Resterà ancora in cella Taner Kilic, presidente onorario di Amnesty Turchia. La decisione giunge al termine dell’udienza di ieri. Kilic è in carcere da oltre un anno con accuse di terrorismo e complicità con il tentato golpe del 2016.
Avvocati, Amnesty e altre organizzazioni che si sono mobilitate per monitorare il processo, hanno espresso il loro sdegno per la decisione e denunciano l’assurdità delle accuse mosse a Kilic e ad altri 10 indagati oggi a piede libero, tra cui Idil Eser, direttrice di Amnesty Turchia. Kilic era stato rilasciato il 31 gennaio scorso, ma la procura aveva presentato ricorso e ottenuto la revisione del verdetto e la permanenza in carcere.
Le autorità turche indicano nella presenza sul telefono di Kilic dell’app Bylock, usata dalla rete gulenista, la prova che lo incastrerebbe. La smentita arriva però da un report di polizia che, esaminato da Humans Right Watch, attesterebbe l’assenza dell’app sul cellulare. E in tribunale l’avvocato denuncia: «Non ci sono prove degne di tal nome in questo processo. Sono passati cinque mesi dall’ultima udienza e tutti gli appelli che chiedono la scarcerazione non sono nemmeno stati presi in considerazione».
Dimitri Bettoni
da il manifesto