L’Acta ridisegna Internet: la rete sarà meno libera e più controllata
Avevano ragione, dunque, i più pessimisti. Sembra proprio che le misteriosissime e segretissime riunioni dell’Acta (Anti-Counterfeiting Trade Agreement), una sorta di conferenza dei paesi ricchi formata a difesa del libero commercio, ridisegnerà la rete. Ridisegnerà Internet, almeno così come l’abbiamo conosciuta. Naturalmente di “ufficiale” non c’è nulla ma dopo l’ultimo incontro – quindici giorni fa in Messico – qualcuno è riuscito a procurarsi la bozza del documento su cui i “potenti” stanno discutendo. Una “bozza” scritta dal delegato americano.
Un testo – rivelato per primo in Italia da scambioetico.org – che ha subito fatto scattare l’allarme fra le organizzazioni che si battono per la libertà della rete.
Di che si tratta? Innanzitutto c’è la conferma che l’Acta – che prese il via, ricordiamolo, per impedire la contraffazione dei prodotti medicinali – avrà un capitolo tutto e solo dedicato ad Internet. Inspirato alla filosofia americana, anzi meglio: alla vecchia filosofia dell’ex presidente Bush che varò negli anni scorsi il Patriot Act, quello che in pratica consente qualsiasi violazione della privacy in nome della sicurezza. In questo caso, nel caso dell’Acta, però non si fa più neanche riferimento al “pretesto” della sicurezza. Esplicitamente si parla della “necessità di difendere il copyright”. Come? In due parole si può dire che tutto il documento è ispirato alla logica del “notice and takedown”. Significa che i possessori dei diritti d’autore, le major insomma, potranno “avvertire e procedere”. Basterà che qualcuno mandi un e-mail a chi è sospettato di scaricare dalla rete materiale coperto da copyright e si potrà procedere con le punizioni. Saltando a pie’ pari processi, inchieste. Ribaltando, insomma, la logica processuale che vige nei paesi del vecchio continente: spetta all’accusa dimostrare la colpevolezza, non il contrario. E soprattutto spetta ai giudici stabilire cosa è consentito e cosa no. Con la pratica del “notice e takedown” prima si blocca la connessione al “sospettato” poi si vede in aula se quella misura era giusta o no.
Di più, di più devastante. Sempre secondo il testo circolato, i paesi, i più potenti paesi del mondo, stabiliranno il principio per cui i provider – le aziende che forniscono la connettività in rete – sono responsabili del materiale che circola su Internet. E’ un po’ come se le vecchie compagnie telefoniche si fossero trovate all’improvviso una legge che le considerava colpevoli se qualcuno, alla cornetta, pronunciava un’offesa a qualcun altro. I provider, insoma, dovranno diventare “i poliziotti della rete”. Cosa che era stata esplicitamente esclusa dalla recente legge europea, da quel complesso pacchetto di norme e provvedimenti che va sotto il nome di Pacchetto Telecom.
Naturalmente, i protagonisti, i gioverni dell’Acta sono ultra-arrabbiati che la bozza di documento sia circolata in rete. Anche perché c’è tempo per bloccarla. La prossima riunione è in programma a novembre in Nuiav Zelanda. Spazio e tempo per far sentire la voce della rete ce n’è.
Un testo – rivelato per primo in Italia da scambioetico.org – che ha subito fatto scattare l’allarme fra le organizzazioni che si battono per la libertà della rete.
Di che si tratta? Innanzitutto c’è la conferma che l’Acta – che prese il via, ricordiamolo, per impedire la contraffazione dei prodotti medicinali – avrà un capitolo tutto e solo dedicato ad Internet. Inspirato alla filosofia americana, anzi meglio: alla vecchia filosofia dell’ex presidente Bush che varò negli anni scorsi il Patriot Act, quello che in pratica consente qualsiasi violazione della privacy in nome della sicurezza. In questo caso, nel caso dell’Acta, però non si fa più neanche riferimento al “pretesto” della sicurezza. Esplicitamente si parla della “necessità di difendere il copyright”. Come? In due parole si può dire che tutto il documento è ispirato alla logica del “notice and takedown”. Significa che i possessori dei diritti d’autore, le major insomma, potranno “avvertire e procedere”. Basterà che qualcuno mandi un e-mail a chi è sospettato di scaricare dalla rete materiale coperto da copyright e si potrà procedere con le punizioni. Saltando a pie’ pari processi, inchieste. Ribaltando, insomma, la logica processuale che vige nei paesi del vecchio continente: spetta all’accusa dimostrare la colpevolezza, non il contrario. E soprattutto spetta ai giudici stabilire cosa è consentito e cosa no. Con la pratica del “notice e takedown” prima si blocca la connessione al “sospettato” poi si vede in aula se quella misura era giusta o no.
Di più, di più devastante. Sempre secondo il testo circolato, i paesi, i più potenti paesi del mondo, stabiliranno il principio per cui i provider – le aziende che forniscono la connettività in rete – sono responsabili del materiale che circola su Internet. E’ un po’ come se le vecchie compagnie telefoniche si fossero trovate all’improvviso una legge che le considerava colpevoli se qualcuno, alla cornetta, pronunciava un’offesa a qualcun altro. I provider, insoma, dovranno diventare “i poliziotti della rete”. Cosa che era stata esplicitamente esclusa dalla recente legge europea, da quel complesso pacchetto di norme e provvedimenti che va sotto il nome di Pacchetto Telecom.
Naturalmente, i protagonisti, i gioverni dell’Acta sono ultra-arrabbiati che la bozza di documento sia circolata in rete. Anche perché c’è tempo per bloccarla. La prossima riunione è in programma a novembre in Nuiav Zelanda. Spazio e tempo per far sentire la voce della rete ce n’è.
fonte: Liberazione
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