Erano le dieci del mattino, ieri, una mattina chiara con le nuvole a specchio sul Tevere, ingrossato e torbido negli argini a pochi metri dalle finestre della Casa internazionale delle Donne. Dietro le finestre del primo piano era in corso la presentazione di un percorso teatrale e didattico con le scuole sulla memoria di un episodio poco conosciuto dei crimini nazifascisti: l’eccidio delle dieci donne trovate con pane e farina e fucilate sul ponte di ferro per rappresaglia contro l’assalto al forno Tesei che riforniva le truppe d’occupazione tedesche.
Tre ragazzini – «tre sciaguratelli», li definisce la presidente della Casa, Francesca Koch – attaccano uno striscione alla balconata d’ingresso: «194,strage di Stato». Poi entrano dal portone e lanciano i loro volantini firmati Forza Nuova, più una nuova sigla: «Italia agli italiani». E il volantino infatti attinge al repertorio del Ventennio rivisto in versione cripto-leghista, del tipo «c’è un piano per sostituire i bambini non nati con gli immigrati», con inviti alle donne a sfornare tanti figli per difendere l’Italia dal meticciato. Colpa dell’attuale clima politico – dice Koch – per cui queste frange estreme si sentono sdoganate e anche i fascisti rialzano la testa.
Per la ginecologa Elisabetta Canitano, che insieme alla presidente della Casa ha chiamato i carabinieri e spazzato via volantini e striscione, «è chiaro che si è trattato di un attacco in risposta alla nostra campagna contro il cartellone di ProVita apparso pochi giorni fa su muro di via Gregorio VII». Un gigantesco cartellone su cui campeggiava un feto di 11 settimane e la scritta: «E ora sei qui perché tua mamma non ha abortito». Il mega cartello di pubblicità anti-progresso è apparso giovedì come affissione autorizzata, a pagamento. In ventiquattr’ore l’associazione Vita di Donna, di cui Canitano è presidente, insieme alla Casa internazionale delle Donne e ad altre associazioni femministe romane hanno raccolto 2.000 firme per la sua rimozione.
Le donne del Pd in Consiglio comunale hanno annunciato una mozione con lo stesso scopo ma non hanno fatto a tempo a presentarla, perché già ieri l’altro sera, alla vigilia del presidio che doveva – proprio alle dieci – contestare l’attacco alla legge dello Stato in via Gregorio VII, l’enorme feto è stato rimosso per disposizione della sindaca Virginia Raggi, che ha anche avviato una indagine interna per capire chi ne abbia autorizzato l’affissione, visto che era già stato rifiutato.
«I tre sciaguratelli quindicenni che sono stati mandati a compiere questo blitz perché evidentemente essendo minorenni non rischiavano niente forse non sapevano nemmeno dell’iniziativa antifascista che avevamo in corso ma non ci sembra un caso e inoltre ci preoccupa come segnale di ciò che dobbiamo aspettarci in termini di aggressioni e violenza nelle prossime settimane». Francesca Koch si riferisce il quarantennale, della legge 194, figlia insieme alla legge Basaglia delle «lotte del maggio».
L’associazione ProVita, artefice del cartellone, fa capo all’italo-praghese Toni Brandi, e ha già iniziato le sue contro-celebrazioni. Pur spacciandosi per apartitica e apolitica, dedita solo a crociate contro i gay e gli aborti, a difesa della «famiglia tradizionale», ha rapporti stretti con la galassia la destra estrema. A fine marzo lo stesso Brandi ha partecipato a una fiaccolata anti abortista sull’isola Tiberina, davanti all’ospedale Fatebenefratelli che pure non ottempera alla 194, in tandem con Militia Christi, gruppuscolo integralista cattolico che trae ispirazioni da cavalieri templari e crociati. Mentre il legame con Forza Nuova è piuttosto un intreccio tra il familiare e l’editoriale, con al centro le attività dei figli più grandi del leader di Forza Nuova Roberto Fiore, legami che naturalmente vengono smentiti dal patron dell’associazione, attento a cercare accrediti “puliti” in Vaticano.
Le donne della Casa denunciano «l’attacco di gruppi fascisti» e in risposta convocano una assemblea cittadina per martedì alle 18 «per difendere i diritti che ci siamo conquistate per prentenderne di nuovi».
da il manifesto