci ha detto che ci avrebbero fatto vedere cosa era successo a Bolzaneto. Finché non è arrivato un superiore che ha ordinato di non toccarci ». Anche al commissariato “Trevi” ci sono stati momenti complicati. Alice ha una smorfia di pudore: «Diciamo che non ho voglia di ripetere cosa mi ha detto uno degli agenti che ci sorvegliavano ».

Ecco le accuse e le prove fornite dalla polizia per giustificare l’arresto:
Sostengono i verbali di arresto che Alice, Sasha e Gerardo abbiano lanciato «un oggetto contundente », forse un tondino di ferro, contro i reparti di polizia schierati in via Goldoni. E che i tre, da quel momento, siano stati inseguiti fino alla cattura in piazza del Popolo. Alice spiega al Tribunale di essere stata arrestata da sola, in via del Corso, quando una carica ha travolto il cordone di studenti cui era allacciata. «Non indossavo caschi, cappucci. Avevo solo la sciarpa che mi proteggeva dal freddo». Alice spiega di aver visto per la prima volta la faccia di Sasha, come quella di Gerardo quando li hanno scaraventati sul fondo del cellulare in cui lei era già ammanettata. E Gerardo conferma. Lui, l’hanno acciuffato sul lato di piazza del Popolo che dà su piazzale Flaminio, mentre provava a ripararsi dalle cariche. A quasi un chilometro di distanza dal punto in cui avrebbe tirato il tondino che giura di non aver mai afferrato. «Davvero lo hanno inseguito o al contrario lo hanno rastrellato in mezzo a una moltitudine?», chiede il suo avvocato. Riccardo Li Calzi, palermitano e studente fuori sede a Bologna, è accusato di aver «selvaggiamente resistito all’arresto». Trasecola. Ha dei punti in testa e il mignolo fratturato. Giura di essere stato preso alle spalle da una carica in via del Corso. Che di «selvaggio» c’è stato solo l’accanimento di uno sfollagente sulla sua testa, mentre era ormai sull’asfalto. Il Tribunale lo ascolta perplesso. Finché l’avvocato Francesco Romeo non mostra su un notebook un video pescato su “You tube” (“La Polizia si accanisce sui manif e s t a n t i ”)  Riccardo si distingue rannicchiato in posizione fetale. Non ha il volto coperto. Implora di non colpirlo ancora, mentre tenta di salvare gli occhiali che stringe nella mano sinistra. Il Tribunale acquisisce le immagini.

Infine, c’è il racconto di un ragazzo che ha preso uno sputo da un poliziotto:
Anche Angelo De Matteis non si riconosce nella descrizione del brogliaccio di arresto che lo accusa di resistenza. È uno studente barese di lingue. Ha un bendaggio sulla testa che copre i tre punti che suturano la ferita aperta dallo sfollagente che lo ha abbattuto davanti alla saracinesca di un negozio di via del Corso, cui aveva bussato, implorando di aprire, quando le cariche erano cominciate. «Ricordo questo poliziotto corpulento con la maschera antigas e un braccio grande come la mia gamba che continuava a darmele. Ricordo anche che mi hanno sputato». Aggiunge: «In piazza non ho fatto niente. Non ho tirato neanche una carta per terra. E so che in piazza ci tornerò. Questa volta in mutande e a mani alzate, così vediamo».