Tre perquisizioni stamattina a Rimini, a spese di tre attivisti del centro sociale Paz, sgomberato il 9 giugno del 2008.
A motivare le perquisizioni è una banale ipotesi di accusa per vilipendio alla bandiera, riferita alle contestazioni avvenute a Rimini nella giornata della memoria sulle foibe.
L’accusa è stata mossa nei confronti degli attivisti dopo aver trovato in piazza delle scritte firmate con il simbolo dell’occupazione, inconfutabilente attribuite al collettivo del Paz.
Durante le perquisizioni sono stati sequestrati hard disk, schede di memoria di fotocamere e volantini. Successivamente i tre ragazzi sono stati portati in questura ma ben presto rilasciati.
Il Paz in questi giorni è stato ripetutamente messo sotto attacco: è infatti recente l’accusa mossa al centro sociale di aver rubato migliaia di euro all’Enel durante l’occupazione di via Montevecchio.
La vicenda ha avuto un eco enorme sulla stampa locale, anche perchè nell’indagine sono coinvolti anche il sindaco di Rimini e alcuni esponenti dell’amministrazione comunale. “A fronte di un’importante e partecipatissima iniziativa in concomitanza dello sciopero dei migranti, questo primo marzo, sui giornali si è parlato solamente di questa indagine” Accusano gli attivisti da Rimini.
Sia l’ordine di perquisizione che l’inchiesta sull’elettricità portano la firma del procuratore capo Giovagnoli, tristemente noto agli attivisti bolognesi. E’ infatti lo stesso procuratore che ha tentato ripetutamente di costruire assurdi castelli giudiziari contro il movimento del capoluogo emiliano. Il procuratore che, in maniera decisamente creativa, ha cercato di applicare l’aggravante di eversione a ogni reato che riguardasse attivisti di tutte le realtà sociali e politiche bolognesi.
Inchieste che si sono per altro quasi tutte concluse con l’assoluzione degli imputati (vedi gli articoli sul blitz al “La Fattoria” e sullo sconto del treno).
Il signor Giovagnoli è stato trasferito da Bologna a Rimini, ma conserva la sua sempre più fervida fantasia, e pur di giustificare le perquisizioni di stamattina ha deciso di indagare i tre attivisti per “organizzazione antagonista”, come scrive sul mandato stesso.
Insomma Giovagnoli ci riprova a far carriera costruendo castelli accusatori ai danni di un movimento che, già nel caso bolognese, si è dimostrato sufficientemente forte da resistere a questi assurdi attacchi.
Il Paz risponde a Giovagnoli ribadendo gli interventi che ha avuto in questi anni all’interno della città: dalle lotte al fianco dei migranti fino a quelle contro l’inceneritore, oltre alla costruzione di uno spazio sociale che ha portato una vera ricchezza nella città, e non un “danno erariale” come sostengono dalla procura in riferimento al presunto furto di elettricità.
A motivare le perquisizioni è una banale ipotesi di accusa per vilipendio alla bandiera, riferita alle contestazioni avvenute a Rimini nella giornata della memoria sulle foibe.
L’accusa è stata mossa nei confronti degli attivisti dopo aver trovato in piazza delle scritte firmate con il simbolo dell’occupazione, inconfutabilente attribuite al collettivo del Paz.
Durante le perquisizioni sono stati sequestrati hard disk, schede di memoria di fotocamere e volantini. Successivamente i tre ragazzi sono stati portati in questura ma ben presto rilasciati.
Il Paz in questi giorni è stato ripetutamente messo sotto attacco: è infatti recente l’accusa mossa al centro sociale di aver rubato migliaia di euro all’Enel durante l’occupazione di via Montevecchio.
La vicenda ha avuto un eco enorme sulla stampa locale, anche perchè nell’indagine sono coinvolti anche il sindaco di Rimini e alcuni esponenti dell’amministrazione comunale. “A fronte di un’importante e partecipatissima iniziativa in concomitanza dello sciopero dei migranti, questo primo marzo, sui giornali si è parlato solamente di questa indagine” Accusano gli attivisti da Rimini.
Sia l’ordine di perquisizione che l’inchiesta sull’elettricità portano la firma del procuratore capo Giovagnoli, tristemente noto agli attivisti bolognesi. E’ infatti lo stesso procuratore che ha tentato ripetutamente di costruire assurdi castelli giudiziari contro il movimento del capoluogo emiliano. Il procuratore che, in maniera decisamente creativa, ha cercato di applicare l’aggravante di eversione a ogni reato che riguardasse attivisti di tutte le realtà sociali e politiche bolognesi.
Inchieste che si sono per altro quasi tutte concluse con l’assoluzione degli imputati (vedi gli articoli sul blitz al “La Fattoria” e sullo sconto del treno).
Il signor Giovagnoli è stato trasferito da Bologna a Rimini, ma conserva la sua sempre più fervida fantasia, e pur di giustificare le perquisizioni di stamattina ha deciso di indagare i tre attivisti per “organizzazione antagonista”, come scrive sul mandato stesso.
Insomma Giovagnoli ci riprova a far carriera costruendo castelli accusatori ai danni di un movimento che, già nel caso bolognese, si è dimostrato sufficientemente forte da resistere a questi assurdi attacchi.
Il Paz risponde a Giovagnoli ribadendo gli interventi che ha avuto in questi anni all’interno della città: dalle lotte al fianco dei migranti fino a quelle contro l’inceneritore, oltre alla costruzione di uno spazio sociale che ha portato una vera ricchezza nella città, e non un “danno erariale” come sostengono dalla procura in riferimento al presunto furto di elettricità.
fonte: InfoAut
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