Perugia da cuore verde d’italia a laboratorio di repressione
- aprile 19, 2010
- in centri sociali, emergenza
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C’erano tutti sabato scorso in piazza a Perugia. Giravano tutte le forze dell’ordine di diverso grado e appartenenza, c’erano i Carabinieri, la Polizia Provinciale, la Digos, e poi la Squadra Mobile. Cosa succede a Perugia?
La complessità delle questioni e degli attori in scena ci impone una doverosa riflessione. E’ aprile, anno 2010, sono finite da poco le elezioni. In Italia trionfa la destra e la Lega di Bossi fa man bassa di voti al nord.
La crisi economica è diventata drammatica, ogni giorno ci sono notizie riguardo al peggioramento sociale ed economico del Paese.
Anche se il conflitto di classe si è espresso in forme, a volte, forti e radicali- il movimento dell’Onda, il movimento No Tav, ad esempio – le destre con le politiche populiste demagogiche e forcaiole governano sempre più stabilmente. Nel loro mirino in particolare: giovani, studenti, precari, migranti, donne.
In Umbria c’è un anomalia, o meglio nel centro Italia c’è un anomalia. Il governo del centro-sinistra resiste. Lo fa chiaramente a colpi di politiche liberiste e rincorrendo la destra su tutto: svendita del patrimonio pubblico, appalti ad arroganti e potenti privati, politiche familiste (tanto per mantenersi buono un possibile elettorato cattolico), e politiche sulla sicurezza, ovvero una pesante politica di controllo dei corpi, dei movimenti, dei comportamenti delle persone. A Perugia è una politica che diventa sempre più aggressiva e invasiva, e che allo stato attuale conta diverse strabilianti ordinanze liberticide in cui si decretano orari coprifuoco per la vendita di alcolici e zone rosse o no drink zone. La deriva securitaria della politica viene da lontano: una strategia di controllo, di repressione preventiva, volta a sussumere corpi che non devono vivere e desiderare, ma che possono solo uniformarsi al loro destino di produttori senza diritti, consumatori e utenti, non soggetti di pieno diritto. Sicuramente nella storia recente di Perugia e della costruzione del securitarismo pesa il caso Meredith. Cosa c’era di eccezionale in quell’omicidio – una tentata violenza sessuale finita in una tragedia peggiore – non è importante. È importante l’uso politico che ne è stato fatto, dai mass-media nazionali e locali e dalla questura: la costruzione di un “torbido gioco sessuale” ha come sfondo l’immagine di una Perugia dipinta come terzo girone dantesco, dove albergano giovani provenienti da ogni luogo e senza regole, che utilizzano il centro storico scippandolo ai suoi naturali proprietari, i suoi veri cittadini, dandosi all’uso di alcol, droga e sesso. Servizi giornalisti, e programmi televisivi hanno fatto da supporto e da eco a questa idea: a tale proposito è rimasta famosa una trasmissione dell’ignobile e sessista programma “Lucignolo”.
Il centro storico di Perugia, di fatto non è più da tempo un centro di vita sociale, non ci sono più cinema o teatro, è stato addirittura smantellato (sempre grazie alla giunta di centro-sinistra) lo storico mercato coperto, al cui posto dovrebbe nascere un nuove centro commerciale. Le città contemporanee sono policentriche e il centro storico cittadino seguendo una sorte comune a quella di altri centri storici, è diventato un luogo di consumatori e non di cittadini. Si consumano eventi, privati, costosi, o con gran sperpero di risorse pubbliche: da Eurochocolate a Umbria Jazz. Persino il Festival culturale per i bambini è organizzata come un rituale di consumo culturale localizzata nella zona vetrina della città.
D’altra parte la struttura antica della città medievale offre un panorama insolito e accogliente per gli innumerevoli studenti che ancora continuano ad iscriversi nella nostra città. La piazza e le scalette del duomo sono un polo di attrazione sociale per i giovani: un posto raggiungibile a piedi, per chi non ha la macchina e/o vive e frequenta l’università lì a due passi. Gli studenti, che escono la sera alla ricerca di svago ed evasione, sono pieni titolari di diritto nella vita e nella frequentazione di questi spazi. Potremmo dire, provocatoriamente, che ad eccetto degli users diurni (frequentatori degli uffici e di pochi e costosi negozi rimasti), e dei pochi ricchi proprietari rimasti in una zona completamente gentrificata, i ragazzi della sera sono gli unici che abitano questi luoghi.
La città è il luogo dove entrano in scena i conflitti.
I ragazzi che si addensano nelle scalette del Duomo, sono una forma di vita sociale: bevono qualcosa, scambiano idee, suonano i bongo o la chitarra. Si trovano là la sera gli universitari insieme a giovani perugini, meno conformi allo stile “Centro Commerciale”. Nella mappa mobile dei luoghi di volta in volta scelti per stare insieme, il centro è una tappa immancabile e fissa.
Una situazione insostenibile, dicono i giornali locali e rincara la questura.
Insostenibile sono i grandi traffici di droghe pesanti che avvengono, senza trovare alcun ostacolo da parte degli organi competenti, nella regione e in città, tanto da farne un luogo di smistamento per il Centro Italia. Perugia è entrata nelle cronache (fino almeno al 2008) proprio per il più alto numero di morti per overdose, mentre d’altra parte, nella terra di San Francesco i dati dicono che esistono i tassi di criminalità più bassi della rispetto alla media nazionale.
Vuol dire che qui, a parte il fatto che ci riempiono di eroina, cocaina ed altra robaccia non succede praticamente “nulla”, almeno nulla di rilevante dal punto di vista di chi generalmente utilizza certi indici statistici per giustificare maggiore controllo e azione poliziesca.
Eppure i ragazzi sulle scalette sono pericolosi, pisciano in strada e magari urlano un po’ quando sono ubriachi. Soprattutto sono tanti, 10, 50, 100 tutti insieme. Una forza da polverizzare. Soprattutto quando si oppongono ai pesanti controlli e alle retate di massa che periodicamente e provocatoriamente ritornano.
Qualche settimana fa’, i giornali locali avevano nuovamente raccontato e costruito i giovani del centro come un insidioso pericolo sociale che attenta alla democrazia.
Poi, sabato scorso, si è consumato l’agguato che ha portato ai tre arresti.
La città è il luogo dove entrano in scena i conflitti. La guerra ai giovani, per il possesso e il controllo pieno del territorio è partita. E’ preventiva affinché non si trasformino in una nuova onda.
E’ un messaggio chiaro anche per il centro sinistra e la sua Polizia Provinciale. L’azione della Squadra Mobile le successive dichiarazioni dell’Ugl e del Sap vanno, infatti, nella direzione di riconfigurare gli equilibri e i poteri politici nella città, così come nel territorio nazionale.
Eppure nel cuore verde della crisi, noi ci siamo. Siamo un’altra cosa, abbiamo un’altra idea a venire di città come bene comune e siamo sicuri che arriverà presta una nuova onda.
La complessità delle questioni e degli attori in scena ci impone una doverosa riflessione. E’ aprile, anno 2010, sono finite da poco le elezioni. In Italia trionfa la destra e la Lega di Bossi fa man bassa di voti al nord.
La crisi economica è diventata drammatica, ogni giorno ci sono notizie riguardo al peggioramento sociale ed economico del Paese.
Anche se il conflitto di classe si è espresso in forme, a volte, forti e radicali- il movimento dell’Onda, il movimento No Tav, ad esempio – le destre con le politiche populiste demagogiche e forcaiole governano sempre più stabilmente. Nel loro mirino in particolare: giovani, studenti, precari, migranti, donne.
In Umbria c’è un anomalia, o meglio nel centro Italia c’è un anomalia. Il governo del centro-sinistra resiste. Lo fa chiaramente a colpi di politiche liberiste e rincorrendo la destra su tutto: svendita del patrimonio pubblico, appalti ad arroganti e potenti privati, politiche familiste (tanto per mantenersi buono un possibile elettorato cattolico), e politiche sulla sicurezza, ovvero una pesante politica di controllo dei corpi, dei movimenti, dei comportamenti delle persone. A Perugia è una politica che diventa sempre più aggressiva e invasiva, e che allo stato attuale conta diverse strabilianti ordinanze liberticide in cui si decretano orari coprifuoco per la vendita di alcolici e zone rosse o no drink zone. La deriva securitaria della politica viene da lontano: una strategia di controllo, di repressione preventiva, volta a sussumere corpi che non devono vivere e desiderare, ma che possono solo uniformarsi al loro destino di produttori senza diritti, consumatori e utenti, non soggetti di pieno diritto. Sicuramente nella storia recente di Perugia e della costruzione del securitarismo pesa il caso Meredith. Cosa c’era di eccezionale in quell’omicidio – una tentata violenza sessuale finita in una tragedia peggiore – non è importante. È importante l’uso politico che ne è stato fatto, dai mass-media nazionali e locali e dalla questura: la costruzione di un “torbido gioco sessuale” ha come sfondo l’immagine di una Perugia dipinta come terzo girone dantesco, dove albergano giovani provenienti da ogni luogo e senza regole, che utilizzano il centro storico scippandolo ai suoi naturali proprietari, i suoi veri cittadini, dandosi all’uso di alcol, droga e sesso. Servizi giornalisti, e programmi televisivi hanno fatto da supporto e da eco a questa idea: a tale proposito è rimasta famosa una trasmissione dell’ignobile e sessista programma “Lucignolo”.
Il centro storico di Perugia, di fatto non è più da tempo un centro di vita sociale, non ci sono più cinema o teatro, è stato addirittura smantellato (sempre grazie alla giunta di centro-sinistra) lo storico mercato coperto, al cui posto dovrebbe nascere un nuove centro commerciale. Le città contemporanee sono policentriche e il centro storico cittadino seguendo una sorte comune a quella di altri centri storici, è diventato un luogo di consumatori e non di cittadini. Si consumano eventi, privati, costosi, o con gran sperpero di risorse pubbliche: da Eurochocolate a Umbria Jazz. Persino il Festival culturale per i bambini è organizzata come un rituale di consumo culturale localizzata nella zona vetrina della città.
D’altra parte la struttura antica della città medievale offre un panorama insolito e accogliente per gli innumerevoli studenti che ancora continuano ad iscriversi nella nostra città. La piazza e le scalette del duomo sono un polo di attrazione sociale per i giovani: un posto raggiungibile a piedi, per chi non ha la macchina e/o vive e frequenta l’università lì a due passi. Gli studenti, che escono la sera alla ricerca di svago ed evasione, sono pieni titolari di diritto nella vita e nella frequentazione di questi spazi. Potremmo dire, provocatoriamente, che ad eccetto degli users diurni (frequentatori degli uffici e di pochi e costosi negozi rimasti), e dei pochi ricchi proprietari rimasti in una zona completamente gentrificata, i ragazzi della sera sono gli unici che abitano questi luoghi.
La città è il luogo dove entrano in scena i conflitti.
I ragazzi che si addensano nelle scalette del Duomo, sono una forma di vita sociale: bevono qualcosa, scambiano idee, suonano i bongo o la chitarra. Si trovano là la sera gli universitari insieme a giovani perugini, meno conformi allo stile “Centro Commerciale”. Nella mappa mobile dei luoghi di volta in volta scelti per stare insieme, il centro è una tappa immancabile e fissa.
Una situazione insostenibile, dicono i giornali locali e rincara la questura.
Insostenibile sono i grandi traffici di droghe pesanti che avvengono, senza trovare alcun ostacolo da parte degli organi competenti, nella regione e in città, tanto da farne un luogo di smistamento per il Centro Italia. Perugia è entrata nelle cronache (fino almeno al 2008) proprio per il più alto numero di morti per overdose, mentre d’altra parte, nella terra di San Francesco i dati dicono che esistono i tassi di criminalità più bassi della rispetto alla media nazionale.
Vuol dire che qui, a parte il fatto che ci riempiono di eroina, cocaina ed altra robaccia non succede praticamente “nulla”, almeno nulla di rilevante dal punto di vista di chi generalmente utilizza certi indici statistici per giustificare maggiore controllo e azione poliziesca.
Eppure i ragazzi sulle scalette sono pericolosi, pisciano in strada e magari urlano un po’ quando sono ubriachi. Soprattutto sono tanti, 10, 50, 100 tutti insieme. Una forza da polverizzare. Soprattutto quando si oppongono ai pesanti controlli e alle retate di massa che periodicamente e provocatoriamente ritornano.
Qualche settimana fa’, i giornali locali avevano nuovamente raccontato e costruito i giovani del centro come un insidioso pericolo sociale che attenta alla democrazia.
Poi, sabato scorso, si è consumato l’agguato che ha portato ai tre arresti.
La città è il luogo dove entrano in scena i conflitti. La guerra ai giovani, per il possesso e il controllo pieno del territorio è partita. E’ preventiva affinché non si trasformino in una nuova onda.
E’ un messaggio chiaro anche per il centro sinistra e la sua Polizia Provinciale. L’azione della Squadra Mobile le successive dichiarazioni dell’Ugl e del Sap vanno, infatti, nella direzione di riconfigurare gli equilibri e i poteri politici nella città, così come nel territorio nazionale.
Eppure nel cuore verde della crisi, noi ci siamo. Siamo un’altra cosa, abbiamo un’altra idea a venire di città come bene comune e siamo sicuri che arriverà presta una nuova onda.
Roberta Pompili Attivista Csoa Ex Mattatoio/Commonslab/Collettivo femminista sommosse Perugia
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