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Migranti, dietro i libici c’è la Marina militare italiana?

L’inchiesta sulla Open Arms

Ma chi coordina gli interventi della Guardia costiera libica? Tripoli non ha una propria area Sar (ricerca e salvataggio) né dispone di un proprio Mrcc, un centro di controllo per i salvataggi in mare dal quale dare indicazioni alle sue motovedette impegnate, anche in acque internazionali, nel fermare i barconi carichi di migranti. A leggere però il decreto con cui il Gip di Catania ha confermato due giorni fa il sequestro della nave della ong spagnola Open Arms (facendo però decadere l’accusa di associazione per delinquere), sembra che un ruolo importante nell’attività dei militari libici lo abbia la Marina militare italiana.

Nel ricostruire l’attività della Open Arms del 15 marzo scorso, quando la nave spagnola riuscì a trarre in salvo 117 migranti strappandoli letteralmente dalle mani della guardia costiera libica, il gip spiega infatti come alle 5,37 del mattino il personale della nave militare «Capri» comunicava alla Centrale operativa della Guardia costiera di Roma che una motovedetta libica sarebbe partita per soccorrere il gommone di migranti segnalato in difficoltà. La «Capri» fa parte della missione italiana in Libia ed è presente nel porto di Tripoli da dicembre del 2017, quando ha avvicendato la nave «Tremiti». Poco più di un’ora dopo, alle 6,44, sempre la «Capri» conferma a Roma la partenza della motovedetta libica «Gaminez» richiedendo, scrive il gip, «di far allontanare l’unità della Ong (Open Arms, ndr) per evitare criticità durante il soccorso. La nave della ong continua però l’attività di soccorso, provocando la reazione di un addetto italiano della Difesa a Tripoli che, alle 8,56, contatta Mrcc Roma «lamentando – scrive il gip – il comportamento della Open Arms, in quanto lo riteneva contrario al Codice di condotta sottoscritto con il ministero dell’Interno italiano». A che titolo interviene la Marina, visto che ufficialmente il personale della «Capri» dovrebbe occuparsi di fornire assistenza tecnica alle navi libiche a di aiutare nella costruzione di un (futuro) Mrcc? Sempre il gip scrive inoltre che il coordinamento delle navi libiche «è sostanzialmente affidato alle forze della Marina Militare italiana».

Se il ruolo della Marina dovesse essere confermato, allora quanto avvenuto potrebbe essere considerato come un caso di respingimento collettivo, vietato dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Ne è sicuro l’avvocato Alessandro Gamberini, legale della Opens Arms: «Alcune azioni si possono configurare come un respingimento», commenta il legale. «Nel momento in cui i migranti si trovano in acque internazionali non puoi creare le condizioni, come sembra sia avvenuto con il ruolo assunto dalla nave militare Capri, per riportarli in Libia». Preoccupazione è stata espressa anche dal segretario dei Radicali italiani Riccardo Magi e dagli esponenti di Possibile e Leu Pippo Civati e Andrea Maestri.

Carlo Lania

da il manifesto