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Catalogna, non si fermano gli arresti e la repressione

Il Parlamento di Madrid non indagherà sulle feroci cariche della polizia contro gli elettori e gli attivisti dentro e fuori le scuole catalane lo scorso 1 ottobre, che causarono circa mille feriti e mostrarono di fronte all’opinione pubblica internazionale il vero volto della monarchia spagnola. I rappresentanti al Congresso di ERC e PDeCAT, sostenuti da Unidos Podemos, avevano chiesto la costituzione di una commissione d’inchiesta, ma il voto compatto di popolari, socialisti e dei deputati di Ciudadanos lo ha impedito. Inizialmente i socialisti di Pedro Sanchez avevano criticato l’eccesso nell’uso della forza da parte delle forze dell’ordine durante il referendum indipendentista, ma presto le accuse inizialmente rivolte al Ministro dell’Interno Zoido e alla Vicepresidente Soraya Saénz de Santamaría sono cadute.

Intanto la direzione delle carceri spagnole ha negato al presidente dell’Assemblea Nacional Catalana Jordi Sanchez, in prigione da più di un mese perché accusato di gravi reati per il suo ruolo nella mobilitazione indipendentista, di poter scontare la carcerazione preventiva in una delle carceri catalane. Istituzioni Penitenziarie ha però risposto negativamente alla richiesta di trasferimento avanzata dai legali del dirigente imprigionato per motivi politici nel carcere di Estremera, vicino a Madrid.

Invece la decisione dei giudici di Bruxelles sull’estradizione dell’ex presidente della Generalitat e dei suoi Consellers nello Stato Spagnolo si dovrebbe sapere il 4 dicembre, quando i cinque dovranno comparire di nuovo davanti ai magistrati che devono decidere sulla legittimità dell’ordine di cattura europeo emesso dalla giudice spagnola Carmen Lamela (la stessa che accusa 8 giovani baschi di terrorismo per una rissa in un bar con due poliziotti). Carles Puigdemont si è rifugiato in Belgio assieme ad alcuni ministri per sfuggire all’arresto – è accusato di ‘sedizione’, ‘ribellione’ e ‘malversazione’ – e tentare di internazionalizzare la crisi, finora sempre giudicata dai leader dell’Unione Europea “una questione interna” allo Stato Spagnolo. Comunque se i giudici di Bruxelles dovessero decidere a favore dell’estradizione i tempi della consegna a Madrid verrebbero dilatati dalla presentazione di un ricorso da parte dei legali del leader catalano.

Puigdemont ha duramente accusato Madrid in merito alla notizia, diffusa dal quotidiano El Pais, secondo la quale l’imam di Ripoll Abdelbaki Es Satty, mente degli attacchi terroristici a Barcellona e in altre località catalane che ad agosto costarono la vita a decine di persone, era un confidente dei servizi segreti spagnoli. Il CNI – che ovviamente ha negato – lo avrebbe ‘ingaggiato’ nel 2014, quando l’uomo era in carcere per traffico di droga. Il President ha scritto ieri su Twitter che “La strategia della paura accompagna sempre la violenza. (…) Uno Stato che accettava come confidente della polizia il cervello degli attentati di Barcellona non ha limiti. Ora sappiamo che è capace di tutto”.

Il commento si riferisce anche alle dichiarazioni da parte della segretaria generale di Esquerra Republicana de Catalunya, Marta Rovira, che nei giorni scorsi ha raccontato le dure minacce di uso della violenza rivolte dal governo di Madrid a quello di Barcellona nel caso in cui quest’ultimo avesse dichiarato l’indipendenza. Secondo Rovira l’esecutivo Rajoy avrebbe, attraverso degli emissari, avvertito che avrebbe dato ordine alla polizia di usare pallottole vere e non più di gomma contro i manifestanti e che quindi ci sarebbero stati dei morti. Le minacce, secondo Rovira e lo stesso Puigdemont, avrebbero spinto il Govern a desistere non essendo disponibile a rendersi responsabile di una escalation violenta. Il President de la Generalitat utilizzò molto questo argomento nel tentativo di placare la rivolta dei partiti e delle entità sociali indipendentiste quando, tra il 25 e il 26 ottobre, tentò di convincere la sua maggioranza parlamentare a rinunciare alla dichiarazione di indipendenza e ad accettare lo scioglimento del Parlament di Barcellona e l’indizione di elezioni anticipate come richiesto da Rajoy. Allo stato non è possibile quindi affermare se le minacce di uso della violenza e di un “bagno di sangue” fossero reali – sono comunque state confermate dai dirigenti della CUP – o se invece furono evocate dai leader del governo catalano per giustificare la retromarcia.

Comunque, se ancora le forze di sicurezza spagnole dispiegate in gran numero in Catalogna non hanno  -ancora? – usato le armi da fuoco gli arresti si susseguono. Gli agenti della Policia Nacional hanno arrestato quattro persone accusate di ‘minacce’ e ‘ingiurie’ gravi nei confronti delle Forze dell’Ordine. Secondo le accuse, sui social network gli arrestati avrebbero scritto post e pubblicato foto che incitavano all’odio e alla “discriminazione” (!) nei confronti dei membri delle Forze di Sicurezza.
Contemporaneamente gli agenti della Guardia Civil hanno arrestato un professore del liceo di Tremp per ‘incitamento all’odio’ sui social network. Il docente, Manel Riu, è stato rimesso in libertà ma dovrà subire un procedimento penale.

Anche il vicedirettore e il direttore del settimanale satirico “El Jueves”, Joan Ferrùs e Guillermo Martínez-Vela, sono imputati in un processo per “ingiurie nei confronti delle Forze dell’Ordine” per aver accusato i reparti antisommossa intervenuti in Catalogna di essere sotto l’effetto della cocaina. Sotto accusa è finito un articolo della rivista secondo il quale “La continua presenza di reparti antisommossa esaurisce le riserve di cocaina in Catalogna”. Durante la loro deposizione in tribunale, i due giornalisti hanno ricordato che fu il vicesindaco di Barcellona, Jaume Asens, a spiegare che alcuni agenti mostravano i segni dell’assunzione di sostanze stupefacenti ad alcuni cittadini che denunciavano le violente aggressioni subite da parte di membri della Policia Nacional e della Guardia Civil.

Come se non bastasse, accogliendo una denuncia depositata da un sindacato di polizia, un giudice ha rinviato a giudizio l’umorista Eduard Biosca per lo stesso delitto, “ingiurie contro le Forze di Sicurezza dello Stato”. La colpa di Biosca? Aver ironizzato sul comportamento dei poliziotti e dei militari nel corso di una trasmissione di RAC-1, uno dei canali della radio pubblica catalana. Nel programma ‘Versiò’ uno dei conduttori citò un articolo pubblicato su El Pais nel quale si citavano le lamentele dei poliziotti e dei soldati ospitati in una nave da crociera ancorata nel porto di Barcellona (che ha salpato finalmente poche ore fa). Una delle lamentele dei ‘croceristi’ si riferiva alla presenza a bordo dei ratti. “I primi 10.000 topi li hanno portati da Madrid, e belli grossi” aveva ironizzato Biosca.

Sotto la scure della magistratura spagnola è finito anche il proprietario di una palestra di Martorell (Barcellona), accusato di aver vietato l’ingresso nel locale a tre persone in quanto membri della Guardia Civil. Anche in questo caso l’uomo è stato denunciato per ‘incitamento all’odio nei confronti delle Forze di Sicurezza’. Il gestore della palestra ha spiegato che i tre avevano chiesto l’iscrizione alle attività tentando di mentire sulla loro effettiva professione e che, messi alle strette, se ne erano andati.

Ieri intanto è improvvisamente scomparso José Manuel Maza, Procuratore Generale dello Stato e titolare di alcune delle più importanti inchieste a carico dei dirigenti indipendentisti catalani. Maza era stato un fedele esecutore degli input provenienti da Mariano Rajoy e dal governo spagnolo dopo i problemi creati dall’eccessiva indipendenza dimostrata dal procuratore generale dello Stato, Consuelo Madrigal, anch’essa esponente delle correnti di destra ma costretta ad abbandonare il suo incarico dopo i ripetuti conflitti con l’allora ministro degli Interni.
Il mandato di Maza è stato costellato da una sfilza di polemiche per il suo servilismo nei confronti dell’esecutivo e delle correnti politiche più reazionarie, accuse provenienti in primo luogo dai magistrati espressione delle correnti progressiste. Ora il governo dovrà trovare, in fretta, un sostituto altrettanto disponibile a farsi interprete della strategia di Madrid contro l’indipendentismo catalano. Nel corso del suo mandato, interrotto ieri da un’infezione intestinale che lo ha colpito in Argentina mentre partecipava ad un convegno, Maza aveva nominato come capo dell’Anticorruzione Manuel Moix, poi dimessosi perché implicato in vari scandali e accusato di aver ostacolato le inchieste per corruzione contro importanti dirigenti del PP. Ma è contro il movimento indipendentista catalano che Maza ha dato il ‘meglio di sé’, scegliendo di accusare i dirigenti indipendentisti di reati gravissimi come ‘sedizione’ e ‘ribellione’ e di chiedere la carcerazione senza condizionale per tutti i ministri e i collaboratori di Puigdemont.

Marco Santopadre

da contropiano