Primo rapporto del garante nazionale, Mauro Palma, dopo le visite nelle strutture. Le condizioni materiali e igieniche nella maggior parte dei casi sono carenti e bisognose di inteventi urgenti di risanamento, ristrutturazione e manutenzione
Pubblicato il primo rapporto tematico del Garante nazionale Mauro Palma sui Centri per gli immigrati. Sono stati riscontrati criticità al livello strutturale, categorie vulnerabili poco tutelate come i minori e donne in stato di gravidanza, troppa limitazione di acceso ai giornalisti e al mondo associativo, “limbo giuridico” degli Hotspot, la promiscuità nei Centri tra migranti irregolari e migranti provenienti da circuiti criminali, presenza non giustificata dei carabinieri all’interno del Cie di Ponte Galeria, vicino Roma.
Sono questi alcuni degli aspetti critici emersi dalla visita del Garante Nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale in tutti i centri per l’identificazione e l’espulsione dei migranti irregolari ( ora Cpr) e negli Hotspot. Il rapporto è il frutto di oltre un anno di lavoro di monitoraggio realizzato dal Garante dall’inizio della sua attività ( marzo 2016) a oggi sulla privazione della libertà dei migranti, ma anche su quelle situazioni in cui de facto sussistono forti limitazioni alla libertà di movimento dei migranti come negli Hotspot.
Sono stati visitati tutti i Cie ( Brindisi, Roma – Ponte Galeria, Caltanissetta e Torino) e tutti gli Hotspot ( Trapani, Lampedusa, Pozzallo e Taranto). In quest’ultimi le condizioni materiali e igieniche delle strutture visitate sono risultate nella maggior parte dei casi carenti e bisognose di interventi urgenti di risanamento, ristrutturazione e manutenzione anche per quanto riguarda gli arredi, le suppellettili e le relative forniture.
In diverse strutture, inoltre, c’è carenza di attività comuni e luoghi di culto. Ciò va contro il regolamento unico dei Cie che prevede l’organizzazione di attività ricreative, sociali e religiose in spazi dedicati e la possibilità di avvalersi della collaborazione di soggetti esterni per la realizzazione di attività integrative, di tipo ricreativo. Durante le visite è stata rilevata una generale carenza del flusso informativo verso i cittadini stranieri trattenuti, sia per quanto riguarda la quantità delle informazioni, sia per quanto concerne l’effettiva comprensione delle comunicazioni date.
La predisposizione di mo- duli informativi cartacei nelle principali lingue quali l’inglese, il francese, lo spagnolo e l’arabo ( oltre all’italiano) non è garanzia sufficiente circa l’effettiva possibilità per il cittadino straniero di comprendere il contesto nel quale è inserito, anche in considerazione del notevole aumento del numero delle nazionalità e delle lingue parlate nell’ambito del fenomeno migratorio. Inoltre, sui cittadini trattenuti nei Cie sono pendenti procedure per le quali è necessaria una mediazione legale la cui comprensione tecnica è oltremodo resa difficoltosa dalla componente linguistica.
Alcuni cittadini stranieri con i quali il Garante Nazionale ha avuto modo di intrattenersi per brevi colloqui nel corso delle visite effettuate, sono apparsi completamente all’oscuro sulla propria condizione personale e giuridica e sono risultati bisognosi di informazioni elementari circa le prospettive e l’evoluzione del loro trattenimento presso il Cie.
Per quanto riguarda gli Hotspot, il Garante rileva una incerta disciplina giuridica essendo regolati, nello specifico, soltanto da un documento, le “procedure operative standard” ( Sop), pubblicato dal ministero dell’Interno, finalizzato a illustrare le modalità di gestione delle procedure applicabili in questi luoghi.
L’immigrato può uscire solo dopo essere stato foto- segnalato concordemente con quanto previsto dalle norme vigenti. In teoria le persone dovrebbero essere trattenute per un massimo di due giorni, ma il Garante ha riscontrato che ciò non avviene e rimangono rinchiuse per diversi giorni. Inoltre, gli Hotspot sono spesso utilizzati come strutture promiscue accogliendo cittadini stranieri già identificati presso altri centri o, addirittura, rintracciati sul territorio e destinatari di provvedimenti di espulsione.
Nel rapporto si denuncia che tali prassi, sebbene legate all’indubbia pressione migratoria a cui è sottoposta l’Italia, rischiano di creare zone d’ombra nella tutela dei diritti.
Damiano Aliprandi
da il dubbio