Oltre l’11 giugno a Bologna: Cosa sarebbe dovuto succedere, cosa è successo, cosa vorremmo succedesse ora
- giugno 20, 2017
- in lotte sociali, riflessioni
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Questo scritto non è una pallida lamentela, né tantomeno il frutto della nostra democratica indignazione.
Conosciamo bene il vero volto del potere nelle nostre città e sappiamo come i grandi eventi siano veri e propri banchi di prova per le tecniche repressive. Non ci stupiamo quando individui in comiche divise blu ci colpiscono, deridono o insultano, né quando i loro dirigenti ci denunciano e attaccano con provvedimenti. Sappiamo che la merda per quanto la giri resta sempre merda. Per questo vogliamo partire da ciò che avremmo voluto fare domenica 11 giugno a Bologna. Sappiamo anche che un tavolo “green” di pericolosi pagliacci, con sopra un kitchissimo prato verde, resta sempre un tavolo di pericolosi pagliacci. E in una città che si tinge di verde (e il G7 ambiente è solo la punta malfatta di un iceberg molto meglio costruito) mentre si chiude e militarizza sempre più, avevamo intenzione di aprire uno spazio di libertà e di autonomia, incompatibile con i modelli che tanto piacciono all’amministrazione locale e dunque fieramente occupato ed autogestito. Lo abbiamo pensato insieme ad altre/i compagn* diverse/i ma affini, convinti della necessità di rimettere al centro questa pratica in uno scenario cittadino contraddistintosi negli ultimi anni per la frequenza degli sgomberi e la meschinità dei bandi, dei patti e delle assegnazioni.
Ci era chiarissimo fin da subito che a 2 anni dall’inizio dell’era segnata dall’arrivo del questore Coccia e della collaborazione con il PD di Merola questo passaggio sarebbe stato difficile, ciò nonostante ritenevamo necessario non smettere di pensarci e tentare. Eravamo anche consapevoli dell’enorme dispositivo repressivo schierato in campo nei giorni del vertice, ciò nonostante la sfida ci è sembrata essere all’altezza del presente e delle sue difficoltà.
Se queste valutazioni fossero corrette oppure sbagliate, questo non lo sappiamo.Ma non reagire in nessun modo allo stato di assedio di questi giorni bolognesi con elicotteri più persistenti delle zanzare e una città trasformata nella vetrina di uno zoo in cui dalle terrazzze dell’hotel Savoia (lusso un po’ dozzinale, c’è da dirlo) si può godere dello spettacolo della passività di chi si ammazza di lavoro per pagare un affitto esorbitante per poi tornare a casa magari attraversando mille check point, col dovere di mostrarsi soddisfatti perchè almeno c’è chi vigila sulla propria vita di merda, sarebbe stato più soffocante dell’aria stantia della questura.
Sappiamo che qualcosa nella pratica è andato sicuramente storto perché prima dell’ingresso di tutte e tutti noi nello stabile, la polizia ci ha prelevato a piccoli gruppi e portato in questura. Non ce ne facciamo una colpa, siamo abituat* a sbagliare, a cadere e rialzarci, pensiamo sia parte della nostra crescita e scommessa collettiva.
Ciò che conta è che da qui ha inizio un’altra storia, molto più lunga e meno affascinante.
Rinchius* dalle 8 del mattino alle 2.30 di notte nella questura di via 4 novembre, abbiamo subito un gigantesco trappolone delle forze dell’ordine conclusosi con tutti i provvedimenti di cui i giornali in questi giorni parlano compiaciuti,con qualche picco di meschinità nello sbattere in prima pagina le storie e le facce di chi ostinatamente e nonostante l’accanimento della repressione ancora non si è domato.
Questa montatura mediatica e giuridica scatenatasi di recente, sappiamo che avrà il tempo che trovano questi giochini di questure e procure, siamo contenti di avere riabbracciato i due compagni trattenuti tutta la notte in stato di arresto con una ridicola accusa di furto. Lo stato di emergenza permamente ha giustificato strumenti sempre più immediati per pacificare i territori con un tratto comune abbastanza inquietante :l’arbitrarietà completa. Che sia il colore della pelle o il rifiuto ad essere produttivi e collaborativi con la ferocia del capitalismo poliziesco,che sia l’aperta ostilità alla monetizzazione delle nostre vite o la bestemmia agli idoli del profitto,l’obiettivo è chiaro : ripulire le città dalla feccia senza padroni.
Per questo fogli di via come se piovesse in barba alla stessa legge borghese che ne circoscrive l’ambito di applicazione,fermi nella notte con accuse che sembrano tratte dalle barzellette sui carabinieri ,per portare a casa in questi giorni di gloria per la questura di bologna il bottino più alto in un campionato della merda tra questure di cui non ci avevano avvisato: vince chi la fa più sporca.
Ciò che ci rincuora invece è la complicità e solidarietà di tantissim* che dal primo momento hanno scritto, raccontato e condiviso notizie e che non hanno fatto mancare la presenza fisica ai presidi. Crediamo sia possibile individuare un motivo comune che ha spinto realtà e soggetti diversi a starci vicino in quelle ore e in questi giorni :il riconoscere possibili problemi e minacce comuni quanto traiettorie di risposta da costruire.
Che fare ora? Rinchiuderci nelle nostre case o scappare verso le spiagge che iniziano ad affollarsi? Crediamo nessuna delle due sia una risposta possibile, crediamo nonostante il caldo sia tempo di accendere ancora focolai di resistenza e passione rivoluzionaria, invadere le strade che si svuotano e riempirle di corpi, desideri e bisogni. Occorre costruire opposizione ad ogni tentativo di normalizzazione della città, dai fogli di via ai/alle compagn* alle ordinanze contro i minimarket, dalla “riqualificazione” speculativa che trasforma i quartieri popolari alla repressione delle esperienze autogestite come Xm24 fino anche ai maldestri tentativi di chiusura e spettacolarizzazione delle piazze come il Guasto Village in Piazza Verdi.
Per questo invitiamo tutte/i a una cena ricca di sorprese venerdì 23 giugno in Piazza dell’Unità dalle 19.
p.s. chi fosse interessato ad una scala a pioli usata solo una volta ,praticamente nuova, ci contatti in privato,prezzo d’occasione.
“ci sedemmo dalla parte del torto perché avevamo capito torta”