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Caso Uva, le telefonate nella notte. "Vedi se ha precedenti per droga"

Un poliziotto chiama dalla caserma dei carabinieri di via Saffi in questura, nella notte tra il 13 e il 14 giugno a Varese, per chiedere i precedenti di Giuseppe Uva, fermato da poco, rimasto ore in caserma, poi morto in ospedale, con la sorella che fotografa il cadavere pieno di lividi e macchie rossastre e accusa chi lo aveva in custodia di averlo ucciso di botte.
L’agente chiede subito “la stampata di tutti i precedenti”. Poi ripete gli ordini del capoturno: servono “tutti i precedenti. Se ci sono delle note.. assolutamente tutto.. Tutti i precedenti comprensivi di sviluppi e note.. – ripete -. Veramente al cento per cento, serve per una cosa seria”.
L’agente che risponde dalla questura di Varese, dopo aver manifestato il suo stupore con un’imprecazione, prende gli ordini. Poi riceve la seconda telefonata dal poliziotto delle volanti in caserma.
Dopo la lettura dei precedenti – a carico di Uva ci sono solo precedenti di polizia – l’agente chiede: “C’ha anche stupefacenti per caso?”. “No stupefacenti non l’ho mica visto”.
La telefonata avviene quando le volanti sono nella caserma di via Saffi. Quindi, secondo gli avvocati della famiglia Uva, collocabile tra le 3.30 e le 6.45. Quando Alberto Biggiogero, l’amico di Giuseppe Uva, sente da un’altra stanza “le urla di Giuseppe che echeggiavano per tutta la caserma, assieme a colpi dal rumore sordo”, “urla incessanti per circa un’ora e mezza”.
Nella memoria presentata dall’avvocato Fabio Anselmo e Alessandra Pisa in procura, si chiede la riesumazione del cadavere e si sostiene che “gli agenti cercassero di attribuire ad Uva l’abuso di sostanze e avessero manifestato questa convinzione ai sanitari”. Le accuse dei legali nella memoria di 25 pagine sono pesantissime: sequestro di persona, abuso di potere, arresto illegale e omissione di soccorso e lesioni volontarie e omicidio preterintenzionale.

Ascolta L’AUDIO DELLE TELEFONATE 12

fonte: La Repubblica