Il venerdì della “Gioventù ribelle”, chiamato così per «onorare», hanno spiegato gli organizzatori, «le migliaia di giovani che protestano ogni settimana lungo la barriera di confine», è terminato con un nuovo bagno di sangue.
Tre palestinesi – Bakr Abdel Salam, 29 anni, Mohammed al Muqid, 21 anni e un terzo ieri sera non ancora identificato – sono stati uccisi e altre centinaia feriti dai colpi di arma da fuoco e dai gas lacrimogeni sparati dai soldati israeliani schierati lungo le linee di demarcazione con Gaza. Si sono vissute le stesse scene drammatiche dei venerdì precedenti. Con i morti e feriti portati via di corsa da giovani con la disperazione dipinta sul volto e le ambulanze che hanno fatto la spola tra gli accampamenti della ”Grande Marcia del Ritorno” e gli ospedali.
Tra i feriti ci sono anche una donna di 50 anni colpita alla testa e due giornalisti. Appena qualche ora prima Nikolai Mladenov, inviato speciale dell’Onu per il Medio Oriente, aveva lanciato un avvertimento. «Gaza sta per esplodere» ha detto, sottolineando che il blocco israeliano da dieci anni strangola Gaza e i suoi due milioni di abitanti. «Quello che sta accadendo a Gaza è una ingiustizia con cui nessun uomo, nessuna donna e nessun bambino dovrebbe fare i conti – ha denunciato l’inviato dell’Onu – Le persone non dovrebbero essere condannate a vivere circondate da barriere che non gli è permesso attraversare o acque che non possono navigare». Mladenov non ha rivolto critiche solo a Israele. Ha esortato Hamas a tenere conto di più dei bisogni della popolazione sotto il suo controllo. Ieri i leader del movimento islamico erano negli accampamenti della “Grande Marcia del Ritorno”, per il rituale bagno di folla e si sono tenuti ben lontani dalle barriere con Israele. Il capo di Hamas, Ismail Haniyeh, nei giorni scorsi aveva assicurato che le proteste, diversamente da quanto annunciato in precedenza, continueranno dopo il 15 maggio, il giorno in cui i palestinesi commemorano la Nakba che quest’anno coincide con l’inizio del Ramadan islamico.
Il momento più critico ieri si è vissuto lungo le recinzioni a est di Gaza city. Un nutrito gruppo di giovani ha raggiunto le barriere provandole a superare. «Non è chiaro se alcuni di loro siano effettivamente passati sull’altro versante, quattro di loro potrebbero averlo fatto. La reazione dei soldati israeliani è stata durissima. Hanno fatto fuoco a volontà su quei ragazzi disarmati, uccidendo alcuni e ferendone tanti altri» riferiva ieri al manifesto il giornalista Safwat Kahlout che si trovava in quella zona. Quei giovani palestinesi per il portavoce militare israeliano, Jonathan Conricus, erano soltanto dei «facinorosi» che «hanno lanciato pietre e bottiglie incendiarie con l’intenzione di sfondare i reticolati di confine e appiccare il fuoco ma sono stati respinti». Ha precisato che i soldati hanno aperto il fuoco «secondo le regole di ingaggio» che, evidentemente, prevedono l’apertura del fuoco contro i palestinesi anche se sono disarmati. Ieri sera l’Egitto, che con le sue politiche di chiusura contribuisce al blocco di Gaza, ha annunciato – qualcuno sostiene per stemperare la tensione – l’apertura del valico di Rafah, in entrambe le direzioni, per tre giorni a partire da oggi. Negli ultimi tre anni, il transito di Rafah, l’unica porta di Gaza sul mondo arabo, è rimasto chiuso per la gran parte del tempo per presunte ragioni di sicurezza.
Intanto la questione di Gerusalemme e del suo riconoscimento come capitale di Israele in violazione delle risoluzioni internazionali, sta provocando una profonda crisi politica in Romania. Il capo dello stato, Klaus Iohannis, ha invitato alle dimissioni il primo ministro, Viorica Dancila, dopo la decisione del premier di spostare a Gerusalemme l’ambasciata ora a Tel Aviv. «La signora Dancila non è all’altezza del compito di primo ministro della Romania e di conseguenza il governo sta diventando un peso per la Romania», ha detto Iohannis denunciando di non essere stato informato del memorandum segreto con cui il governo si prepara a seguire i passi di Donald Trump su Gerusalemme. Mercoledì Dancila era volata in Israele su invito del premier Netanyahu informando solo all’ultimo momento il presidente che invece resta fedele alla linea dell’Ue su Gerusalemme contraria all’annessione di tutta la città a Israele.
Michele Giorgio
da il manifesto