Sono tornati dietro le sbarre del Cie di Ponte Galeria, 15 dei 18 trattenuti accusati di essere stati i fomentatori della rivolta esplosa durante la notte di lunedì nel centro. Per altri tre che avevano pendenze giudiziarie è scattata la custodia cautelare e sono ora nel carcere di Regina Coeli. Per tutti comunque sono in corso le indagini. Le imputazioni vanno dal danneggiamento, alla devastazione, all’aggressione a pubblico ufficiale. Ancora non chiari i motivi della rivolta, la quarta in un mese.
Tutto è iniziato a detta dei trattenuti intorno alle 23, a seguito delle percosse che avrebbe subito un ragazzo da parte degli agenti di sorveglianza. Secondo fonti della questura i subbugli sarebbero scoppiati per fornire un diversivo a 4 ragazzi magrebini che, con un piano ben studiato, sono riusciti a fuggire. Secondo un’altra ricostruzione, presentata in tribunale, e a detta dei legali poco credibile, il caos sarebbe scoppiato dopo il tentativo di fuga in parte fallito. Ma la tensione evidentemente non si era mai interrotta: l’aumento a sei mesi del limite massimo di trattenimento ha reso il luogo sempre più simile ad un penitenziario in cui vigono le stesse dinamiche con in più elementi di totale disperazione. La sezione maschile è quella che da sempre da più segnali di ribellione. Il centro è ora gestito dalla cooperativa Auxilium, per quasi un anno la precedente gestione, della Croce Rossa, otteneva solo proroghe mensili e nel frattempo la struttura, di per sé inadatta a trattenere persone per periodi così lunghi, è stata lasciata in uno stato di abbandono e di sporcizia, i lavori di manutenzione non venivano svolti e si sono avuti anche problemi derivanti da una cattiva gestione sanitaria. I nuovi gestori, subentrati il primo marzo, con una gara d’appalto pubblica in cui hanno promesso migliori servizi ad un costo più basso, hanno cercato di ricostruire una immagine del centro più presentabile. Sono stati riaperti gli “spacci” per generi di prima necessità, acquistabili con una tesserina da cambiare ogni due giorni del valore di 7 euro, sono state riverniciate pareti e riparati gli impianti di condizionamento dell’aria. Il personale medico dichiara di essersi dato da fare per far superare ai trattenuti la dipendenza da sedativi che molti avevano maturato nel cie ed è cambiato il fornitore dei pasti, ora è la cooperativa “La Cascina” legata a Comunione e Liberazione.
Miglioramenti di facciata che non modificano affatto la vita nel centro. Stesse le sbarre, lunghi tempi in attesa di soluzioni individuali che non arrivano, storie minime di esistenze che per errori compiuti o per fatalità dovute ad una legislazione razzista precipitano in uno zoo umano. Gabbie più pulite forse, ma sempre gabbie restano. Rivolte, scioperi della fame, atti di autolesionismo si sono incrementati, frutto della rabbia di chi non accetta di essere detenuto senza ragione. La parlamentare radicale Rita Bernardini, che si è informata sull’accaduto parla di almeno 200 mila euro di danni arrecati alla struttura, l’ex consigliera regionale Anna Pizzo si era recata a Ponte Galeria poche ore dopo la fine della rivolta per avere notizie. Ovviamente non ha potuto avere accesso alla struttura ma i gestori tendevano a minimizzare l’entità dell’accaduto che invece diveniva di ora in ora sempre più grave. I trattenuti hanno telefonato due volte durante la notte ad una radio di movimento per raccontare la protesta. Si sentivano rumori lontani forti, come di spari o di lacrimogeni, hanno parlato di polizia in assetto anti sommossa che ha circondato il centro mentre le fiamme divampavano. Temevano di essere pestati e, sempre nella sezione maschile, sono saliti sui tetti. Alle 5 circa la situazione è tornata alla normalità e a quel punto, hanno separato i “buoni” dai “cattivi” cercando di individuare coloro che potevano essere i fautori della rivolta. In 18 sono stati prelevati e portati in carcere e poi processati per direttissima. Per i 15 tornati nel cie, non è scattata la custodia cautelare in quanto fermati alcune ore dopo la rivolta e non in flagranza di reato.
Ora si stanno riparando i danni alla struttura sapendo perfettamente che si tratta solo di aspettare l’ennesima scintilla per ripiombare nel caos. Lunedì notte, la polizia avrebbe scelto di non entrare per non alzare il livello di tensione ma Ponte Galeria resta una vera e propria bomba ad orologeria difficile da disinnescare. A poco servono misure palliative o il trasferimento delle persone più pronte a ribellarsi. Molti non hanno nulla da perdere, sanno che il proprio destino è legato all’opportunità di uscire liberi da quelle gabbie, ad ogni costo, anche a rischio della vita propria e altrui. Chiuderlo è l’unica soluzione possibile, il timer è già in funzione.
Tutto è iniziato a detta dei trattenuti intorno alle 23, a seguito delle percosse che avrebbe subito un ragazzo da parte degli agenti di sorveglianza. Secondo fonti della questura i subbugli sarebbero scoppiati per fornire un diversivo a 4 ragazzi magrebini che, con un piano ben studiato, sono riusciti a fuggire. Secondo un’altra ricostruzione, presentata in tribunale, e a detta dei legali poco credibile, il caos sarebbe scoppiato dopo il tentativo di fuga in parte fallito. Ma la tensione evidentemente non si era mai interrotta: l’aumento a sei mesi del limite massimo di trattenimento ha reso il luogo sempre più simile ad un penitenziario in cui vigono le stesse dinamiche con in più elementi di totale disperazione. La sezione maschile è quella che da sempre da più segnali di ribellione. Il centro è ora gestito dalla cooperativa Auxilium, per quasi un anno la precedente gestione, della Croce Rossa, otteneva solo proroghe mensili e nel frattempo la struttura, di per sé inadatta a trattenere persone per periodi così lunghi, è stata lasciata in uno stato di abbandono e di sporcizia, i lavori di manutenzione non venivano svolti e si sono avuti anche problemi derivanti da una cattiva gestione sanitaria. I nuovi gestori, subentrati il primo marzo, con una gara d’appalto pubblica in cui hanno promesso migliori servizi ad un costo più basso, hanno cercato di ricostruire una immagine del centro più presentabile. Sono stati riaperti gli “spacci” per generi di prima necessità, acquistabili con una tesserina da cambiare ogni due giorni del valore di 7 euro, sono state riverniciate pareti e riparati gli impianti di condizionamento dell’aria. Il personale medico dichiara di essersi dato da fare per far superare ai trattenuti la dipendenza da sedativi che molti avevano maturato nel cie ed è cambiato il fornitore dei pasti, ora è la cooperativa “La Cascina” legata a Comunione e Liberazione.
Miglioramenti di facciata che non modificano affatto la vita nel centro. Stesse le sbarre, lunghi tempi in attesa di soluzioni individuali che non arrivano, storie minime di esistenze che per errori compiuti o per fatalità dovute ad una legislazione razzista precipitano in uno zoo umano. Gabbie più pulite forse, ma sempre gabbie restano. Rivolte, scioperi della fame, atti di autolesionismo si sono incrementati, frutto della rabbia di chi non accetta di essere detenuto senza ragione. La parlamentare radicale Rita Bernardini, che si è informata sull’accaduto parla di almeno 200 mila euro di danni arrecati alla struttura, l’ex consigliera regionale Anna Pizzo si era recata a Ponte Galeria poche ore dopo la fine della rivolta per avere notizie. Ovviamente non ha potuto avere accesso alla struttura ma i gestori tendevano a minimizzare l’entità dell’accaduto che invece diveniva di ora in ora sempre più grave. I trattenuti hanno telefonato due volte durante la notte ad una radio di movimento per raccontare la protesta. Si sentivano rumori lontani forti, come di spari o di lacrimogeni, hanno parlato di polizia in assetto anti sommossa che ha circondato il centro mentre le fiamme divampavano. Temevano di essere pestati e, sempre nella sezione maschile, sono saliti sui tetti. Alle 5 circa la situazione è tornata alla normalità e a quel punto, hanno separato i “buoni” dai “cattivi” cercando di individuare coloro che potevano essere i fautori della rivolta. In 18 sono stati prelevati e portati in carcere e poi processati per direttissima. Per i 15 tornati nel cie, non è scattata la custodia cautelare in quanto fermati alcune ore dopo la rivolta e non in flagranza di reato.
Ora si stanno riparando i danni alla struttura sapendo perfettamente che si tratta solo di aspettare l’ennesima scintilla per ripiombare nel caos. Lunedì notte, la polizia avrebbe scelto di non entrare per non alzare il livello di tensione ma Ponte Galeria resta una vera e propria bomba ad orologeria difficile da disinnescare. A poco servono misure palliative o il trasferimento delle persone più pronte a ribellarsi. Molti non hanno nulla da perdere, sanno che il proprio destino è legato all’opportunità di uscire liberi da quelle gabbie, ad ogni costo, anche a rischio della vita propria e altrui. Chiuderlo è l’unica soluzione possibile, il timer è già in funzione.
Stefano Galieni
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