Gli hanno fatto togliere la protesi, poi denudare e invitato a eseguire le flessioni sulle ginocchia. Questo è accaduto a un tunisino disabile prima di essere imbarcato per rispedirlo in Tunisia. Parliamo di una delle tante criticità segnalate dai due rapporti redatti dall’ufficio del Garante nazionale dei diritti dei detenuti e delle persone private della libertà personale. Una delegazione dell’Ufficio del Garante Mauro Palma ha proceduto a monitorare, il 13 aprile 2017, un volo charter destinato al rimpatrio di cittadini tunisini provenienti dal Cie di Caltanissetta e dall’hotspot di Trapani. La delegazione ha potuto assistere, passo dopo passo, tutti i vari passaggi che hanno visto come protagonisti 23 tunisini da rimpatriare. L’altro monitoraggio, invece, ha riguardato il rimpatrio forzato di 15 cittadini nigeriani avvenuto il 17 maggio del 2017.
Per quanto riguarda il rimpatrio dei tunisini, ancora una volta, come viene segnalato anche dai precedenti rapporti, viene riscontrato il problema della comunicazione improvvisa del rimpatrio ai diretti interessati. Mauro Palma, infatti, ripropone la raccomandazione di «comunicare preventivamente agli interessati ( almeno 24h prima lo svolgimento dell’operazione) la data della partenza in modo da consentire loro di organizzarsi per il viaggio, raggruppare per tempo gli effetti personali, avvisare i familiari o comunque le persone di fiducia e/ o l’avvocato per venire a conoscenza di eventuali aggiornamenti riguardanti la rispettiva posizione giuridica». Stesso identico problema è stato riscontrato durante il rimpatrio dei cittadini nigeriani: essendo venuti a conoscenza in pochi istanti del provvedimento di allontanamento e dell’immediata messa in esecuzione, lo stress era particolarmente visibile in alcuni di loro che apparivano sotto shock o in preda alla disperazione. Prassi che purtroppo ancora persiste e va contro la garanzia fondamentale connessa al diritto alla libertà delle persone.
Altro problema riscontrato è il prolungato e ingiustificato utilizzo dei mezzi di coercizione: una prassi che risulta ingiustificata, soprattutto quando gli stranieri si dimostrano collaborativi e non si oppongono all’allontanamento. Per quanto riguarda i nigeriani, nel rapporto del Garante si evince che vi è stato un uso intensivo delle fascette in velcro per il blocco dei polsi: a molti rimpatriandi non sono state mai tolte durante la lunghissima attesa nemmeno nel momento della consumazione del pranzo. Ma, ancora una volta, il ministero dell’Interno non ha risposto alle sollecitazioni espresse da Mauro Palma, il quale è interessato «a conoscere quali valutazioni siano state svolte nel caso specifico in relazione ai criteri di utilizzo dei mezzi di contenzione nell’operazione monitorata».
Tanti sono i casi specifici che inquadrano diverse inottemperanze dal punto di vista sanitario e/ o lesivo della dignità personale. Un caso riguarda il cittadino tunisino Y. A. che, durante le verifiche preliminari per l’imbarco, si è rivolto alla delegazione del Garante dichiarando di aver ingerito delle lamette. «Considerato che il personale di scorta che operava il controllo non ha ritenuto di dare seguito a quanto riferi- to dallo straniero – si legge nel rapporto -, il monitor ha proceduto a segnalare la questione ad altro operatore di scorta che ha quindi informato il personale sanitario impiegato nell’operazione». In seguito alla segnalazione era emerso che, effetti-vamente, durante la permanenza nel Cpr ( ex Cie) aveva ingerito alcune lamette con tanto di conferma tramite le radiografie. Ciononostante, il personale medico del centro aveva ritenuto di non rilevare l’inidoneità della procedura di rimpatrio rispetto alle attuali condizioni di vulnerabilità sanitaria dell’interessato.
L’altro caso – che desta non poche perplessità – riguarda il cittadino tunisino A. K. ( disabile privo dell’arto superiore destro) che durante il controllo di sicurezza è stato fatto denudare e invitato a eseguire le flessioni sulle ginocchia. Al cittadino tunisino è stato, inoltre, chiesto di togliersi la protesi dell’arto per una specifica ispezione dell’ausilio. La delegazione del Garante nella considerazione della legittimità dell’azione di sicurezza, al contempo «ha mostrato agli operatori di scorta impegnati nel controllo la propria perplessità sulla correttezza dell’azione che di certo non ha tenuto conto del rispetto della dignità umana della persona disabile». Tante sono le problematiche riscontrate durante i rimpatri, non da ultimo l’utilizzo dei locali degli aeroporti che risultano fatiscenti, in alcuni casi senza posto a sedere e tali da costringere gli stranieri a rimanere in piedi per diverse ore. In un caso, per quanto riguarda i nigeriani, la consumazione del pasto è avvenuto in un locale spoglio e sporco, collocato nell’area semi interrata, con l’uscita bloccata da una transenna, tanto da sembrare una “stalla”.
Damiano Aliprandi da il dubbio