È irrintraciabile da domenica Ibrahim Metwaly Hegazy , uno dei consulenti legali egiziani della famiglia Regeni. L’avvocato era atteso a Ginevra alle Nazioni unite. Era inviato dell’Ecrf per parlare delle sparizioni forzate e dell’omicidio del ricercatore italiano.
L’avvocato si stava imbarcando su un aereo diretto a Ginevra dall’aeroporto del Cairo dove sarebbe dovuto intervenire sul tema dei diritti umani a un’assemblea delle Nazioni Unite. Dal momento in cui è stato fermato ai controlli non risulta più contattabile e non ha mai preso il volo per la Svizzera.
In quella sede Hegazy avrebbe dovuto parlare dell’omicidio di Giulio Regeni, caso che segue da vicino per la Commissione egiziana per i diritti e le libertà (Ercf), l’Ong che fornisce consulenza ai legali della famiglia del ricercatore friulano torturato e ucciso al Cairo nel 2016. E avrebbe illustrato anche l’ultimo rapporto sulle sparizioni forzate nel paese di Al Sisi pubblicato dall’Ecrf sulla propria pagina web, oscurata d’imperio dal governo egiziano il 5 settembre scorso come altri 405 siti di Ong da maggio ad oggi.
«Giulio, tappati gli occhi e non ti preoccupare, noi non ci arrendiamo», ha twittato ieri la sorella del ricercatore, Irene Regeni, commentando la notizia che è stata diffusa domenica sera dalla stessa Ecrf.
L’ultimo contatto con la famiglia, Hegazy lo ha avuto alle 8 del mattino, appena arrivato in aeroporto, poi più nulla. Dopo aver contattato le autorità aeroportuali di Ginevra, riferisce l’agenzia indipendente egiziana Mada Masr, i familiari dell’avvocato egiziano si sono convinti che la sparizione sia opera del regime egiziano. Halem Henesh, uno dei legali di Hegazy, ha raccontato di aver interpellato la polizia aeroportuale del Cairo, di aver cercato in tutte le stazioni di polizia vicine e di aver anche inviato un telegramma all’ufficio del procuratore generale per segnalare l’arresto sospetto, nel tentativo di avere una conferma ufficiale e appurare così almeno il luogo di detenzione. Nessuna risposta, però. E l’uomo non risulta essere comparso davanti ad alcun giudice egiziano.
La scorsa settimana il sito dell’Egyptian commission for rights che rappresenta legalmente la famiglia di Giulio Regeni era stato oscurato.
Dopo l’articolo apparso sul New York Times le carte sono state definitivamente scoperte. Arrivano le conferme: il governo italiano sapeva del coinvolgimento delle autorità egiziane nella morte del giovane ricercatore. Una rivelazione che sembra abbia confermato una verità per espiare una responsabilità politica e ristabilire una prassi. In parallelo infatti il governo, nell’ottica delle strategie di controllo dei flussi migratori, ha ripreso a siglare accordi con i gruppi criminali tra Libia ed Egitto trasformandoli nei carcerieri dei migranti che arrivano sulle sponde del nord Africa con la speranza di imbarcarsi. Su queste vicende e sulle informative al governo riguardante il caso Regeni domani il premier Gentiloni verrà ascoltato dal Copasir, la commissione parlamentare di vigilanza sull’operato dei servizi segreti